Tra gli astri nascenti del cinema filippino, Shireen Seno fa il suo esordio al Torino Film Festival con Nervous Translation, opera seconda della regista che fa parte del concorso principale. Ambientato nelle Filippine post-dittatura, con la caduta del regime di Ferdinand Emmanuel Edralin Marcos del 1989, il film percorre la quotidianità della piccola Yael (Jana Agoncillo), una bambina di otto anni molto timida che vive isolata nel suo mondo. Un coming of age che si caratterizza per l’assenza di contatto fisico: il padre vive e lavora in Arabia Saudita, mentre la madre Val (Angge Santos) torna a casa solo la sera e guarda insieme a lei le soap opera. E mentre un tifone sta per abbattersi sul Paese asiatico, la piccola decide di mettere da parte tutti i suoi risparmi per comprare una penna “miracolosa” vista in uno spot televisivo, una biro in grado di regalare una “vita meravigliosa”.
NERVOUS TRANSLATION, UN TRADIZIONALE COMING OF AGE
La diaspora filippina vista attraverso gli occhi di una bambina: la regista Shireen Seno racconta i rapporti interpersonali e l’instabilità familiare causata dalla lontananza. E si pone un altro obiettivo: quello di cogliere i legami tra passato e presente, con la società di oggi dominata dalla tecnologia e dagli apparecchi elettronici, che fanno passare in secondo piano le parole e i gesti di affetto. Yael è tenera ma già matura, una bimba intelligente che non ha problemi ad affrontare la quotidianità potendo contare unicamente sulle proprie forze. Ma l’assenza dei genitori si fa sentire, soprattutto quella del padre: nelle ore di solitudine ascolta e riascolta le audiocassette inviate dal genitore alla moglie, per sentirlo vicino e pensare che nonostante tutto lui c’è. A colpire è la morbosità del gesto, con Yael che in grado di poter imitare alla perfezione le parole del padre quando una parte di nastro viene ‘mangiato’ dallo stereo.
SCENEGGIATURA E MONTAGGIO, DUE PECCHE EVIDENTI
Il commento sonoro di Itos Ledesma ricrea l’atmosfera anni Ottanta, così come è particolarmente azzeccata l’idea di Shireen Seno di giocare sulla dicotomia tra l’universo degli adulti e quello della piccola Yael, che vede contrapposto il mondo reale e quello ‘giocattolo’ della piccola (l’immagine simbolo è la mini-cucina con la quale si diletta il pomeriggio). Molto apprezzabile, infine, la prova di Jana Agoncillo, che a soli 8 anni domina la macchina da presa e evidenzia una naturalezza degna di nota. Purtroppo le note positive terminano qui: la trama è inconcludente, non riuscendo a trasmettere un messaggio allo spettatore, che si trova spaesato al termine della pellicola. E lascia l’amaro in bocca il montaggio, curato insieme a John Torres: dopo i primi cinque minuti frenetici, una novità assoluta per il cinema filippino, scade nella ridondanza.