Quando ha deciso di accettare il ruolo di Jeremy Thorpe, leader del partito liberale britannico negli anni Sessanta/Settanta legato segretamente ad un altro uomo, Hugh Grant deve essersi munito di una fortissima dose di ironia: infatti il divo divenuto celebre grazie alle commedie romantiche squisitamente british è un esperto di scandali sessuali, da quando fu scoperto a tradire la fidanzata Elizabeth Hurley con una prostituta nel bel mezzo del Sunset Boulevard.
A dirigere A Very English Scandal, miniserie in tre puntate prodotta da BBC One e andata in onda nel nostro paese su Fox Crime, c’è un grande autore come Stephen Frears: profondamente radicata nella realtà britannica, la filmografia cinematografica e televisiva del cineasta inglese ha raccontato sempre, con sguardo divertito, la realtà del suo paese in tutte le sue sfaccettature. Lo humour che lo ha sempre contraddistinto trova qui una cassa di risonanza nella brillante sceneggiatura firmata da Russell T. Davies, che fin dai primissimi momenti della prima puntata chiarisce quali siano gli ingredienti del nuovo prodotto BBC: dialoghi ficcanti, personaggi tratteggiati con la massima cura, una ricostruzione storica degna dei migliori film in costume, ritmi sostenuti e inquadrature eleganti a cui Frears ci ha sempre abituati.
LA STORIA DI UNO SCANDALO POLITICO ECLATANTE
La storia inizia negli anni Sessanta, quando il Parlamento Inglese era al lavoro per legalizzare lo status dei cittadini omosessuali. Proprio in questo frangente, Jeremy Thorpe (Hugh Grant) inizia la sua ascesa all’interno del partito liberale preoccupandosi di tenere all’oscuro stampa e elettori, grazie all’aiuto di un collega (Alex Jennings), riguardo i suoi gusti sessuali. Ma proprio in quel momento il suo ex amante Norman Scott (Ben Whishaw) inizia a ricattarlo confessando alla polizia la loro relazione. Inizieranno così una serie di complotti da parte di Thorpe per distruggere Scott e salvare così la sua immagine di politico dedito alla famiglia. Una storia oscura ispirata agli scritti di John Preston, che analizza gli eventi senza tante licenze artistiche dimostrando come la realtà possa essere più grottesca della farsa.
STEPHEN FREARS COLPISCE NEL SEGNO ANCHE IN TV
Il merito del successo di A Very English Affair è sicuramente di Stephen Frears (che abbiamo avuto la fortuna di intervistare durante il Lucca Film Festival e Europa Cinema), autore che ha sempre raccontato l’ambiguità della società inglese senza mai cadere nella trappola della malizia e della crudeltà mantenendo sempre uno stile formalmente impeccabile e uno sguardo innocente, condito da un bonario sarcasmo. I suoi film hanno sempre messo in scena storie di emarginati e di loser (da Le Relazioni Pericolose fino ad arrivare a Florence), mostrando al pubblico i lati meno conosciuti dei grandi protagonisti della Storia. La sua è una regia intima e elegante, che non conosce forzature e trasporta lo spettatore all’interno della vicenda, puntando sull’immedesimazione per risvegliare lo sguardo critico di chi guarda. Il reparto tecnico è, ovviamente, sempre perfetto: in A Very English Scandal le scenografie, i costumi, la fotografia sono degne dei grandi biopic. D’altronde Frears è un regista che si presta volentieri a qualsiasi buon soggetto, indipendentemente dal mezzo di fruizione se consideriamo che la televisione in questi anni ci ha abituati a budget e qualità che ormai non hanno nulla da invidiare alle produzioni cinematografiche.
Le tre puntate che compongono le miniserie sono perfettamente calibrate e nessuna presenta momenti di stallo, regalando un intrattenimento di qualità; non c’è mai un senso di incompletezza che appartiene alla maggior parte delle serie TV, che hanno come obiettivo quello di mantenere l’hype tra una puntata e l’altra (ovviamente il format, da questo punto di vista, rende tutto più facile). La tensione viene qui costruita tramite un montaggio accattivante e uno script che calibra perfettamente gli eventi mantenendo il livello di curiosità sempre a livelli altissimi. La prima puntata, Episode 1 (Gioco Di Maschere nella versione italiana), è un capitolo introduttivo che mostra il background dei protagonisti mentre il tema centrale della serie, ovvero il presunto tentato omicidio di Scott per ordine di Thorpe, entra in scena solo con la seconda puntata; tuttavia Episode 1 pone le basi della struttura narrativa in maniera efficace. Le altre due puntate, Episode 2 e Episode 3 (rispettivamente Un Tentato…Inizio e Il Giudizio) utilizzano molto l’espediente dei salti temporali, non perdendo mai coerenza e chiarezza; Stephen Frears, come sappiamo, è un maestro nel produrre film storici attraverso un linguaggio fresco e brioso. Non manca inoltre una caratterizzazione dei personaggi eterogenea e complessa: i suoi Norman Scott e Jeremy Thorpe sono estremamente sfaccettati, lontani dalla classica contrapposizione buono/cattivo (entrambi sono allo stesso tempo vittime e carnefici).
UN CAST ARTISTICO DI QUALITÀ CAPITANATO DA HUGH GRANT
Ciò che rende davvero memorabile A Very English Scandal è l’apporto del cast artistico. Ogni attore in scena è davvero formidabile, ma è chiaro che la coppia Ben Whishaw/ Hugh Grant si rivela esplosiva.
Whishaw interpreta Norman Scott, un giovane omosessuale senza nulla in tasca, senza però renderlo grottesco né caricaturale; il fatto che abbia effettivamente subito un torto da parte del leader liberale non gli impedisce di agire scorrettamente nei confronti del suo amante/nemico. Hugh Grant, che aveva già lavorato con Stephen Frears in Florence (dove interpretava magistralmente il marito di Meryl Streep), è in forma smagliante. Ironico e allo stesso tempo crudele e inquietante, diventa uno dei grandi protagonisti della filmografia del regista: il suo Jeremy Thorpe cattura l’attenzione in ogni scena in cui è presente diventando la vera attrazione per il pubblico, indeciso se condannarlo per le sue azioni o appoggiarlo nei momenti più difficili. Il fascino del cattivo dopotutto è sempre irresistibile, ma la sua caratterizzazione e l’attenzione che la regia gli rivolge sono in grado di suscitare addirittura empatia.
A Very English Scandal è una miniserie confezionata alla perfezione, capace di superare i confini della realtà britannica grazie allo stile inconfondibile del grande cineasta. Quando la si guarda ci si rammarica solo di una cosa: è un peccato che Hugh Grant e Stephen Frears si siano incontrati così tardi.