Dopo un vero e proprio inferno produttivo di 8 anni (ve ne abbiamo parlato qui), il 29 novembre è arrivato nelle nostre sale Bohemian Rhapsody, bio-pic sulla straordinaria band britannica dei Queen che vede Rami Malek (Mr. Robot) nei panni del geniale frontman Freddie Mercury. Nella recensione del film (la trovate qui) abbiamo già accennato al fatto che il film riscrive e manipola gli eventi reali per offrire una versione edulcorata e semplificata della storia della band, ma vale la pena di citare nel dettaglio almeno parte delle alterazioni operate dagli sceneggiatori e di confrontarle con gli eventi reali.
BOHEMIAN RHAPSODY E I LIMITI DI UN BIOPIC
Pur avendo avuto una gestazione particolarmente complessa, Bohemian Rhapsody dal punto di vista artistico riesce a funzionare sorprendentemente bene: il ritmo non ha mai dei cali nonostante la lunga durata, la storia è appassionante e mentre il cast tecnico si prodiga per una confezione eccellente, quello artistico fa un lavoro non da meno.
Il problema è che, anche se qualche semplificazione e drammatizzazione delle vicende reali fa ovviamente parte del gioco e serve a rendere quei 134’ scorrevoli, il film è di fatto un grande falso su ogni fronte. La manipolazione della realtà è tanto considerevole da far pensare che i restanti Queen abbiano voluto riscrivere da zero la propria mitologia in chiave più innocua e quasi agiografica, in un’operazione che da questo punto di vista finisce per essere un vero tradimento delle aspettative di chi i Queen li ha amati da sempre – nonché dello spettatore medio.
NON TUTTE LE SEMPLIFICAZIONI VENGONO PER NUOCERE
Se quelle adottate per la nascita del gruppo, l’incontro con Mary Austin (che nella realtà originariamente si frequentava con May), la figura del discografico Ray Foster (mai esistito) e l’incontro di Mercury con il compagno Jim Hutton sono tutte soluzioni narrative perlopiù tese a condensare le vicende di un lungo arco temporale, è quando ci si avvicina agli anni ’80 che il racconto dei Queen si allontana progressivamente dalla realtà, finendo per riscriverla del tutto.
Nel film la band si scioglie dopo Hot Space (1982) prevalentemente per colpa di Paul Prenter (il manager di Mercury) e della sua influenza nel portarlo al suo primo disco solista Mr. Bad Guy, e si riunisce in occasione del Live Aid dopo il licenziamento dello stesso Prenter, che aveva provato a nascondere l’invito a partecipare al grande concerto di beneficenza. È sempre prima del Live Aid che, nella finzione, Mercury confessa alla band di aver contratto l’AIDS.
I QUEEN SI ERANO SCIOLTI? NO, REGISTRAVANO E PORTAVANO IN TOUR THE WORKS
La realtà – come avrete intuito – è però ben diversa e secondo i biografi già dal 1977 iniziavano ad emergere pulsioni soliste di vari membri della band, e nel periodo della registrazione a Monaco di The Game (1979) le tensioni interne erano palpabili e acuite da una vita dissoluta a base di sesso e droga (secondo varie fonti Mercury in quegli anni ebbe rapporti con centinaia di uomini, mentre la band teneva feste con nani che si aggiravano con vassoi di cocaina). Il gruppo però non si sciolse mai e Mr. Bad Guy arrivò in un momento in cui gli altri si stavano prendendo un break da oltre un decennio di registrazioni e concerti. E già nel 1983 i Queen erano in studio per registrare The Works, al quale seguì un tour mondiale che si concluse poche settimane prima del Live Aid.
INIZIALMENTE ERANO GLI ORGANIZZATORI DEL LIVE AID A NON VOLERE I QUEEN
Per quanto concerne la partecipazione al celebre concerto, poi, sembra che in realtà non fosse il manager di Freddie a boicottare la partecipazione dei Queen, ma che a fare resistenza fosse lo stesso organizzatore dello show, Bob Geldof, notoriamente socialmente impegnato nonché poco incline a perdonare ai Queen di essersi esibiti in Argentina e in Sud Africa nonostante l’invito della comunità internazionale a boicottare regimi dittatoriali o razzisti.
MERCURY NASCOSE LA MALATTIA ALLA BAND FINO AL 1989
In quanto a Prenter, che di certo non fu un esempio di correttezza e che rivelò ai giornali la vita segreta di Mercury (nel 1987 e non nell’85), va detto che nel film viene caricato di molte più colpe di quante non ne avesse – mossa scorretta nei confronti di un morto che non può difendersi e che Mercury aveva voluto tenere al suo fianco per un decennio.
A tutto ciò va aggiunto che – a differenza di quanto accade nel film, dove Freddie rende partecipi i tre amici della propria malattia prima del Live Aid nel 1985 – Mercury non scoprì di avere l’AIDS fino al 1986/1987 (secondo un biografo lo scoprì nel 1982 e ciononostante ebbe centinaia di rapporti non protetti), e di certo non lo confessò alla band fino a quando le sue condizioni di salute critiche non si resero evidenti nel 1989 – chiedendo loro di mantenere il segreto fino all’annuncio ufficiale del 1991.
PERCHÉ TANTE MODIFICHE?
Quando un film ufficiale, prodotto dalla band stessa, finisce per apportare cambiamenti così importanti alla storia vera, c’è da chiedersi quale sia il motivo. Se nessuno può darci certezze, l’impressione è proprio che i Queen abbiano voluto creare una sorta di agiografia che edulcorasse la vita di quattro rockstar e calcasse la mano sui buoni sentimenti e una storia di rinascita per conquistare – come se non bastassero quelle incredibili canzoni – il pubblico generalista. Una mossa intellettualmente disonesta, che però ricorda quanto già visto a Hollywood con molte altre biografie ufficiali. L’ideale sarebbe che non fossero mai i soggetti del racconto a parlare di se stessi, ma il Cinema è l’arte della finzione, e forse aspettarsi delle ricostruzioni verosimili dalla fabbrica delle illusioni è probabilmente semplicemente ingenuo.