Già nel 2014 Gábor Reisz, classe 1980, era stata la vera sorpresa all’interno del Concorso del Torino Film Festival: con il suo debutto For Some Inexplicable Reason, una commedia scanzonata e già campione d’incassi in patria che proprio in questi giorni potete vedere gratis in streaming su ArteKino, si era portato a casa il premio speciale della giuria e il premio del pubblico. Quattro anni dopo il regista ungherese è tornato dietro alla macchina da presa e, per l’occasione, di nuovo in Concorso a Torino con Bad Poems: e ancora una volta ha meravigliato il pubblico vincendo (terzo premio in due partecipazioni) una menzione speciale della giuria.
Tra presente e passato
Questa volta Reisz dirige se stesso e interpreta il trentatreenne Tamás che da Parigi ritorna a Budapest con il cuore spezzato dopo essere stato lasciato dalla fidanzata Anna (Katica Nagy). Disorientato e confuso, tenta una sorta di autoanalisi sul suo passato, rievocando la propria infanzia per capire cosa l’abbia portato a diventare quello che è. Mentre i ricordi esplodono dentro di lui, Tamás si moltiplica in identità passate: in bambino, in ragazzo, in adolescente. Tutte le fasi della vita affiorano alla memoria e provano a tracciare un percorso di riflessione e di comprensione della propria esistenza.
Una capacità visionaria fuori dal comune
Gábor Reisz stratifica il film attraverso innumerevoli sequenze surreali, alternando diversi episodi della vita del protagonista: dall’infanzia all’adolescenza, tornando di tanto in tanto al suo presente di adulto trentenne. Questa accumulazione di immaginari onirici e quasi fumettistici si propaga in diversi formati, generi e atmosfere, tanto che proprio quel “miracolo che dura per sempre” – parafrasando una delle sue “poesie brutte” – sembra essere proprio quello di Reisz per la macchina del cinema. Il regista ungherese in questo senso mostra una capacità visionaria fuori dal comune, sia nel manipolare i codici cinematografici utilizzandoli in un mosaico giocoso ed ironico, sia soprattutto nei cambi di scena e nei raccordi spazio-temporali in cui la fluidità del montaggio di Zsófia Tálas diventa una fantasiosa e godibilissima macchina del tempo senza soluzione di continuità.
Il recupero del romanticismo
In questo labirinto mentale dove realtà e immaginazione diventano una cosa sola, si perde lentamente di vista l’incipit che ha scatenato la narrazione: la fine della relazione con Anna per il protagonista Tamás è solo un pretesto per indagare la propria inguaribile crisi dei trent’anni e iniziare un percorso a ritroso nei propri ricordi fissando tutte le persone che hanno in qualche modo influenzato il proprio divenire. Ma il suo invito da intimo e personale diventa in qualche modo anche pubblico e collettivo, con alcuni riferimenti all’attualità ungherese. Dopotutto Tamás è un regista di spot pubblicitari, pienamente inserito in quella logica consumistica e iperliberista dell’ungheria governata da Viktor Orbán. Il suo slancio disarmonico e grottesco sembra suggerire dunque la necessità di recuperare un romanticismo perduto e dimenticato, magari attraverso l’esercizio di scrivere piccole poesie, non importa se brutte o belle e se utili o inutili.
Con Bad Poems Reisz non dimostra solo degli straordinari virtuosismi ma un’attitudine a renderli anche un filtro “sensibile” per raccontare il mondo che ci circonda. Considerando che siamo solo alla sua seconda opera, questo giovane ungherese si conferma uno dei registi europei assolutamente da tenere d’occhio. Almeno da qui in poi.