Chi conosce bene il cinema di Ben Wheatley sa che una delle sue caratteristiche principali è la capacità di variare temi, ambientazioni e impianti narrativi dei suoi film. Ogni opera è apparentemente diversa da tutte le altre e negli otto lungometraggi fino ad oggi diretti il regista britannico ha attraversato agevolmente ogni genere possibile: dall’horror di Kill List al film storico de I disertori – A field in England; dalla fantascienza di High Rise (trasposizione sul grande schermo de Il condominio di J. G. Ballard) al gangster-movie di Free Fire. Ancora una volta, con Happy New Year, Colin Burstead (prodotto dalla BBC e presentato in anteprima al Torino Film Festival nella sezione Festa Mobile) Wheatley spiazza nuovamente ogni aspettativa e imbastisce una dramedy familiare girata quasi interamente all’interno di una villa d’epoca durante la notte di capodanno.
Un sottile gioco al massacro
È proprio Colin Burstead (Neil Maskell), uomo di mezza età visibilmente logorato, che decide di radunare tutti i parenti per una festa di Capodanno, affittando per l’occasione una villa storica nella campagna inglese. Ad arrivare presso la tenuta gestita dal custode e dalla cameriera è una famiglia allargata: i genitori di Colin (interpretati da Bill Paterson e Moon Mackinchan), le sorelle (Hayley Squires e Sarah Baxendale), il fratello David (Sam Riley) e la sua ragazza, lo zio Bertie (Charles Dance) e ancora i parenti dei parenti, tra mogli, mariti e figli. Mentre in cucina fervono i preparativi e in salotto si inizia a bere, i vari membri di questa grande famiglia inglese si incrociano nelle numerose stanze della villa facendo emergere delle tensioni dovute a grandi e piccoli rancori personali, torti subiti, invidie e segreti taciuti. Tra alleanze e compromessi, lentamente prende forma un jeu de massacre, sottilissimo quanto spietato.
Gli echi di Festen
Siamo dunque nei dintorni del Carnage di Polanski ma forse ancora più esplicitamente del Festen di Thomas Vinterberg, tanto che per ambientazione e stile questo Happy New Year, Colin Burstead potrebbe aderire senza nessun problema al manifesto Dogma 95. Wheatley, che qui scrive e dirige, fa a meno della sua dose tipica di violenza mista ad effetti speciali e anzi lascia che siano i soli dialoghi dello script ad assumere il ruolo delle pallottole vaganti di Free Fire. Mentre davanti a noi si alterna un cast eccezionale in cui spicca su tutti lo stesso Neil Maskell (già al lavoro con Wheatley in Kill List), la macchina a mano guidata da Laurie Rose sembra magicamente un’ospite invisibile: si muove fluidamente tra le stanze della villa per rubare piccoli frammenti di dialoghi, piccole isterie, sospetti e fraintendimenti, attraverso movimenti che restituiscono il realismo dei corpi e degli spazi e sfruttando esclusivamente le luci e le ombre naturali.
Wheatley all’ennesima potenza
È dunque un punto di osservazione delizioso e rigoroso, che Wheatley decostruisce in un montaggio ulteriormente frammentato, disseminando indizi, depistaggi e piccole verità fino a gettare le basi di un ritratto corale che è innocuo quanto raccapricciante. Dopotutto se in apparenza questo film sembra allontanarsi dai suoi estremismi precedenti, in realtà Happy New Year, Colin Burstead valorizza proprio quegli elementi che fanno di Wheatley uno dei registi più interessanti dell’ultimo decennio. In particolare la sua capacità, fuori dal comune di creare legami e conflitti tra numerosi personaggi all’interno di singole location: l’unica differenza è che invece del condominio di High Rise o del magazzino di Free Fire questa volta ci troviamo dentro una villa alle prese con la disfunzionalità di un’intera famiglia.
Insomma, pur abbracciando uno scenario totalmente convenzionale e se vogliamo stereotipato, questo di Colin Burstead non è affatto un Wheatley minore o meno crudele, anzi: è un Wheatley all’ennesima potenza che finalmente riesce a fare a meno dei pretesti delle narrazioni di genere (l’horror, lo sci-fi, il gangster-movie) per concentrarsi esclusivamente sulla costruzione e manipolazione della propria magnifica ed ingannevole ragnatela narrativa.