In Velvet Buzzsaw tornano a lavorare insieme il regista e sceneggiatore Dan Gilroy e Jake Gyllenhaal, a cinque anni di distanza dal sorprendente Lo Sciacallo, candidato al premio Oscar per la migliore sceneggiatura. Nightcrawler (questo il titolo originale del film del 2014) e la nuova produzione Netflix sono due opere paradossalmente gemelle: entrambe raccontano il cinismo che regola gli ambienti più idealizzati della nostra società. Nel primo caso viene smontata la figura del giornalista eroico alla Tutti gli uomini del presidente – ovvero cacciatore della verità, leale all’etica professionale e servitore del popolo – mostrando come in realtà nel mestiere sia fondamentale scendere a compromessi, scordarsi della morale e riprendere delle morti o dei cadaveri in virtù degli ascolti che essi generano; un approccio più simile a To Die For di Gus Van Sant che al film di Pakula. In Velvet Buzzsaw, invece, a essere demolito è il mondo dell’arte contemporanea.
Nel corso della storia i concetti di artista e di opera d’arte sono sempre stati associati ad una certa sacralità, nonché al concetto di libertà assoluta. Ars gratia artis, l’arte per l’arte: si crea per se stessi, per comunicare o emozionare, e – secondo la vulgata – non certo per guadagnare. Il mondo dell’arte è invece a tutti gli effetti un business fiorente, in cui compromessi, sotterfugi o truffe sono all’ordine del giorno e sono necessari per mandare avanti una galleria, allestire una mostra di successo, lanciare un artista e guadagnare milioni.
Un paio di anni fa uscì il bellissimo The Square, palma d’oro a Cannes ed esilarante satira del mondo dell’arte e della gestione economica dei patrimoni culturali. Ecco, Velvet Buzzsaw vorrebbe essere una parodia pungente – come il film di Östlund – eppure non fa mai davvero ridere o pensare, e vorrebbe proporre elementi horror ma non riesce mai a far paura. Soprattutto, il nuovo lavoro di Gilroy prova a tutti i costi ad essere un film d’autore fatto per il grande pubblico, e più si sforza di essere al contempo leggero e profondo e meno lo risulta.
UNA GALLERIA DI PERSONAGGI PER UN’ARTE MALEDETTA
In uno dei capitoli più belli del Vita e opinioni del Tristram Shandy, gentiluomo, Laurence Sterne sostiene che i nomi abbiano una sorta di influsso magico sulle caratteristiche delle persone a cui vengono assegnati. In Velvet Buzzsaw i nomi e i cognomi raccontano e descrivono i personaggi meglio di quanto possano mai fare le loro azioni.
Jake Gyllenhaal interpreta un critico saccente e narciso chiamato Morf Vandewalt, che ama darsi un tono affidandosi in realtà a luoghi comuni: «una recensione negativa è meglio che sprofondare nell’anonimato», per citarne uno. Tom Sturridge invece veste i panni di un personaggio chiamato Jon DonDon, Rene Russo è Rhodora Haze, e la giovane assistente arrivista interpretata da Zawe Ashton si chiama Josephina. Basta questo per farsi un’idea del tipo di persone con cui si ha a che fare: nomi perfetti per caratterizzazioni ben chiare e definibili, che se sfruttate meglio sarebbero potute risultare un vero patrimonio in fase di scrittura.
La vita di queste persone, tutti professionisti illustri nel mondo dell’arte, viene sconvolta quando si trovano davanti ai quadri di Vetril Dease (ancora un nome splendido), vicino di casa di Jospehina che da lei viene trovato morto davanti alla porta di casa. Quest’ultima decide di appropriarsi dei dipinti di Vetril e portarli alla galleria d’arte per farci una mostra, venderli e fare carriera. Tuttavia, questi quadri sembrano muoversi, mutare e soprattutto diventano una dipendenza per tutti coloro che li osservano.
VELVET BUZZSAW E LA CORRUZIONE DIETRO UN SETTORE IDEALIZZATO
Il quadro “magico”, topos reso famoso da Il Ritratto di Dorian Gray di Oscar Wilde, viene qui riproposto sotto forma di un’opera omnia. I quadri di Dease, infatti, non hanno un significato particolare se presi singolarmente: valgono tanto nel loro insieme, poiché sono pochi e sono stati creati da un artista che non c’è più. Immediatamente, infatti, queste tele “maledette” vengono apprezzate parzialmente per la loro caratura artistica e in misura maggiore per il loro valore economico.
In questo senso Velvet Buzzsaw e Lo Sciacallo sono nuovamente identici. Le opere d’arte nel primo caso e le ‘notizie’ nel secondo hanno un valore puramente monetario. I protagonisti dei due film non cercano il servizio giornalistico migliore o il dipinto più emozionante: si muovono per guadagnare, fare carriera e avanzare nella scala sociale. Per Gilroy l’ambizione capitalista è una maledizione che porta ad uccidere o alla follia.
JAKE GYLLENHAAL NON BASTA
Velvet Buzzsaw vorrebbe declinare questo concetto in diverse forme cinematografiche. Tenta di essere una satira e un thriller insieme – qualcosa tra The Square e Animali Notturni, insomma. Per quanto sia girato e scritto con grande cura, il film di Gilroy non ha però molto da dire. Ben presto le idee finiscono e per più di un’ora non si fa altro che sottolineare quanto il mondo per noi “sacro” dell’arte non sia nulla di più di un insieme di favori (anche sessuali), arrivismo, voglia di arricchirsi e ipocrisia. Anche il nodo legato a cosa voglia dire fare critica oggi – legato al personaggio di Morf – viene risolto con troppa superficialità e con luoghi comuni che francamente lasciano il tempo che trovano. A mancare è anche la suspense, a causa dell’estrema prevedibilità del copione: nel momento in cui i quadri entrano nella vita dei protagonisti sappiamo già come andrà a finire.
Nonostante i grandi interpreti chiamati in causa e il nome prestigioso di Gilroy, Netflix ancora una volta sembra proporre un film non pienamente centrato. Se con gli anni gli sforzi di produzione o distribuzione esclusiva del web service stanno portando a un evidente innalzamento della qualità degli ‘originali Netflix’ (si pensi non solo a Roma ma anche a La Ballata di Buster Scruggs o 22 Luglio), sembra ancora che quel ruolo di sano controllo che uno studio dovrebbe avere sulla filiera produttiva sia del tutto estraneo ai dirigenti di Los Gatos. E, paradossalmente, non sempre lasciare totale libertà a un autore porta a risultati eccellenti.