Un paio d’anni fa, di fronte all’apprezzabile ma fallimentare tentativo di Sky di rivitalizzare la cerimonia dei David, da queste pagine avevamo invocato una profonda riforma dei David di Donatello e un cambio alla guida dell’Accademia del Cinema Italiano. Nel frattempo il celebre premio è tornato in casa Rai e al timone è arrivata l’eccellente Piera Detassis, una delle personalità più competenti e lungimiranti dell’industry italiana. La Detassis ha guidato una radicale ristrutturazione e ripensato da zero la composizione delle giurie e il sistema di voto; un cambiamento lungamente atteso, attentamente ponderato, e capace di coinvolgere una platea di giurati realmente competente riguardo le varie categorie, evitando molti dei vizi delle passate edizioni. Quello di cui i David avevano bisogno, in poche parole, e tanto le nomination quanto i premi di questa edizione 2019 lo dimostrano (difficile contestare nel merito i ben 9 David riconosciuti a Dogman di Matteo Garrone, lontano anni luce da quel discutibile Amore e Malavita che nel 2018 ottenne 5 vittorie e 16 candidature).
Se lo straordinario sforzo della Detassis ha restituito prestigio e serietà ai David di Donatello (scontentando molti vecchi parrucconi del cinema italiano), nulla ha però potuto contro una cerimonia raramente così imbarazzante, che se pure ha avuto discorsi di ringraziamento più decorosi del passato e un ritmo della seconda parte scorrevole e piacevole, ha presentato una serie di momenti tra i più sconcertanti nella storia della kermesse.
GABRIELE MUCCINO, IL DAVID “ON DEMAND” E UN’APPARIZIONE INTERMINABILE, CONFUSA E AUTOREFERENZIALE
Dopo un ‘cold open’ capace di incarnare il perfetto opposto della mondanità e della spettacolarità che dovrebbe caratterizzare la cerimonia del più importante premio del cinema italiano, ci pensa Gabriele Muccino a trasformare rapidamente lo show in un incubo televisivo che, tra approssimazione e tempi morti, fa di tutto per far scappare anche l’ultimo spettatore a meno di un quarto d’ora dall’inizio della serata. Dopo essersi lamentato per aver ricevuto con il suo A Casa Tutti Bene soltanto 3 candidature a David ‘minori’ (come se non fossero fin troppe), pubblicando un post su Instagram in cui accusava i colleghi di ‘invidia’ per non avergli riconosciuto nomination più importanti, e dopo esser stato pure assecondato dall’Accademia del Cinema Italiano con l’istituzione di un premio su misura legato ai risultati al botteghino, Muccino ha preso possesso del palco dei David per un tempo interminabile, autocelebrandosi senza ritegno e offrendo un disorganizzato e stonatissimo numero musicale con il pur prestigiosissimo cast del suo ultimo lavoro. Senza nulla togliere alla capacità di portare spettatori paganti in sala, è a lui che va il Premio David Medaglietta di Cartone “Allora Sei Meglio Te”e la nomination al David “Mi Passi Il Telecomando?”. Il prossimo passo sarà probabilmente la “pulizia kontatti gggente invidiosa” su Instagram.
