Dopo le tre splendide stagioni ambientate nella Colombia di Pablo Escobar e del temibile cartello di Calì, le vicende di Narcos si spostano in uno dei paesi-simbolo del narcotraffico mondiale: il Messico. Originariamente concepito come seguito naturale dell’acclamato show, Narcos: Messico è in realtà un vero e proprio spin-off che ha come obiettivo quello di farci conoscere le origini di un sistema criminale che genera ogni anno un giro d’affari colossale di decine di miliardi di dollari. Grazie anche a due attori carismatici come Diego Luna (Y Tu Mamá También, Rogue One: A Star Wars Story) e Michael Peña (Ant-Man, Fury), la nuova creatura di Netflix si conferma all’altezza della fama di Narcos. Ma entriamo nel dettaglio.
L’ASCESA DEL CARTELLO DI GUADALAJARA GUIDATO DA FÉLIX GALLARDO
Narcos: Messico è ambientato negli anni Ottanta, periodo in cui Miguel Ángel Félix Gallardo (Diego Luna) diventa il capo di un cartello destinato a creare un impero del narcotraffico senza precedenti in Messico. La DEA, rappresentata soprattutto dalla figura dell’agente Kiki Camarena (Michael Peña), cerca di rovinare i piani di Gallardo ma l’impresa si rivela molto più complicata del previsto.
UNO SPIN-OFF CHE REPLICA LA FORMULA VINCENTE DI NARCOS
Dopo aver dimostrato lo scorso anno di saper gestire alla grande uno show senza il suo personaggio più carismatico, Carlo Bernard, Doug Miro e Chris Brancato cambiano completamente contesto per mettere in scena la genesi del fenomeno più sanguinoso e pericoloso del continente americano, capace di mietere vittime come un conflitto armato. La formula utilizzata dagli showrunner per Narcos: Messico è la stessa che ha reso popolare la serie di Netflix nel mondo: l’immancabile voce narrante, una costruzione drammaturgica che non altera la veridicità degli eventi storici e uno stile accattivante in grado di conquistare il pubblico sin dalle prime scene. La vicenda della scalata al potere del cartello di Guadalajara è il perfetto esempio di come una società corrotta e moralmente spregiudicata possa creare spaventosi mostri: un ex poliziotto che, a capo di un gruppo di coltivatori di marijuana, diventa il padre-padrone di un’organizzazione gigantesca grazie anche al supporto della politica compiacente, della CIA e dei narcotrafficanti colombiani (la quinta puntata è emblematica, una sorta di crossover con la serie madre diretta dal vincitore del Leone d’Argento a Venezia Amat Escalante). Nei dieci episodi che compongono Narcos: Messico assistiamo all’evoluzione di un protagonista più discreto rispetto a Pablo Escobar ma non per questo meno pericoloso, mentre l’agente della DEA interpretato da Michael Peña è un poliziotto integerrimo coinvolto in un caso molto più grande di lui.
IL FINALE DI NARCOS: MESSICO APRE A NUOVI SCENARI
Ovviamente Gallardo e il suo cartello, nel momento in cui la protezione politica cominciò a tentennare, diventarono molto più vulnerabili, soprattutto quando colpirono direttamente la DEA: tuttavia il sistema di connessioni e rapporti inconfessabili messo in piedi dal boss gli garantì una sorta di immunità difficile da scalfire. Le atrocità compiute dal cartello di Guadalajara però provocarono un effetto valanga: da qui si inaugurò la guerra della droga che continua ancora oggi ad insanguinare il Messico.
Oltre alla straordinaria messa in scena e al coinvolgente ritmo narrativo, uno dei segreti del successo di Narcos è la sua capacità nel mostrare tutte le sfaccettature del male: nonostante compiano azioni efferatissime, lo spettatore non riesce mai del tutto ad odiare i capi del narcotraffico perché, in fin dei conti, si tratta di personaggi dalla caratterizzazione raffinata; se da un lato i detrattori della serie possono avere gioco facile nell’accusare il prodotto Netflix di “glorificare” pericolosi delinquenti, dall’altro la rappresentazione di uomini che a prima vista non danno l’impressione di essere mostruosi fa risaltare ancora di più i loro orrendi crimini. In questa direzione, più di Michael Peña, impressiona la prova di Diego Luna: l’attore classe 1979 di Città Del Messico offre un’interpretazione di grande spessore, perfetta nell’evidenziare la personalità complessa di Miguel Ángel Félix Gallardo.
Le ultime scene di Narcos: Messico preparano il terreno per una seconda stagione che apre nuovi scenari di conflitto tra la DEA e il cartello (non è un caso che lo show sia stato rinnovato quasi immediatamente); c’è grande curiosità sugli sviluppi futuri di uno dei prodotti più solidi e appassionanti della televisione contemporanea, dall’identità riconoscibile ma sempre pronto a reinventarsi.