Irma Testa era solo un’adolescente quando ha lasciato la sua casa, la sua famiglia e le sue amicizie a Torre Annunziata per trasferirsi ad Assisi, nel centro sportivo della nazionale di pugilato. È la prima italiana a qualificarsi a soli 18 anni per le Olimpiadi ma il sogno della medaglia d’oro sfuma ai quarti di finale di Rio 2016. Il film Butterfly, presentato nella sezione parallela di Alice nella Città della 13. Festa del Cinema di Roma, ci racconta la sua storia con un linguaggio che ibrida il lungometraggio di finzione con il documentario: coloro che non conoscono la storia e il volto della pugile possono infatti confondere facilmente la realtà con la fiction.
Nella pellicola prodotta da Indyca e Rai Cinema, diretta da Alessandro Cassigoli e Casey Kauffman, Irma interpreta se stessa e si scopre essere un’ottima attrice, traendo in inganno gli spettatori che pur non seguendo il pugilato sono attratti dalla trama. Con la sua spontaneità, favorita e accentuata dal generoso uso del dialetto napoletano, Butterfly strappa sorrisi sinceri al pubblico e veicola, attraverso un format innovativo; un’immagine realistica e intima del mondo dello sport.
La pellicola nasconde la storia vera dietro un linguaggio artistico, interpretando il genere del documentario in modo decisamente inusuale. Le riprese originali delle competizioni compaiono sullo schermo e alle interviste, ai filmati ufficiali e alle dichiarazioni si sostituisce lo storytelling: Irma Testa riordina e narra la sua storia personale. In 80 minuti è difficile comporre un racconto completo e dettagliato di tutta la vita dell’atleta, ecco perché Butterfly si concentra su pochi passaggi chiave: più che ricostruire puntualmente la biografia della Testa, la pellicola è maggiormente interessata ad indagare l’interiorità psicologica e il contesto sociale che la circondava.
Irma si dedica completamente alla boxe, rinunciando alla sua adolescenza, ma negli espressivi sguardi malinconici che rivolge ai suoi coetanei si legge tutto il peso di questo sacrificio. La sofferta separazione dalla casa e dalla famiglia poi, insieme alle aspettative di tutta Torre Annunziata dopo la qualificazione alle Olimpiadi, la portano molto vicina al punto di rottura e, oltre a motivazioni sicuramente tecniche e pratiche, tra le cause dell’eliminazione ai quarti di Rio 2016 ci sono anche le pressioni subite. Dopo l’incontro, inizia la crisi. Si rifugia a Torre Annunziata, mette in discussione quella carriera che fin da bambina le era sempre sembrata scontata, rivaluta le amicizie e cambia il rapporto con la sua famiglia.
Dopo un iniziale e totale rifiuto la ragazza ritorna gradualmente alla boxe con una nuova consapevolezza, cosciente della necessità di trovare un equilibrio tra la vita atletica e quella personale. Con un obiettivo ben preciso: le Olimpiadi di Tokyo del 2020.