Alcuni film, semplicemente, escono al cinema nel momento sbagliato. È questo il caso di Wolfman, blockbuster horror dalle tinte gotiche del 2010 che ora gode di una seconda vita grazie alla nuova release in blu-ray Universal su distribuzione CG Entertainment, una extended director’s cut che migliora di molto la versione uscita al cinema (con 16 minuti inediti) e che gode anche di un ricchissimo comparto di contenuti speciali .
WOLFMAN E LA SFORTUNA DI USCIRE IN UN ANNO INFESTATO DA BLOCKBUSTER
L’anno in cui Wolfman uscì in sala, era un film su tutti a dominare la conversazione; un film che fagocitò l’attenzione degli spettatori ma che a meno di un decennio di distanza è invecchiato decisamente male: Avatar. Oltre alle avventure dei Na’avi, poi, avevamo una vera invasione di pellicole per il grande pubblico, dalle battute finali delle saghe di Harry Potter e Twilight a un’orda di presunti tentpole tutt’altro che memorabili (Iron Man 2, Alice In Wonderland, Scontro tra Titani, Prince of Persia, Percy Jackson, L’Ultimo Dominatore dell’Aria, Le Cronache di Narnia, The A-Team), passando per un’infinità di film d’animazione (Toy Story 3, Cattivissimo Me, Shrek 3, Alvin Superstar 2, Dragon Trainer, Rapunzel, Megamind). A fare grandi numeri con un cinema di alto livello solo Inception, Shutter Island e The Social Network.
SE L’APPROCCIO CLASSICO SI RIVELA QUASI ‘INNOVATIVO’
In un contesto del genere, Joe Johnston (Jumanji, Captain America: Il Primo Vendicatore) aveva riaperto una finestra sul classico cinema dei mostri che aveva fatto la fortuna della Universal negli anni ’30, e aveva deciso di raccontare l’archetipica figura dell’uomo-lupo senza gli ammiccamenti moderni che poco avevano funzionato in Van Helsing nel 2004 e in La Mummia – La Tomba del Faraone nel 2008 (ma, col senno di poi, anche nel più recenti Dracula Untold o The Mummy). Paradossalmete, ancorandosi al passato, Johnston era più moderno del cinema di quel 2010, anticipando l’approccio quasi manierista del Guillermo del Toro di Crimson Peak e The Shape of Water e le ambientazioni gotiche che tanto hanno contato per il successo della serie Penny Dreadful.
UN CAST IMPRESSIONANTE
Forte di un cast da far tremare le vene ai polsi, Wolfman ripropone i classici temi della licantropia (trasformazione, doppia identità, conflitti interni ed esterni, riconoscimento e destino) senza rinunciare a una buona costruzione dei rapporti personali e a un intreccio piuttosto ricco, pur nel solco della tradizione.
Lawrence Talbot (Benicio Del Toro), dopo una vita in fuga dai dolori del passato, torna alla vecchia magione di famiglia per aiutare la cognata Gwen Conliffe (Emily Blunt) a ritrovare il fratello scomparso. Le ricerche presto si concludono con il rinvenimento del cadavere dell’uomo, ma l’attacco di una misteriosa creatura lascia Lawrence con gravi ferite, che vengono curate dalla zingara Maleva (Geraldine Chaplin). La maledizione di quel morso trasformerà però il protagonista in un licantropo, e mentre una scia di sangue funesterà quelle nebbiose campagne, il padre di Lawrence (Anthony Hopkins) e un determinato detective (Hugo Weaving) dovranno confrontarsi con i delitti della belva antropomorfa.
Se si può muovere una critica al film, è quella di non aver calcato la mano sulle componenti più iconiche e gotiche del suo racconto. Nonostante tutto trasudi non solo un grande rispetto per i classici monster movie Universal ma anche per la grande letteratura di genere, un’atmosfera ancora più stilizzata – sullo stile del miglior Tim Burton – avrebbe potuto trasformare un ottimo film in un film perfetto. Gli interpreti sono tutti ben centrati, la mano registica di Johnston è come sempre più che solida, la colonna sonora di Denny Elfman è perfetta e i VFX contribuiscono il giusto alle scene di trasformazione – in un impianto che rimane comunque solidamente legato agli effetti pratici, tanto che il film è valso un Premio Oscar al comparto del Trucco e Acconciature. In conclusione Wolfman è un film nato e uscito qualche anno prima di quando avrebbe dovuto, a cui però va riconosciuto il merito di aver bene inquadrato il tipo di lettura che avrebbe poi decretato il successo di film analoghi. Sarebbe stato l’inizio perfetto per un universo esteso dei mostri Universal, ma è arrivato troppo presto. Senza dubbio una pellicola cui vale la pena di dare una seconda possibilità approfittando dell’uscita in home video, evitando come la peste la versione doppiata in italiano.