Scorrendo l’esteso e variegato programma della sua 36° edizione, il Torino FIlm Festival conferma ancora una volta la sua doppia vocazione: da una parte una rassegna per cinefili “duri e puri”, con tante retrospettive e approfondimenti prestigiosi; dall’altra l’ambizione di esplorare il cinema del presente, magari scoprendo, di tanto in tanto, qualche talento nascosto fra le tante opere prime che arrivano da tutto il mondo. Dopotutto sotto la Mole sono passati nomi eccellenti quando erano ancora perfetti sconosciuti (o quasi): Damien Chazelle, David Gordon Green e Pablo Larraín, per dirne alcuni. Insomma, ogni anno fare attenzione a quello che si proietta a Torino è sempre buona cosa. Ecco dunque una breve guida per orientarsi nello sconfinato programma dei film in rassegna che a questo giro conta 133 lungometraggi (di cui 34 anteprime mondiali e 23 internazionali) con un elenco dei titoli più interessanti per ogni sezione: tutti quei film che consigliamo vivamente di non lasciarsi sfuggire.
I FILM IN CONCORSO AL TORINO FILM FESTIVAL 2018: LA SEZIONE TORINO36
Innanzitutto nel Concorso – che al solito ospita opere prime, seconde e terze – ci sono due esordi che meritano attenzione. Il primo è quello di Paul Dano con Wildlife, dramma familiare ispirato all’omonimo romanzo di Richard Ford. Un film che ha conquistato prima il Sundance, poi Cannes e infine Toronto, sia per le sorprendenti doti registiche dell’attore di New York, sia per la presenza nel film di due giganti come Jake Gyllenhaal e Carey Mulligan. Il secondo esordio da segnarsi in agenda riguarda invece l’Italia: Valerio Mastandrea, dopo aver partecipato alla sceneggiatura de La profezia dell’armadillo di Emanuele Scaringi, quest’anno debutta anche dietro la macchina da presa con Ride, di cui si sa pochissimo: “un dramma stralunato e originale, raccontato come una commedia” e incentrato sulla vicenda di una donna e di suo figlio che affrontano la morte del marito/padre avvenuta in fabbrica. Altre opere prime da tenere sott’occhio: il thriller minimalista del regista danese Gustav Möller, The Guilty, presentato in prima mondiale lo scorso gennaio nella competizione World Cinema Dramatic del Sundance (in cui ha vinto il Premio del pubblico) e il greco Pity diretto da Babis Makridis e scritto a quattro mani con Efthymis Filippou (sceneggiatore di Lanthimos e nominato all’Oscar per la sceneggiatura originale di The Lobster). Esordi a parte, in Concorso ci sono poi anche tante opere seconde che promettono benissimo: c’è Angelo di Markus Schleinzer (già collaboratore di Ulrich Seidl e Michael Haneke) che torna alla regia (sette anni dopo il suo provocatorio film d’esordio Michael) raccontando la figura di Angelo Soliman, controverso illuminista austriaco di colore in una Vienna del ‘700 che diventa società prototipo della moderna xenofobia europea; c’è Nos Batailles, secondo film del regista franco-belga Guillaume Senez, presentato con discreto successo alla Semaine de la Critique di Cannes; c’è Bad poems opera seconda di Gábor Reisz, regista ungherese che con For Some Inexplicable Reason era passato da Torino nel 2014 vincendo sia il premio speciale della giuria sia il premio del pubblico. E infine, a proposito di veterani torinesi, in concorso ritorna, per la terza volta (cosa piuttosto rara) il canadese Sébastien Pilote con La Disparition des lucioles, coming of age minimale e intenso di cui si è parlato benissimo a Toronto e che il cui titolo (curiosità) prende in prestito un passo di un saggio di Pasolini sulla scomparsa delle lucciole nella campagna italiana all’inizio degli anni ’60.
