Il cinema contemporaneo, capace di rileggere il ruolo della donna all’interno della Storia, affronta la rivalità tra le due regine anglosassoni Elisabetta I e Maria Stuarda. Maria Regina Di Scozia, film della regista britannica Josie Rourke in uscita nelle sale italiane il 17 gennaio su distribuzione Universal Pictures, mette in scena due personalità contrapposte (protestante una, cattolica l’altra), quasi agli antipodi: se Elisabetta decise di portare sulle sue spalle l’onere della corona senza mai piegarsi ad un matrimonio né alla richieste da parte del suo Consiglio di un erede, Maria Stuarda è stata la giovanissima regina cattolica sposata due volte in cerca di un discendente maschio, legittimo erede del trono d’Inghilterra e Scozia.
DUE SOVRANE SI CONTENDONO IL TRONO D’INGHILTERRA
Non riconosciuta come sovrana legittima dai cattolici inglesi, Elisabetta I (Margot Robbie) vede il suo trono minacciato dalla cugina Maria (Saoirse Ronan), regina di Scozia e di Francia, tornata a casa dopo la morte del marito Re Francesco. In Scozia infatti l’attende il fratello che le consegna il trono: qui Maria inizia a pressare Elisabetta affinché la nomini sua erede. Una spinosa questione politica per la corte d’Inghilterra perché, in un paese dove Stato e Religione convivono, lasciare il trono a Maria significherebbe sottomettersi al Papa.
Maria Regina Di Scozia è un film che si basa, in principio, su una dicotomia ferma e ben visibile: le due protagoniste sono rappresentate in modo da somigliare il più possibile alle loro controparti reali, secondo le descrizioni che i libri di storia ci hanno illustrato. Una Maria giovane e bellissima, dal collo slanciato e il portamento regale, ha il volto naturalmente dotato di Saoirse Ronan, mentre Margot Robbie si unisce alla lista delle bellissime attrici imbruttite per un ruolo cinematografico. I lineamenti perfetti sono infatti nascosti dietro un naso pronunciato e una fronte estremamente alta, mentre il trucco spesso e polveroso cerca di nascondere i segni del vaiolo che le hanno rovinato il viso. Una rappresentazione che trova riscontro nella caratterizzazione dei personaggi, in nome però di una licenza poetica che inficia sugli obiettivi del lungometraggio.
UN FILM POLITICALLY CORRECT CHE NON COLPISCE NEL SEGNO
Se l’intento della regista Josie Rourke e dello sceneggiatore Beau Willimon, storico showrunner della serie Netflix House Of Cards, è quello di raccontare non solo una storia al femminile ma la storia di un potere femminile, bisogna però anche dire che il risultato finale risente di espedienti deboli che sfociano nel politicamente corretto.
Il titolo della pellicola non lascia effettivamente dubbi su chi sia la protagonista, ecco perché il ridotto screen-time riservato ad Elisabetta I è in parte giustificato. Ma la rilettura del suo personaggio storico non è soddisfacente: da sempre descritta come una donna forte, decisiva, indipendente e emancipata, qui sembra quasi disinteressata alle sorti della sua terra. Non solo, debole e innamorata dello stesso nobile che propone in sposo a sua cugina, è sottomessa alla gelosia che prova nei confronti del bel viso di Maria e soprattutto della sua condizione di madre. La sceneggiatura di Willimon ha deliberatamente posto su una bilancia le due Regine secondo l’unità di misura della contemporanea femminilità, prediligendo Maria Stuarda. Il ruolo della donna nel film e l’acquisizione del potere passano infatti per la libertà sessuale e soprattutto per il piacere che ne deriva. Sterile e casta la Regina d’Inghilterra, feconda e liberale quella di Scozia, sono entrambe simboli di una società patriarcale. Le due strade diverse che le protagoniste scelgono per emanciparsi (il martirio e la rinuncia) sono entrambe figlie di un’epoca difficile per le donne.
L’Elisabetta I di Maria Regina Di Scozia non diventa madre perché decide di adottare la vita di un uomo, finendo per ripercorrere le vie di quel cinema tradizionalista che vede la maternità come condizione unica per essere donna e che la Rourke sembra voler combattere. Maria Stuarda invece, che nel lungometraggio è una donna risoluta (al contrario della cugina), sceglie invece il martirio in un contesto sociale drammaticamente teatrale in cui non esiste neanche un uomo corretto ma solo traditori e complottisti. Gli spunti interessanti del plot si perdono allora in una forzatura narrativa che vuole accostare Elisabetta e Maria alla nostra era, senza però riuscirci pienamente.
In Maria Regina Di Scozia non ci sono altri personaggi, al di fuori delle due regine, ad avere grande rilevanza. D’altronde, quale altro esponente dell’era elisabettiana avrebbe potuto competere accanto a due figure storiche tanto imponenti come Elisabetta e Maria Stuarda? Il film tuttavia si avvale di una riuscita ricostruzione storica e di una scenografia fedele alle corti scozzesi ed inglesi, che sicuramente non deluderà gli appassionati del genere (grazie anche ad un buon ritmo) ma che lascia con l’amaro in bocca: l’opera della Rourke rappresenta quel tipo di cinema convenzionale che vorrebbe essere anticonformista, con scarsi risultati.