Se con il suo Alì Ha Gli Occhi Azzurri era stato premiato nel 2012 alla Festa del Cinema di Roma e con il più noto Fiore si era meritato un posto nella Quinzaine des Réalisateurs di Cannes, stavolta il regista romano Claudio Giovannesi si guadagna addirittura il concorso del Festival di Berlino 2019 con il suo nuovo lavoro di finzione, La Paranza dei Bambini.
LA PARANZA DEI BAMBINI : DAL ROMANZO DI ROBERTO SAVIANO AL FILM
Il film è la trasposizione cinematografica del terzo romanzo di Roberto Saviano, che firma anche la sceneggiatura insieme a Giovannesi stesso e a Maurizio Braucci – già sceneggiatore del Gomorra di Matteo Garrone. Come nel libro del 2016, che è il primo interamente di finzione dello scrittore partenopeo, la storia segue la disperata e spietata ascesa al potere di un gruppo di giovanissimi adolescenti cresciuti in contesti poveri e disagiati ma non troppo problematici, che nonostante l’età puntano a ritagliarsi uno spazio di primo piano nell’ambito della criminalità camorristica.
Esplicativa in tal senso è l’immagine suggerita dall’ambivalenza del titolo: se nel gergo della Camorra la ‘paranza’ è un gruppo armato, in un’accezione più letterale è anche un banco di pesci ancora piccoli e giovani che vengono attirati nelle reti dalle luci dei pescatori. Chiara l’analogia con l’infausto destino riservato a chi si lascia sedurre in tenera età dalla promessa di guadagni e potere della criminalità organizzata; in parte mantenuta dal titolo internazionale Piranhas.
QUELLA LUNGA SCIA PARTITA DA GOMORRA
Ancora una volta ci troviamo davanti al racconto di una Napoli criminale; uno stereotipo tutt’altro che infondato che però sta diventando quasi un genere a sé. La lunga scia di opere ispirate a questo contesto è stata inaugurata proprio da Saviano con il suo Gomorra letterario, e se Braucci ha contribuito a scriverne l’adattamento cinematografico, Giovannesi si è distinto col suo eccellente lavoro dietro la macchina da presa di due episodi della serie TV su Genny Savastano e Ciro Di Marzio.
Rispetto alla lettura quasi ammiccante del contesto camorristico data dalla produzione Sky, La Paranza dei Bambini si distingue per uno sguardo più asciutto, ma comunque pervaso da dolcezza amara forse troppo indulgente e che ingentilisce più del dovuto dei giovani assassini; un linguaggio che trae forza anche dall’esperienza di documentarista del regista e che in parte ha contraddistinto le sue pellicole precedenti. Come ci aveva già detto alla Festa del Cinema di Roma, per realizzare il film Giovannesi ha passato un anno e mezzo a Napoli, e tale esperienza si è rivelata incredibilmente preziosa per comprendere pienamente quella realtà anche nei suoi aspetti più folkloristici, che sono ben ritratti nella pellicola.
UNO STATO PARALLELO E L’INTERESSANTE COMPONENTE DEL SENSO DI RESPONSABILITÀ
La Paranza dei Bambini si rivela come il miglior film della carriera di Giovannesi: ottimamente girato e ben concepito, con pochi punti morti nelle due ore di durata (non del tutto necessarie), non brilla certo per originalità tanto nel linguaggio di camera quanto nello script, né ha quel guizzo che avrebbe potuto suggerire – ad esempio – la scelta delle musiche dei Radiohead nel trailer, ma non ha nemmeno sbavature e offre uno spaccato potente di una realtà drammatica.
Il gruppo di amici comandato da Nicola (il bravo Francesco di Napoli) viene ritratto durante una sconsiderata e fulminea discesa nella spirale camorristica, quando la piazza criminale rimane improvvisamente vuota in seguito a delle retate di arresti. Questi ragazzini, cresciuti tra le vessazioni dei boss e il degrado di una vita povera, vengono sedotti dalla possibilità di poter finalmente contare qualcosa, concedersi quei lussi che hanno sempre e solo spiato dalle vetrine dei negozi e prendersi cura delle proprie famiglie. L’illusione di una possibilità di riscatto che passa in realtà per compromessi quasi faustiani.
A percorrere il film troviamo la tematica della perdita dell’innocenza, sulla quale il casting vuole calcare la mano tramite un protagonista dal volto angelico e che non controbilancia una certa partecipata indulgenza con cui Giovannesi ritrae dei ragazzini fin troppo sentimentali. Ben più fertile – seppur implicito – è lo spunto legato all’assenza dello stato: inizialmente il protagonista finisce tra le maglie della criminalità organizzata per il bisogno di trovare un lavoro e per la volontà di sottrarre la madre al pagamento del pizzo. È interessante come col progredire della storia, mentre i compromessi diventano sempre più pesanti, la componente del senso di responsabilità (verso la propria famiglia, i propri amici e la propria amata) non vada sparendo e anzi cresca di pari passo con le colpe; ma ciò non basta a rendere lo script sostanzialmente diverso da una moltitudine di altre storie nelle quali ci siamo già imbattuti in passato.
I VINCOLI TROPPO STRETTI DI UN GENERE BEN CODIFICATO
La Paranza dei Bambini è forte di una solidità le cui radici sono aggrappate alle inchieste giornalistiche fatte anche da Saviano (e che avevamo già ritrovato in Robinù di Michele Santoro), ma ciò non serve a farne un lavoro originale, e infatti il problema principale del film (forse l’unico, se escludiamo un finale aperto che arriva troppo ‘a freddo’) è la totale prevedibilità della storia in ogni suo minimo sviluppo.
Dai tempi del suddetto Gomorra di Garrone (e con il non trascurabile precedente cinematografico e televisivo di Romanzo Criminale) si è codificata una narrativa della criminalità campana e laziale che è diventata un genere a sé, e da ciò deriva la cristallizzazione di una serie di cliché e stereotipi che definiscono la cornice entro la quale si muove quel tipo di narrativa.
Se negli ultimi anni stiamo assistendo a un’entusiasmante rinascita autoriale del cinema di genere, non dobbiamo comunque scordare l’accezione deteriore che il termine ha a lungo portato con sé, legata a un’idea di cinema che si muove lungo le convenzioni senza dare un contributo veramente innovativo al linguaggio artistico. Nonostante La Paranza dei Bambini rimanga un lavoro da molti punti di vista eccellente, rischia di collocarsi troppo pigramente nel solco del già visto, senza avere al contempo la forza di qualche predecessore illustre. La singola scena dei due ragazzi in mutande che sparavano sulla spiaggia in Gomorra, per fare un esempio, ha da sola più forza e più idee di tutto il pur bel film di Giovannesi.
Ciò non toglie che la pellicola prodotta da Vision Distribution e Palomar in collaborazione con Sky Cinema e TIMVISION, nelle nostre sale dal 14 febbraio, sappia comunque soddisfare pienamente le promesse. Se il box office vorrà renderle giustizia, c’è già da aspettare un adattamento anche di Bacio Feroce, con cui Saviano continua a raccontare le storie di Nicola e dei paranzini.