Se c’è una cosa che il cinema americano ci ha insegnato (e che Sex Education, fortunatamente, non ha imparato) è che all’interno delle “High School” vige una rigida gerarchia. I licei sono comandati dai ragazzi e dalle ragazze popolari, come i grandi sportivi o le cheerleader, ai quali seguono i figli di persone importanti, gli studenti e le studentesse di bell’aspetto e così via. All’ultimo posto convivono gli alternativi e i “loser”, coloro che non partecipano al leggendario prom (il ballo di fine anno) poiché preferiscono passare la serata in casa.
Questi stereotipi hanno per anni monopolizzato trasversalmente l’industria dell’intrattenimento. Ci siamo abituati, noi spettatori, a pensare alla scuola superiore come un ambiente che non si evolve, che è sempre uguale; a cambiare sono solo le mode, i vestiti e la tecnologia. Tuttavia, i bulli sono sempre rimasti bulli, le cheerleader cheerleader e così via.
Con Sex Education (ambientata nell’Inghilterra rurale), finalmente le cose cambiano. I protagonisti inizialmente sembrano presentati proprio come l’incarnazione di stereotipi, tanto che durante la prima puntata viene spontaneo pensare che il resto delle serie sarà, parafrasando il titolo di un film di qualche anno fa, “un’altra stupida commedia americana”; ma fortunatamente non è assolutamente così.
SEX EDUCATION RACCONTA SENZA RETORICA LA FAMIGLIA MODERNA
Il protagonista della serie è Otis Milburn (Asa Butterfield, già visto in Miss Peregrine e Hugo Cabret), un timido liceale impacciato che vive con la mamma sessuologa (Gillian Anderson), divorziata e divoratrice di uomini. Il migliore amico di Otis è Eric (Ncuti Gatwa), immigrato africano di seconda generazione, omesessuale, stravagante e con alle spalle una famiglia conservatrice. La vita di Otis cambia quando, per puro caso, viene convinto da Maeve (Emma Mackey) a fondare una clinica del sesso; un luogo nel quale gli studenti possano ricevere consigli e suggerimenti su come affrontare i primi rapporti.
Maeve è figlia di una tossica e di un padre che se ne è andato, mentre la madre di Otis è una donna di grande successo, un’accademica mangia-uomini che passa le notti con partner sempre diversi. Poi ci sono Adam e Jackson: il primo è lo scapestrato figlio del rigido preside del liceo, mentre il secondo è un campione di nuoto che vive con due mamme.
In Sex Education non si parla mai a livello politico o sociale delle diverse famiglie. Sono tutte costituite diversamente, eppure condividono i problemi della famiglia “canonica”: crisi tra i coniugi, incomprensione coi figli o la solitudine per chi si trova separato dal proprio marito o dalla propria moglie.
La serie di Laurie Nunn prende semplicemente atto della realtà. Esistono diversi tipi di nuclei familiari (divorziati, omosessuali o immigrati integrati che però tengono alle proprie tradizioni) e per questo motivo non c’è bisogno di raccontarli in modo particolare o di soffermarsi eccessivamente su di essi. Ciò che davvero è al centro della storia, in Sex Education, sono gli adolescenti. Disperatamente attratti dal sesso ma al contempo impauriti.
SEX EDUCATION HA I NUMERI PER DIVENTARE UNA DELLE MIGLIORI DRAMEDY SU PIAZZA
Negli ultimi mesi abbiamo visto alcuni prodotti adolescenziali targati Netflix (Elite e Baby, per esempio) che riproponevamo stancamente gli stilemi della narrazione adolescenziale tradizionale: le divise, i bulli, i figli di papà, gli sfigati e così via.
Sex Education invece possiede personaggi a tutto tondo, non definiti e che non stanno né dalla parte dei popolari né da quella degli emarginati. Con Laurie Nunn il cinema adolescenziale si allontana da quei noiosi “estremi” per diventare una narrazione appassionante, divertentissima (a volta persino esilarante), romantica e commovente in certi frangenti.
L’esempio migliore sono Maeve e Jackson, due personaggi che (in teoria) abbiamo visto centinaia di volte. La prima potrebbe essere il classico oggetto del desiderio del protagonista, una bellissima “bad girl” che sembra inarrivabile; il secondo è un playboy, brillante e adulato da tutta la scuola. Sex Education racconta entrambi oltre lo stereotipo e l’aspetto fisico, gettandoli in delle vicende talvolta drammatiche e inusuali.
La relazione fra questi due personaggi è sicuramente la più grande conquista della prima stagione di questa splendida serie, ideata da un team tutto al femminile e pronta ad un secondo capitolo che ha senso di esistere. Sex Education procede fra tragedia e commedia, tra problemi sentimentali minuscoli e infantili e dubbi colossali sulla propria identità sessuale. Laurie Nunn ha creato un possibile cult, candidandosi di diritto a essere una delle migliori novità del 2019 televisivo. Per innamorarvi, vi basterà l’epica scena di “It’s my vagina”.