I FILM DI FESTA MOBILE, LA SEZIONE NON COMPETITIVA
Come ogni anno il concorso è accompagnato da una sezione non competitiva, Festa Mobile, che recupera il meglio dai Festival di tutto il mondo: qui la lista dei film da cerchiare sul programma sarebbe lunghissima, ma vale la pena citare almeno dieci titoli. Innanzitutto due anteprime mondiali di tutto rispetto: Pretenders, il nuovo film diretto da James Franco e Santiago, Italia, documentario di Nanni Moretti. Quest’ultimo racconta le vicende dell’ambasciata italiana in Cile durante e dopo il golpe di Pinochet e la scelta di accogliere decine di perseguitati politici salvandoli dal carcere o, peggio, dalla morte. Per gli amanti dei biopic ce ne sono poi quattro, molto diversi fra loro, ma tutti da segnarsi in agenda. Il primo è The White Crow diretto da Ralph Fiennes sul grande ballerino russo Rudolf Nureyev, scritto dal leggendario drammaturgo David Hare, montato da Barney Pilling (quello di Grand Budapest Hotel) e già proiettato già al Create Gala al London Film Festival. Il secondo è Dovlatov di Aleksej Alekseevič German, incentrato sulla vita e le opere dell’omonimo scrittore russo e già Orso d’argento per il miglior contributo artistico al Festival di Berlino. C’è poi Blaze, terzo lungometraggio diretto da Ethan Hawke che riesuma lo semisconosciuto songwriter country Michael David Fuller (in arte Blaze Foley) in una pellicola in cui fanno anche capolino i camei di Sam Rockwell e di Richard Linklater. Il quarto è The front runner di Jason Reitman (film di apertura del TFF), biopic che vede Hugh Jackman nei panni di Gary Hart, senatore democratico che nel 1988 fu costretto ad abbandonare la corsa per la Presidenza degli Stati Uniti a causa di uno scandalo sessuale, aprendo così la strada alla vittoria finale di George Bush Senior. Ma oltre ai biopic, Festa Mobile offre film per tutti i gusti. Ad iniziare da Happy New Year, Colin Burstead, il nuovo di Ben Wheatley che dopo aver concepito vere e proprie sovversioni cinematografiche (Kill list, High rise e Free Fire per dirne alcune) ha diretto per la BBC un film dal sapore familiare e natalizio. Molto atteso anche Juliet, Naked di Jesse Peretz (già al lavoro con la serie Girls e regista dei videoclip dei Foo Fighters), commedia romantica ispirata dall’omonimo romanzo di Nick Hornby e con protagonista uno straordinario Ethan Hawke (rieccolo). Sono invece Eric Cantona e Manal Issa (scoperta da Bertrand Bonello per Nocturama) a dare voce e corpo al duo di Ulysse & Mona, commedia nera del regista francese Sébastien Betbeder che a Toronto ha fatto ben parlare di sé, tanto da scomodare riferimenti prestigiosi (il Jim Jarmusch di Broken Flowers). Infine c’è da segnalare una piccola perla che arriva direttamente da oltreoceano: Madeline’s Madeline dell’artista/regista Josephine Decker, opera che ha entusiasmato prima il Sundance e poi Berlino anche e soprattutto per la performance della giovane protagonista Helena Howard. La firma del New Yorker Richard Brody l’ha paragonata, per potenza espressiva e immaginario narrativo, ad altre grandi performance “adolescenziali” della storia del cinema: quella di Jean-Pierre Léaud ne “I 400 colpi”, quella di Jason Schwartzman in Rushmore e perfino quella di Kirsten Dunst per ll giardino delle vergini suicide.
