Il 29 novembre è arrivato nelle nostre sale Bohemian Rhapsody, bio-pic sulla straordinaria band britannica dei Queen che vede Rami Malek (Mr. Robot) nei panni dell’istrionico cantante, pianista e compositore Freddie Mercury. Via abbiamo già detto cosa funziona e cosa no nel film (qui la recensione), ma vale la pena anche di soffermarsi su dei retroscena che permettono di comprendere quanto sia stata travagliata la lavorazione del film. Se infatti il film riscrive profondamente la storia della band, a tratti in modo decisamente manipolatorio (qui vi spieghiamo il perché), è per una volontà che è emersa sin dagli albori del progetto, da parte prima di tutti del leggendario chitarrista Brian May.
SACHA BARON COHEN AL POSTO DI RAMI MALEK
Bohemian Rhapsody nasce nel lontano 2010 come progetto celebrativo per volontà di Brian May (con l’appoggio del batterista Roger Taylor e il tiepido assenso del bassista John Deacon), con Graham King, all’epoca finanziatore di The Tourist, a co-produrre e Peter Morgan (The Queen, Frost/Nixon) a scrivere il copione. Il ruolo di Mercury era allora assegnato all’attore comico Sacha Baron Cohen, che secondo fonti interne non solo era particolarmente somigliante, ma aveva fatto un provino straordinario e si era dimostrato capace di un’intensità che pochi sospettavano.
FREDDIE MERCURY DOVEVA MORIRE A METÀ FILM
Come riportato nel 2016 da IndieWire, è però proprio dalle divergenze di visione tra Cohen e la band che nascono subito i primi ripetuti stop alla lavorazione: mentre il protagonista voleva portare in scena senza reticenze la complessità del suo personaggio, May e Taylor (che sono anche produttori) da una parte sentivano il peso di non danneggiare l’immagine del loro defunto amico, e dall’altra volevano che l’intera seconda metà del film non si focalizzasse su di lui e fosse dedicata alla carriera dei Queen nel dopo-Mercury, facendo così del film un veicolo promozionale per un presente un po’ appannato più che un tributo alla grandezza del passato.
DA DAVID FINCHER ALL’ACCELERAZIONE IMPRESSA DALLA FOX
La produzione continua a rilento, e per un periodo sono associati al progetto David Fincher come regista e Tom Hooper (Il Discorso del Re) come sceneggiatore. Nel frattempo – siamo nel 2013 – Ben Whishaw viene preso in considerazione per la parte di Freddie e la regia passa a Dexter Fletcher (Eddie the Eagle), che però si dissocia dal progetto dopo un anno sempre per divergenze con la produzione. Nel frattempo lo script passa alle mani del suo screenwriter definitivo, Anthony McCarten (La Teoria del Tutto, L’Ora Più Buia) e la Fox insieme alla New Regency decide di accelerare il progetto. La regia viene affidata a Bryan Singer (padre della saga degli X-Men) e il ruolo da protagonista a Rami Malek.
IL REGISTA BRYAN SINGER SPARISCE DAL SET
Intanto continuano ad avvicendarsi nomi sempre diversi per molti dei ruoli principali, e una volta iniziate le riprese i problemi continuano a funestare la produzione. Nelle ultime settimane Bryan Singer inizia addirittura a non presentarsi sul set senza preavviso e senza spiegazioni, alimentando un clima estremamente teso che sfocia in ripetute discussioni di Malek con la produzione. Il direttore della fotografia Sigel si fa carico della direzione ad interim, finché non viene richiamato dopo 4 anni Dexter Fletcher per terminare il lavoro. Per le norme sindacali della Directors’ Guild of America Singer manterrà i crediti come regista sulle locandine, mentre Fletcher verrà menzionato solo come produttore esecutivo.
Alla luce di una vicenda produttiva tanto labirintica risulta chiaro il motivo dietro qualche forzatura di troppo nella sceneggiatura, ma va detto che il risultato – pur perfettibile – risulta incredibilmente superiore alle più rosee aspettative. Tanto di cappello ai manager della Fox che, nonostante l’apparente impossibilità di portare a termine il progetto, ci hanno creduto e hanno continuato a supportare l’intera produzione fino alla tanto agognata uscita in sala.