Che piaccia o no, con buona pace degli oltranzisti del cinema d’essai, dopo la prima era del Marvel Cinematic Universe (quella che conosciamo come Infinity Saga) e quindi dopo la sua conclusione con Avengers Endgame, la storia del cinema non sarà più la stessa. La storia del cinema infatti non è necessariamente quella del cinema d’autore, e se senza dubbio le grandi opere della settima arte hanno apportato più ricchezza a questa forma espressiva, non sempre hanno avuto il maggior impatto sul pubblico. Alcune delle pellicole più influenti di tutti i tempi, tanto in una dimensione sociologica che produttiva, non sono infatti state prese troppo seriamente al tempo della loro uscita, e tutt’oggi vengono guardate dall’alto in basso dai cinefili più estremisti; eppure hanno segnato indelebilmente la storia del grande schermo e hanno inciso come nessun’altra sull’immaginario collettivo (basti pensare alla prima trilogia di Star Wars).
Ecco, al pari di grandi ‘capolavori pop’ del passato, Avengers Endgame si propone come un meraviglioso ‘gioco’ straordinariamente epico ed emozionante, che nell’apparente assurdità dei suoi protagonisti (da un procione nichilista a un omino grande quanto una formica) riesce invece a proporre una mitologia per l’uomo del XXI secolo, attingendo al contempo ai grandi temi archetipici e rappresentando altresì l’acme di una nuova forma narrativa orizzontale e verticale: l’universo cinematografico. Un trionfo della fantasia che sa essere toccante ed esilarante, e che è una vera e sentita celebrazione di quella grande cattedrale dell’archetipo supereroistico che è il MCU; un fenomeno culturale decennale che ha definito un’intera generazione di Hollywood tra chi era dentro e chi era fuori.
LA TRAMA DI AVENGERS ENDGAME SI DISTANZIA DI MOLTO DA INFINITY WAR
Avengers Endgame, diretto da Anthony e Joe Russo (nel MCU già registi di Captain America: The Winter Soldier, Captain America: Civil War e Avengers: Infinity War), è proprio un omaggio appassionato a questo decennio di cinefumetti Marvel, un commiato poco pomposo ma molto ipertestuale che chiude un ciclo narrativo iniziato nel 2008 con Iron Man e proseguito per 11 anni – e al momento per 22 film – intorno alla minaccia costituita da Thanos e dalla sua ricerca delle Gemme dell’Infinito.
Se in Avengers: Infinity War il Titano Pazzo era riuscito a collezionare tutte le pietre del Guanto dell’Infinito e con uno schiocco di dita aveva sterminato metà degli esseri viventi dell’universo, ora gli Avenger superstiti si trovano a dover affrontare un’impresa apparentemente impossibile: sconfiggere il loro nemico più temibile e cercare di porre rimedio alla distruzione di cui sono stati testimoni. A riunirsi nella missione disperata contro Thanos (Josh Brolin) saranno gli Avengers originali: Tony Stark / Iron Man (Robert Downey Jr.), Steve Rogers / Captain America (Chris Evans), Thor (Chris Hemsworth), Bruce Banner / Hulk (Mark Ruffalo), Natasha Romanoff / Vedova Nera (Scarlett Johansson) e Clint Barton / Occhio di Falco (Jeremy Renner), e al loro fianco ritroveremo Ant-Man (Paul Rudd), War Machine (Don Cheadle), Rocket Racoon (Bradley Cooper), e Nebula (Karen Gillan), nonché la potentissima new entry del MCU, Carol Danvers / Captain Marvel (Brie Larson).
Dato che gli stessi fratelli Russo hanno fatto un appello (accompagnato dall’hashtag #DontSpoilTheEndgame) a non divulgare dettagli della trama, ci limitiamo a dirvi che non mancheranno le sorprese. Se infatti è relativamente facile prevedere che i protagonisti proveranno di tutto per sconfiggere Thanos e in qualche modo ‘salvare l’universo’, è molto meno prevedibile tutto ciò che è stato sapientemente censurato dai materiali promozionali e dal trailer – e che di certo non vi riveleremo in questa sede. Avengers Endgame non somiglia in nessun modo a Infinity War: ha una dinamica narrativa diversa, personaggi caratterizzati in modo radicalmente diverso, un’estetica differente, riesce ad essere più epico ed emozionante e al contempo (molto) più divertente, ed esplora generi cinematografici diversi (si sconfina addirittura nel caper movie).
Ci sarà modo di invertire la macchina di distruzione innescata da Thanos? Rivedremo Peter Quill / Star-Lord (Chris Pratt), Peter Parker / Spiderman (Tom Holland), Doctor Strange (Benedict Cumberbatch), T’Challa / Pantera Nera (Chadwick Boseman), Gamora (Zoe Saldana), Drax (Dave Bautista) e gli altri? A che prezzo? È il caso di scoprirlo in sala.