IL CINEMA DI GENERE: TORINO AFTERHOURS
Se invece si preferisce virare nei film di genere anche in questo campo il TFF ha in serbo alcune cartucce niente male grazie alla sezione Afterhours. Su tutti forse Alpha, The Right to Kill, il nuovo film del pluripremiato regista filippino Brillante Mendoza che scava di nuovo nella malavita di Manila confermandosi uno spettacolare cronista del crimine e del malaffare. Non meno promettente anche l’ennesima fatica di Claire Denis, High Life, sci-fi tutto girato in 16mm con Robert Pattinson e Juliette Binoche e che sembra ripercorrere, sia per immaginario che potenza visiva, il Tarkovski di Stalker e Solaris. Se invece si è in cerca di brividi non resta che l’imbarazzo della scelta visto e contato i tanti horror offerti dal Festival. Da segnalare: In Fabric di Peter Strickland, già in competizione a San Sebastian e che si prende beffa, con un’estetica anni ‘70, del consumismo, del feticismo e degli annunci di cuori solitari; Incident in Ghostland di Pascal Laugier (già autore di Martyrs, film-manifesto dell’estremismo francese) che mescola in un horror fiabesco e psicologico rimandi che vanno da People Under the Stairs, Maniac e il sempreverde Shining; Piercing di Nicolas Pesce che attinge ad un romanzo di Ryû Murakami e ne fa un’opera a metà tra commedia sentimentale e orrore, con atmosfere da giallo un po’ vintage. C’è poi una creatura stravagante e grottesca che arriva direttamente dal South by Southwest e che merita di essere vista, se non altro per dire di averlo fatto: Relaxer di Joel Potrykus, ambientato alla vigilia dell’anno 2000 e tutto girato dentro le mura di un salotto mentre il protagonista tenta di superare l’imbattibile livello 256 del videogioco Pac-Man. Infine, per i più coraggiosi (e per i più sonnambuli) anche quest’anno il TFF promuove l’ormai consueta “notte horror” dal titolo Maniac (quindi in programma nessun fantasma, ma solo fanatici assassini): sabato 24, da mezzanotte all’alba, tre film uno dietro l’altro, con in mezzo il cult “maledetto” di Michael Powell, Peeping Tom (L’occhio che uccide).
DOCUMENTARI E ONDE
Accanto al cinema di fiction restano presenti le sezioni dedicate ai documentari internazionali (Internazionale.doc) e italiani (Italiana.doc), con un panorama vastissimo di opere in concorso e fuori concorso. Da queste parti vale la pena ritagliarsi del tempo per concentrarsi sulla sezione tematica dedicata alle “Apocalissi”: ad esempio Hydra Decapita del collettivo The Otolith Group che in una riflessione su globalizzazione, colonialismo e mutamenti climatici, mostra una colonia sottomarina creata dai bambini mai nati abbandonati in mare dagli schiavisti durante la traversata dell’Atlantico. C’è poi tutta la sezione Onde dedicata al cinema fuori formato, quello più sperimentale e alla continua riscoperta delle potenzialità del linguaggio cinematografico. Per chi ha coraggio c’è film-evento del festival, record di quasi 14 ore di proiezione (ma suddivise) in La Flor dell’argentino Mariano Llinás, che riflette proprio sul concetto di narrazione indagando le dinamiche del set cinematografico. Chi non ha tutto questo tempo a disposizione può invece cerchiare sul programma il nuovo film di Teresa Villaverde, già presente a Torino lo scorso anno con Colo, che questa volta presenta O termometro de Galileu, un ritratto del regista Tonino De Bernardi e sua moglie in un’esplorazione profonda e intima del rapporto universale fra vita ed arte.
LE RETROSPETTIVE
Ovviamente tanti anche gli omaggi ai personaggi e alla storia del cinema. Si proietteranno i film di Jean Eustache, “fratello minore” della Nouvelle Vague, ma anche quelli di Michael Powell e Emeric Pressburger, sperimentatori in technicolor sulle narrazioni di genere E poi, ancora, l’omaggio a Amando De Ossorio e i suoi “resuscitati ciechi” e ad Ermanno Olmi, a cui sarà dedicata un’intera giornata il 28 novembre, dal mattino alla mezzanotte. Presente anche Pupi Avati, guest director cui è stata affidata la sezione Uforgettables, dedicata a cinema e musica, con una selezione di film dedicati al jazz e allo swing.