Alcuni film sono così piccoli che è facile trascurarli, commettendo un grave errore. È questo il caso di Le Grand Bal, pellicola della regista francese Laetitia Carton che ha ammaliato il pubblico di Cannes 71 e che, dopo aver concorso ai César nella categoria miglior documentario, dal 2 maggio sarà nelle nostre sale su distribuzione Barz and Hippo.
LE GRAND BAL, OVVERO LA CELEBRAZIONE DELLA GIOIA
Le Grand Bal del titolo è per la precisione un evento chiamato Le Grand Bal de l’Europe, che ogni anno attira per una settimana nella magica cornice della campagna francese appassionati da tutto il Vecchio Continente con la promessa di giorni e notti ininterrotti di danze, convivialità e sorrisi. Nulla di estraniante come un rave, però: il Grande Ballo è anzi un appuntamento così pulito e toccante da sembrare perso nel tempo; un trionfo dell’intimità all’insegna del bal folk, nel quale mentre all’ombra degli alberi, sotto la luce delle stelle o sotto tendoni illuminati a festa si diffondono le note della musica suonata dal vivo, individui di ogni provenienza, età ed estrazione condividono momenti di rara gioia ed emozione.
LA CALDA SENSAZIONE DI RITROVARE QUALCOSA CHE ABBIAMO PERSO
Già da questa premessa è evidente quanto la componente umana sia centrale nel disegno filmico della regista. Mentre si succedono scene di ballo, testimonianze ispirate di giovani e anziani, e momenti di condivisione che sembrano rubati tanto sono ritratti con discrezione, la riflessione si sposta da ciò che stiamo vedendo sul grande schermo a ciò che siamo diventati. In un’epoca nella quale l’uso pervasivo della tecnologia ci ha abituati un po’ per volta – per praticità o per miopia – a perdere l’attitudine verso la presenza tangibile dell’altro, Le Gran Bal sprigiona nella sua mitezza una straordinaria forza emotiva, aprendo gli occhi dello spettatore su ciò che si è andato perdendo e che invece è così facilmente a portata di mano.
Nonostante i setting di sicuro fascino e alcune inquadrature particolarmente ispirate, guardando Le Grand Bal è evidente come la Carton – che si muove erraticamente tra storie, volti e passi di danza – voglia raccontare quel clima con grande onestà e rifuggendo ogni artificio estetico ruffiano. Non ha bisogno di alcun formalismo o di un linguaggio filmico particolarmente rarefatto per spiegare a noi ciò che ha già provato personalmente (tanto da volerci fare un film): migliaia di persone grazie al ballo hanno scoperto che un altro mondo è possibile. Ci si può prendere per mano con uno sconosciuto e abbandonarsi alla gioia della musica, ci si può perdere negli occhi di qualcuno a noi vicino come fosse la prima volta o si può decidere di lasciarsi trascinare in un ballo di gruppo in cui nessuno vuole apparire ciò che non è. In poche parole, Le Grand Bal è un riuscitissimo invito a uscire dalla propria comfort zone e a riscoprire il piacere eterno e ancestrale del sentirsi vivi, del corpo che risponde a una melodia o del contatto fisico tra esseri umani. In un’epoca in cui non facciamo che costruire muri, siano essi virtuali o politici, Laetitia Carton ci dimostra quanto poco basti per godere della celebrazione della diversità e dell’esserci. E per un ‘semplice’ documentario su un evento musicale, è un risultato a dir poco straordinario.