In Messico la comunità di origini africane rappresenta meno dell’1% della popolazione: i suoi membri la chiamano La Negrada, termine dispregiativo in ricordo delle proprie origini. La Negrada è anche il titolo del terzo film di Jorge Pérez Solano, presentato alla 13. edizione della Festa del Cinema di Roma.
UN MICROCOSMO CON REGOLE E TRADIZIONI FUORI DAL TEMPO
Sullo sfondo di meravigliosi paesaggi naturali, valorizzati da un’ottima fotografia, si consuma l’esistenza di Neri, delle sue due mogli (Juana e Magdalena) e dei rispettivi figli. Pur non dimenticando di denunciare l’invisibilità sociale e politica della comunità afro-messicana, La Negrada si focalizza sulle relazioni familiari e, più precisamente, su una specifica tradizione: quella del queridato, ovvero la possibilità, per un uomo sposato, di avere altre compagne oltre alla moglie le quali, pur non avendo la stessa dignità della consorte, sono ugualmente riconosciute. Una prassi apparentemente diffusa e accettata, contro cui però i sentimenti delle donne si scontrano ogni giorno. Juana e Magdalena sono costantemente in lotta tra loro per l’amore di Neri ma hanno, loro malgrado, interiorizzato la tradizione e non riescono ad incolpare il marito: è la rivale il demone da sconfiggere. Neri, da parte sua, tenta di dedicare le stesse attenzioni ad entrambe però è insofferente alle loro richieste di esclusività. I giorni si succedono in maniera ciclica e immutabile ma l’odio che ha condizionato per tutta la vita il rapporto tra Juana e Magdalena non muore: infatti si profila all’orizzonte la futura competizione delle rispettive figlie per lo stesso uomo.
IL RACCONTO DI UNA REALTÀ POCO CONOSCIUTA
Dalle lunghe inquadrature silenziose di paesaggi infiniti trasuda un senso di invincibile ineluttabilità; la miseria e il fatalismo spengono il fuoco interiore della lotta. Davanti alla povertà, al mancato riconoscimento politico e alla sottrazione di un’identità, gli occhi dei personaggi si colmano di rassegnazione. L’approccio realista, supportato dall’uso di attori locali non professionisti, comunica un’atmosfera di lassismo e immobilismo, il tutto condito da una buona dose di degrado. Nulla importa se non l’immediato futuro e i genitori, troppo coinvolti nelle loro lotte personali, si dimenticano dei figli, spesso nulla più di una presenza velata sullo sfondo. Nel caldo soffocante la noia è connaturata alla vita: non c’è nulla da fare, se non le meccaniche attività quotidiane volte alla sopravvivenza ovvero comprare il cibo, cucinarlo, aprire un negozio in cui non passerà nessuno e attendere i pochi turisti che capitano quasi per caso. Sotto le verande, distesi sulle amache, i protagonisti sembrano in perenne attesa di qualcosa o tentano, in qualche modo, di far passare il tempo.
La Negrada, con il suo linguaggio a metà tra la denuncia sociale e la narrazione antropologica, convoglia l’attenzione su una realtà dimenticata di cui si parla troppo poco: l’identità di questa comunità, lontanissima dalla società dei consumi, non è riconosciuta eppure conserva ancora tutta la sua forza nei racconti, nelle tradizioni, nei proverbi e nelle canzoni popolari.