Gli investimenti di Netflix nei film originali sono sempre più considerevoli e Roma di Cuaron dimostra come le produzioni e distribuzioni esclusive del web service debbano esser prese sul serio e possano ambire ai riconoscimenti più importanti. Dalle opere d’autore ai film horror passando per western atipici, la piattaforma di Los Gatos cerca di stupire offrendo un catalogo vasto e completo, dando anche spazio ad autori del cinema indipendente. Tra questi ultimi annoveriamo Jeremy Saulnier, il cui Hold the Dark è disponibile per tutti gli abbonati Netflix dopo il debutto al Toronto Film Festival.
Il film di Saulnier, tratto dall’omonimo romanzo di William Giraldi, si svolge tra le nevi dell’Alaska, dove Russel Core (Jeffrey Wright), naturalista e autore di un’autobiografia sulla sua esperienza di convivenza con dei lupi, viene chiamato per aiutare una donna, Medora (Riley Keough) il cui figlio, a suo dire, sarebbe stato rapito da un branco. Nel frattempo il marito della donna (Alexander Skarsgard), un soldato in missione in Iraq fattosi notare per la sua naturale propensione ad uccidere, viene rispedito in patria a seguito di una ferita da guerra. Il protagonista inizierà a scoprire delle verità insospettate e, mentre una serie di atroci omicidi turberà la comunità, sarà chiaro che la minaccia sono gli uomini e non i lupi.
Saulnier, apprezzato per opere quali Blue Ruin e soprattutto Green Room, propone ancora una volta un thriller dalle venature horror, dove dialoghi, colonna sonora, ambientazione e fotografia concorrono a creare un onnipresente senso di turbamento e tensione. Girato tra i boschi del Canada, Hold the Dark – come già altri titoli, da Fargo a La Cosa – fa leva sulla grande potenza evocativa delle location innevate per trascinare lo spettatore in un climax di violenza.
Lo sceneggiatore Macon Blair (Green room, Gold – la grande truffa e La guerra dei Logan) torna al consolidato sodalizio con Saulnier proponendo il tema della famiglia, ‘branco umano’ in cui possono instaurarsi rapporti morbosi e equilibri gerarchici animaleschi o sani legami d’affetto e altruismo. La questione dei rapporti di sangue coinvolgerà infatti anche Core, alla ricerca della figlia, e sarà poi affiancata da una costante altrettanto importante: quella della vendetta, leit motiv nelle azioni dei protagonisti che si riverbererà anche nelle dinamiche tra tribù indigene e uomo bianco.
Con una poetica che ricorda da vicino quella insistentemente percorsa da Taylor Sheridan, Saulnier e Blair esplorano una realtà di confine, inospitale e a tratti inaccessibile, dove una natura ostile e la solitudine la fanno da padroni: l’unica soluzione per la sopravvivenza è regredire ad uno stadio primitivo per poter “far emergere il proprio lupo”. Non a caso personaggi maschili, ognuno a proprio modo, riescono a muoversi agilmente in questo ambiente proprio grazie alla loro connessione con la natura e soprattutto con i lupi, dominatori delle foreste.
Hold the Dark, che strizza l’occhio anche al mistery, avvince per la location e il tono ma risente di dialoghi troppo criptici e poco appassionanti. A rappresentare il vero valore aggiunto del film c’è però un cast di grandi talenti: l’interpretazione misurata di Jeffrey Wright, professionista che ha lavorato con artisti del calibro di Oliver Stone, Sidney Lumet, Ang Lee e Woody Allen (oltre ad essere co-protagonista in Westworld – dove tutto è concesso) si contrappone idealmente alla performance dello svedese Alexander Skarsgård, perfetto nella parte e capace col suo gelido sguardo di rivelare la natura crudele di un personaggio costruito con lunghi silenzi. Riley Keough (Mad Max: Fury Road, The house that Jack built) e James Badge Dale (13 Hours, World War Z) non fanno che contribuire validamente all’insieme.