Il re francese del gore Pascal Laugier ritorna al cinema con il suo quarto film Ghostland – La Casa delle Bambole (titolo originale Incident in a Ghostland), presentato in anteprima al 36. Torino Film Festival e in sala dal 6 dicembre per Midnight Factory. Osannato dagli amanti del genere per Martyrs, un horror particolarmente crudo e intenso, stavolta l’autore lascia da parte il sangue per inoltrarsi in un lungo incubo che parte dal terribile incontro tra due teenager e una turpe coppia di maniaci che semina il terrore in una piccola cittadina.
Pauline, interpretata dalla famosa cantautrice francese Myléne Farmer, eredita dalla zia una villa di campagna dove decide di trasferirsi con le due figlie adolescenti Beth (Emilia Jones) e Vera (Taylor Hickson). La casa è ricca di cimeli, chincaglierie e centinaia di bambole antiche, che la vecchia ed eccentrica zia amava collezionare. L’atmosfera inquietante turba Vera, la ragazza più grande, che in tutti i modi comunica il suo rifiuto per quell’ambiente, così lontano dalla loro quotidianità; invece Beth, che è un’amante della letteratura horror e vorrebbe fare la scrittrice, trova la casa delle bambole un ambiente stimolante. Mentre le tre donne si preparano a trascorrere la prima notte in casa, due loschi individui appaiono dal nulla per aggredire le sventurate.
Seppur Martyrs abbia fatto conoscere al grande pubblico il gusto di Laugier per un certo genere, che affonda le radici nell’horror classico, ma arricchito di tinte penetranti e cupe, che quasi disgustano lo spettatore per la gratuità delle violenze subite dalle protagoniste, il regista francese sin dal suo primo lungometraggio Saint Ange ha dimostrato una velleità psicoanalitica che in una qualche misura torna anche in questo suo ultimo lavoro.
Gli elementi di cui si compone Ghostland – La Casa delle Bambole sono ben definiti e ricercati, originali in alcuni punti, ma la loro composizione non sempre funziona, sia perché si fa troppo riferimento a cliché visti innumerevoli volte, sia per la poca credibilità della protagonista. Giocata su molteplici prospettive, la narrazione ad un certo punto risente della mancanza di coordinamento tra le parti della storia, mentre l’effetto shock inizia a dissolversi.
Ciò che delude maggiormente però è la pessima caratterizzazione dei due “malvagi”, un orco e una strega (dei freak) presi in prestito da decine di film e libri, del tutto privi di personalità, inseriti soltanto nelle scene più truci, con lo scopo di disgustare e provocare lo spettatore. Lasciati alle loro più recondite perversioni, i due non giocano un ruolo efficace in quello che dovrebbe essere un labirinto del male, risultando i personaggi meno interessanti e significativi di tutta la storia. Un errore importante in un genere che, solitamente, trova nel cattivo di turno una figura fondamentale nella composizione scenica.
Interessanti i riferimenti a H.P. Lovecraft e il suo inserimento nel plot, ma anche questo elemento manca di intesa con il carattere generale della sceneggiatura, se non per ritornare sempre al solito ruolo della protagonista-vittima-scrittrice, così come le citazioni che prendono spunto dal mondo delle favole, lasciate lì senza alcun approfondimento.
Se con la struttura del plot Laugier non ha certo perseguito la chiarezza, è invece riuscito a delineare molto chiaramente altri elementi chiave alla base del lungometraggio: la violenza sulle donne, la moderna schiavitù e la forza di volontà, che nonostante il dolore, permette alle sorelle protagoniste di coalizzarsi per andare avanti con lo scopo di provare a sconfiggere il male.
A metà tra favola, horror e una seduta di psicoanalisi, Ghostland – La Casa delle Bambole è un film che si discosta dai classici canoni estetici di genere e che affronta (seppur con molti difetti) argomenti potenzialmente interessanti. Un lavoro che si discosta dagli attuali trend del genere horror e che, malgrado la resa finale non sia delle migliori, merita la visione soprattutto per chi apprezza le peculiarità stilistiche di un regista come Pascal Laugier.