Di film che durano soltanto un’ora e quindici non se ne vedono più, e se ovviamente non è la lunghezza o la brevità di una pellicola a decretarne la riuscita, non possiamo non constatare come frequentemente si sforino abbondantemente le due ore pur non avendo molto da dire. L’Uomo Fedele invece va esattamente nella direzione opposta, e nonostante una durata decisamente agile di 75 minuti si rivela perfettamente compiuto e ricchissimo e spunti nella sua deliziosa semplicità.
L’Uomo Fedele è il secondo lungometraggio da regista e sceneggiatore di Louis Garrel, figlio d’arte nonché volto tra i più rappresentativi della nuova generazione del cinema francese e attore incredibilmente prolifico (a 35 anni vanta già 42 ruoli). Disponibile nelle sale italiane dall’11 aprile su distribuzione Europictures, il film esplora con grande ironia il tema del ménage à trois – che è quello che, in una lettura diversa, gli ha regalato la notorietà internazionale in The Dreamers di Bertolucci.
DONNE MANIPOLATRICI PER UN UOMO INDECISO
La storia de L’Uomo Fedele (titolo originale L’Homme Fìdele) assale lo spettatore sin dai primissimi minuti, con un’apertura a freddo che da sola riassume la forza di tutto lo script: in un antefatto che precede di qualche anno le vicende principali della pellicola vediamo infatti Marianne (Laetitia Casta) comunicare al suo compagno Abel (Louis Garrel) di essere incinta, per poi interromperlo immediatamente e chiarire che il figlio che aspetta l’ha avuto dal loro amico Paul, con cui – visti i tempi stretti – ha già organizzato il futuro nei minimi dettagli.
Otto anni dopo, al funerale di Paul, Marianne e Abel si rincontrano e, nonostante i pregressi tumultuosi e il tempo passato, tra loro scoppia la scintilla. A complicare tutto però adesso c’è la seducente Eve (Lily-Rose Depp), sorella di Paul che è innamorata di Abel si da quando era bambina e che ora decide di sottrarre l’uomo a Marianne. Marianne, dal canto suo, non si perderà d’animo e deciderà di manipolare il suo compagno con un rischioso invito all’infedeltà. Chi delle due avrà la meglio? Il figlio di Paul che rapportò svilupperà con Abel? E, soprattutto, come è morto Paul?
SCRIPT E REGIA, UN CONNUBIO PERFETTO
L’esilarante sceneggiatura di L‘Uomo Fedele, firmata a quattro mani da Garrel e dal Premio Oscar Jean-Claude Carrièr, sembra una risposta elegante e arguta al politicamente corretto (a senso unico) che si è scatenato a Hollywood in seguito al movimento MeToo: una volta tanto infatti qualcuno si prende la briga di scrivere un personaggio maschile imbranato e confuso che è in totale balia di due donne determinate, manipolatrici e volubili. Marianne ed Eve fanno infatti di tutto per assecondare i propri capricci e dispongono con un’astuzia raffinata di un uomo incapace di accorgersi di ciò che gli accade intorno, una ‘vittima’ che si ritrova senza saper bene come in una relazione a tre ma che è quasi incapace di ogni malizia.
Non è solo la storia a risultare perfettamente centrata, ma il perfetto abbinamento tra l’ironia della scrittura e la confezione filmica. Garrel infatti gira con fresca ma compassata eleganza, ricorrendo a un linguaggio che sarebbe più proprio di un dramma d’autore, ma che complici i dialoghi surreali si rivela perfetto per strappare continui sorrisi agli spettatori. Forte di questo riuscitissimo mix e di interpretazioni impeccabili, L’Uomo Fedele è un film piccolo piccolo che però vale assolutamente la pena di recuperare.