GRANDI OSPITI INTERNAZIONALI, QUALCHE MARCHETTA DI TROPPO E CARLO CONTI CHE PENSA DI STARE A TALE E QUALE
Carlo Conti, pur indiscutibile professionista della televisione generalista, incarna molti dei limiti di uno spettacolo che dovrebbe avere il respiro del grande cinema e che invece risente di tutte le ingenuità e dell’anacronismo della televisione di stato. È così che, mentre si fanno continui e irragionevoli riferimenti al Festival di Sanremo e si alternano cali di ritmo e qualche stanchissima gag comica, è il confronto tra il presentatore e i grandi ospiti a regalare i momenti peggiori della serata. Le ‘interviste’ improponibili del padrone di casa (che ci chiediamo se sia stato pure assistito da degli autori) finiscono per valergli addirittura una bonaria presa in giro da parte di Dario Argento, anche se è Uma Thurman a subirne maggiormente i danni (si esordisce con un goffo “È alta lei eh, è molto alta?” e si continua con un «Ci vuole determinazione per fare l’attore?» e un non meno lapalissiano «Per costruire i suoi personaggi ha lavorato insieme al regista?»). Vera perla trash della serata però quando Conti è costretto a richiamare in scena la Thurman, dopo essersi scordato di consegnarle il premio David Speciale (non si capisce bene per cosa) per cui l’attrice era stata invitata. Se Conti è il più grande professionista che sa mettere in campo la Rai, meglio non chiedersi cosa avrebbero fatto dei dilettanti.
È Tim Burton, che si regala con generosità in una lunga apparizione ricca di emozione ed energia, a rappresentare uno dei momenti più felici della serata. A consigliargli il Premio alla Carriera il nostro Roberto Benigni, che si produce in un’inatteso marchettone fuoriluogo sulla sua prossima partecipazione nel Pinocchio di Garrone (quasi a volersi giustificare spiegando che la sua carriera non è ancora data per spacciata) e che, a differenza di Burton, non riceve una standing ovation e viene snobbato dal pubblico finché Conti non rigira il coltello nella piaga obbligando la platea a un calore che non voleva tributare: «In piedi! – comanda il presentatore – Alzatevi!».
La lunghissima performance dell’ospite d’onore Andrea Bocelli si trasforma a sua volta, con tutta la collaborazione di Conti, in un’altra ‘marchetta’ promozionale – stavolta per il figlio del cantante – ma quando arriva sul palco il turno di Alfonso Cuaron ci pensa per fortuna quella grandissima Signora della Detassis a rendere il momento istituzionale, elegante e impeccabile.
NETFLIX VINCE ALLA GRANDE, MA SUL PALCO MEGLIO FAR FINTA CHE NON ESISTA
Se il grande assente della serata è Paolo Sorrentino, nominato a più riprese durante i ringraziamenti ma ritenuto indegno tanto della candidatura per il miglior film quanto di quella per la regia, il vero convitato di pietra è Netflix. L’avversità dell’Accademia al web service è ben nota (d’altronde l’ANICA è nell’orbita dei David) e da qualcuno è stata espressa con una certa veemenza anche durante la conferenza stampa di presentazione della 64. edizione dei David. Eppure la qualità dei film parla chiaramente: il bellissimo Sulla Mia Pelle, con le sue 4 statuette, è il secondo film più premiato della serata e Roma è il vincitore del David al Film Straniero. Potrebbe sembrare inutile sottolineare che si tratti di due film Netflix che però hanno avuto anche un grande successo con una distribuzione parallela sul grande schermo (dimostrando che non c’è concorrenza reale tra le due forme distributive), ma invece sul palco dei David pare proprio che Netflix meno la si nomini e meglio è. Paradossalmente è Garrone, che con il web service non ha mai avuto a che fare, a riportarci alla realtà di tutti i giorni e a ricordare intelligentemente nel suo discorso finale che se le sale vogliono fare concorrenza alle release casalinghe devono aumentare le dimensioni degli schermi e la qualità degli ambienti e degli impianti.
UN GRANDE DEBUTTO PER LA DETASSIS, MA DAL PROSSIMO ANNO LA SFIDA È SULLA FORMA TELEVISIVA
Questa seconda edizione dei David a guida Detassis – che è di fatto la prima, visto che nel 2018 non c’erano i tempi tecnici per permettere alla nuova direttrice di intervenire nettamente sulla correzione di rotta – segna per la prima volta da tanti anni un grande cambiamento positivo. Se prima il meccanismo di assegnazione dei premi non aveva quasi più alcuna credibilità, ora invece è molto più simile a quelli degli altri grandi riconoscimenti internazionali e promette di dare voce più alle competenze che alle conoscenze e alle baronie.
