Il Polar è un genere letterario e cinematografico che fu molto in voga nella Francia duranti gli anni ’40 e ’50. Il termine, infatti, nasce proprio dai nostri colleghi d’oltralpe, i quali trovarono in diverse opere un connubio fra il genere del poliziesco e quello del noir: da qui nasce la definizione meticcia di polar.
POLAR HA POCO IN COMUNE CON IL GENERE POLAR
Si tratta di opere con pressoché sempre gli stessi protagonisti: poliziotti, spacciatori e femme fatale. Personaggi come quelli de Il Braccio Violento della Legge di William Friedkin, forse il più bel polar dell’era moderna.
In questa nuova produzione Netflix, diretta da Jonas Åkerlund e tratta dalla graphic novel omonima di Victor Santos, i protagonisti sono unicamente criminali. Uno di loro è la preda, Duncan Vizla (Mads Mikkelsen), mentre gli altri sono i cacciatori. Tutti sono spietati, soli e intenti a sopravvivere.
La trama di Polar è perfettamente conforme al codice del cinema di genere. La Damocles è un’agenzia di sicari che, per contratto, è costretta a pagare una pensione d’oro a tutti i suoi dipendenti dopo il compimento dei cinquanta anni d’età. Se però questi ultimi vengono uccisi prima di arrivare a mezzo secolo, il denaro torna alla compagnia. Per questo motivo il capo della Damocles, Blut, ordina a tutti i suoi giovani assassini di uccidere Duncan, ormai prossimo alla pensione.
UN JOHN WICK CHE IMITA SUICIDE SQUAD MA SEMBRA SPY KIDS
Sia chiaro, il problema di questo film non risiede certamente nel plot o nel copione. Per una pellicola di genere che vuole azione, suspence e giustificazioni narrative per mettere il sangue al centro della scena, una storia così tradizionale o già vista non è assolutamente sbagliata, anzi. Negli ultimi anni abbiamo visto film come John Wick, Io Vi Troverò o Atomica Bionda poggiarsi su trame sottili e canoniche per poi sfoggiare sequenze action o di colluttazioni spettacolari e di grande intrattenimento.
Ciò che rende Polar un film davvero noioso e dimenticabile è però la sua confezione. Åskelund tratta dei personaggi molto seri in modo cartoonesco, optando per una tinta grafica alla Spy Kids (dove tutto era invece meravigliosamente poco serio). Basta osservare la fotografia “smarmellata” che sembra uscita dalla lente di Duccio Patanè o la fastidiosa gamma cromatica comune a tutte le inquadrature del film. Già dalle scene iniziali – nelle quali vengono introdotti con font improbabili gli assassini – si capisce che nel film c’è qualcosa di profondamente sbagliato. Quello stile inconfondibile, da videoclip musicale adrenalinico, è identico a quello usato da Ayer nell’incipit di Suicide Squad (che come punto di riferimento è piuttosto disastroso).
Polar sembra non aver imparato nulla dai peggiori difetti dei blockbuster degli ultimi anni, e nel film tutto è ridicolo. I personaggi, le loro battute, il loro muoversi in scena e soprattutto il modo in cui sono diretti. In tante – troppe – scene sembra che il regista non abbia nemmeno dato indicazioni agli attori (specialmene quando Åskelund si trova a dirigere cinque o sei interpreti nella stessa scena). Tutto è confuso e montato male, costruito per cercare a tutti i costi l’effetto “eccesso” e la risata dello spettatore. Come in Suicide Squad, però, non si ride mai. A differenza dello sgangherato film DC, l’ultima produzione Netflix può però contare su due talenti unici: Deadmau5 (come compositore della colonna sonora) e Mads Mikkelsen come protagonista. Non bastano purtroppo a salvare la pellicola.