Dopo i primi svagati minuti, in cui il film non riesce a decollare, La terra dell’abbastanza trova la sua strada quando comincia a parlare di crimine. Il film d’esordio dei giovanissimi gemelli D’Innocenzo (presentato nella sezione Panorama di Berlino e da noi al Biografilm) è un lavoro nel solco del cinema di genere moderno, a metà strada fra Garrone (con il quale hanno collaborato alla script di Dogman) e Caligari. Uscito in sala dal 7 Giugno con Adler, il miglior esordio italiano di quest’anno – nonché sicuramente uno dei migliori film nostrani di questa stagione – arriva ora in edizione DVD e Blu-Ray con CG e Adler Entertainment.
LE AMBIENTAZIONI FAMILIARI
Finalmente nel cinema italiano riescono ad esordire al lungometraggio due autori veramente giovani: Fabio e Damiano, infatti, non compiranno trent’anni prima della metà di Luglio. La terra dell’abbastanza, addirittura, lo hanno scritto ben quattro anni fa, a pochi mesi dall’uscita di Non essere cattivo. La realizzazione del loro primo film slittò a causa di quell’opera, a detta dei produttori “troppo simile al film di Caligari”.
Avevano ragione, i produttori. I due registi romani hanno guardato con passione a quel mondo, costruendo una storia su due amici legati da un amicizia che collima con il fraterno. Così erano anche Borghi e Marinelli nel film di Caligari, col quale La terra dell’abbastanza condivide anche ambientazioni, modo di parlare e soprattutto la filosofia dello “svortà”.
Nell’universo cinematografico del regista di Amore tossico i personaggi sono tesi versi la “svorta”, così come lo sono in questo. I due protagonisti, Manolo e Mirco (interpretati benissimo dal giovane Andrea Carpenzano e dall’esordiente Matteo Olivetti) investono per errore un uomo che poco dopo si scoprirà essere un “infame”, ovvero un pentito di un clan ricercato dai suoi ex compagni. Questo gesto, completamente casuale, li farà entrare nel mondo della criminalità organizzata e appunto “svortà”.
NESSUN INTENTO CONSOLATORIO O RETORICO
Per ciò che riguarda la trama La terra dell’abbastanza è puro cinema di genere: due giovani criminali che si fanno strada, una periferia durissima e attorno a loro delle figure femminili archetipiche: la madre (la quale va protetta e aiutata) e poi il mondo delle donne da cui sono sessualmente attratti, vero e proprio miraggio messo lì dalla criminalità organizzata. In questo il film dei gemelli D’Innocenzo ricorda l’episodio cinematografico di Marco e Ciro in Gomorra, dove i due giovani volevano far parte del mondo criminale per i ‘benefit’ che esso prevede.
Ci sono quei due maestri, Garrone e Caligari, ai quali i due registi si ispirano ma dai quali al contempo si discostano. La terra dell’abbastanza è infatti un film dove il crimine non rappresenta un punto di arrivo o qualcosa al quale tendere, bensì un buco nero nel quale due ragazzi di nemmeno diciotto anni sono caduti.
In Non essere cattivo i personaggi di Marinelli e Borghi trovavano una via d’uscita nel lavoro, nell’impegno e nell’amore di due donne laboriose e disposte a sopportarli ed aiutarli. Manolo e Mirco invece non trovano vie d’uscita e si assuefanno al mondo criminale. Accettano passivamente le condizioni che esso pone, tanto da arrivare a essere in astinenza da omicidio e come tossici perdono il senso della realtà. Questa loro discesa negli inferi poteva essere affrontata pigramente e schematicamente, mentre ne La terra dell’abbastanza è raccontata con un’infinità di dettagli (come le espressioni del viso di Carpenzano) e di sequenze così aderenti al reale da far pensare che i due registi le abbiano viste nella vita vera.
UN DEBUTTO SORPRENDENTE
Con una comparto sonoro ‘sporco’ e volutamente confuso (certi dialoghi nemmeno si capiscono), una telecamera a mano che per tutto il film si fissa sui volti dei protagonisti e una sorprendente recitazione da parte di due attori così giovani, La terra dell’abbastanza è di certo uno dei migliori esordi dell’anno. I due registi hanno uno stile preciso, in linea con il cinema contemporaneo e in grado di essere esportato fuori dai confini nazionali. Nell’esordio dei fratelli D’Innocenzo viene raccontato un tema universale (come l’amicizia fraterna) tramite qualcosa squisitamente territoriale come il crimine organizzato della periferia romana.
Forte di un ottimo montaggio, il film non “cala” mai. Non si perde in eccessivi sentimentalismi o in retorica, bensì prosegue fra esecuzioni e mercato della prostituzione. Soltanto all’inizio ( nella parte infatti più debole della pellicola) i due protagonisti parlano direttamente del loro rapporto; nel resto dell’opera sarà lo spettatore a capirlo attraverso le azioni e le espressioni. Se pensate, di nuovo, all’età dei registi (29 anni) tutto ciò è ancora più sbalorditivo. Sembra un film fatto da due veterani tanto è sicuro di sé e convinto del suo modo di essere; invece è di Fabio e Damiano D’Innocenzo, due “ragazzi” da Tor Bella Monaca.