Quello che rimane ancora da ripensare totalmente è però l’aspetto più importante: la serata di premiazione, che pur essendo solo la punta dell’iceberg è l’unica parte dei David della quale il grande pubblico ha percezione diretta. La grande sfida per il futuro sarà quella di trasformare lo spettacolo televisivo in uno show all’altezza, e chi vi scrive ritiene che probabilmente i tempi potrebbero essere maturi per una nuova collaborazione con il contesto ben più ricettivo e dinamico di Sky. Staremo a vedere.
ECCO TUTTI I FILM VINCITORI DEI DAVID DI DONATELLO 2019
MIGLIOR FILM
Dogman – Prodotto da ARCHIMEDE, LE PACTE con RAI CINEMA per la regia di Matteo GARRONE
MIGLIOR REGIA
Matteo GARRONE per Dogman
MIGLIORE REGISTA ESORDIENTE – PREMIO GIAN LUIGI RONDI
Alessio CREMONINI per Sulla mia pelle
MIGLIORE SCENEGGIATURA ORIGINALE
Matteo GARRONE, Massimo GAUDIOSO, Ugo CHITI per Dogman
MIGLIORE SCENEGGIATURA NON ORIGINALE
James IVORY, Luca GUADAGNINO, Walter FASANO per Chiamami col tuo nome
MIGLIOR PRODUTTORE
CINEMAUNDICI, LUCKY RED per Sulla mia pelle
MIGLIORE ATTRICE PROTAGONISTA
Elena Sofia RICCI per Loro
MIGLIOR ATTORE PROTAGONISTA
Alessandro BORGHI per Sulla mia pelle
MIGLIORE ATTRICE NON PROTAGONISTA
Marina CONFALONE per Il vizio della speranza
MIGLIOR ATTORE NON PROTAGONISTA
Edoardo PESCE per Dogman
MIGLIOR AUTORE DELLA FOTOGRAFIA
Nicolaj BRÜEL per Dogman
MIGLIORE MUSICISTA
Sascha RING, Philipp THIMM per Capri-Revolution
MIGLIOR CANZONE ORIGINALE
“MISTERY OF LOVE” musica, testo e interpretazione di Sufjan STEVENS per Chiamami col tuo nome
MIGLIORE SCENOGRAFO
Dimitri CAPUANI per Dogman
MIGLIORE COSTUMISTA
Ursula PATZAK per Capri-Revolution
MIGLIOR TRUCCATORE
Dalia COLLI, Lorenzo TAMBURINI per Dogman
MIGLIOR ACCONCIATORE
Aldo SIGNORETTI per Loro
MIGLIORE MONTATORE
Marco SPOLETINI per Dogman
MIGLIOR SUONO
Presa diretta: Maricetta LOMBARDO – Microfonista: Alessandro MOLAIOLI – Montaggio: Davide FAVARGIOTTI – Creazione suoni: Mauro EUSEPI, Mirko PERRI – Mix: Michele MAZZUCCO per Dogman
MIGLIORI EFFETTI VISIVI
Victor PEREZ per Il ragazzo invisibile – Seconda generazione
MIGLIOR DOCUMENTARIO
Santiago, Italia di Nanni MORETTI
DAVID DELLO SPETTATORE
A casa tutti bene di Gabriele Muccino
MIGLIOR FILM STRANIERO
Roma di Alfonso Cuarón (Netflix)
MIGLIOR CORTOMETRAGGIO
Frontiera di Alessandro DI GREGORIO
DAVID GIOVANI
Sulla mia pelle di Alessio CREMONINI
PREMIO ALLA CARRIERA – DAVID FOR CINEMATIC EXCELLENCE 2019
Tim Burton
DAVID SPECIALE
Dario Argento
Francesca Lo Schiavo
Uma Thurman