IL MIRACOLO DI FAR RISULTARE FRESCHI PERSONAGGI CHE CONOSCIAMO DA ANNI
Come vi dicevamo, uno degli elementi più sorprendenti di Avengers Endgame è che, nonostante sia il ‘sequel diretto’ di Avengers Infinity War, riesce a mantenere un’identità tematica, estetica e di tono completamente indipendente. Nel nuovo cinecomic Marvel – il più ambizioso di tutti – c’è infatti molto più di quanto si potrebbe immaginare, e non parliamo solo degli stratagemmi usati dagli eroi per affrontare l’immenso potere del Guanto dell’Infinito (di quelli i fan hanno già ampiamente teorizzato, in certi casi andando abbastanza vicini alle soluzioni poi scelte dagli sceneggiatori). Le sorprese in Avengers Endgame sono legate soprattutto ai personaggi, che in molti casi riescono incredibilmente a risultare freschi e interessanti nonostante ci accompagnino da diversi anni. Ognuno ha la propria occasione per brillare e, al netto di qualche momento eccessivamente politically correct, anche personaggi in passato non sempre interessantissimi diventano padroni della scena: è il caso di un clamoroso e irriconoscibile Thor, di un inusuale Hulk e di una Vedova Nera che nello stress post-traumatico finalmente permette a Scarlett Johansson di fare sfoggio del suo straordinario talento di attrice drammatica. Iron Man e Cap dal canto loro ovviamente non deludono – ma questo non stupirà nessuno.
Con una serie si soluzioni completamente inaspettate, lo script evita sapientemente il già visto, e nonostante il contesto narrativo decisamente drammatico, non risulta mai pesante – anzi. Ancor più, Endgame è costruito sulla consapevolezza. Nelle sue tre ore di durata – che sono così ben montate da non stancare mai – è un’esperienza catartica nella quale ritrovare in qualche modo tutte le avventure che il pubblico ha amato negli anni e dove superarle con una conclusione in grandissima scala, straordinariamente spettacolare ma forte di un diffuso senso di ‘umanità’.
IL DOLORE PER IL PASSATO E LA PAURA DI FALLIRE E SOFFRIRE DI NUOVO
Se non possiamo né vogliamo dirvi alcun dettaglio sulla trama, possiamo però commentare quali sono i temi universali della sceneggiatura, e in che modo questa li utilizza per costruire tensione emotiva e arricchire e nobilitare con un ottimo trattamento dei personaggi quella che altrimenti avrebbe rischiato di essere solo una sfavillante baracconata dai grandi effetti speciali.
Fermo restando che certi film nascono per le famiglie, e che quindi non possono scavare troppo a fondo nel dolore per non turbare il pubblico più giovane, va detto che gli sceneggiatori hanno saputo far leva sulle giuste leve per far risuonare negli spettatori più adulti le corde delle esperienze già vissute. Nella prima parte del film è vibrante lo smarrimento dei sopravvissuti a quel celebre schiocco di dita, tanto che sarà impossibile non pensare alla bellissima serie The Leftovers (concettualmente molto simile). Nel prosieguo prevale invece la sperante determinazione di chi vuole a tutti i costi migliorare l’universo che lo circonda. Il momento più toccante però – anche più del finale – sarà quello della transizione dal dolore all’azione: lì, quando i protagonisti intravedranno una possibilità di cambiare le cose e saranno atterriti dalla paura di soffrire di nuovo davanti alle speranze infrante, emergerà una fragilità raramente vista nei supereroi.
Dopo un decennio a raccontare di divinità quasi onnipotenti, geniali miliardari robotizzati e supersoldati ‘trapiantati’ nel futuro, i Marvel Studios regalano una riflessione sulla quintessenza dell’eroismo, accompagnando la più ardita delle missioni alla più evidente vulnerabilità.
L’ACME DI UN’IDEA DI CINECOMIC PER TUTTI CHE HA RISCOSSO 11 ANNI DI CONTINUO SUCCESSO
Avengers Endgame è una riflessione sul Marvel Cinematic Universe e rappresenta l’apice di quella che è la più importante saga nella relativamente giovane storia dei cinecomic; pertanto non possiamo esimerci dal fare un bilancio su questa importante fase di cambiamento del cinema popolare.
Il matrimonio tra cinema e fumetti non è certo una novità siglata Marvel Studios, ma è proprio alla Disney che si deve l’approccio giusto al momento giusto: prendendo l’ottimismo del Superman di Donner, la tridimensionalità del Batman di Nolan e la coralità degli X-Men di Singer, la Disney ha proposto un perfetto mix di epica, atmosfere mai troppo cupe, spettacolarità, ironia e buoni sentimenti che – complice una visione lungimirante e una grandissima attenzione al dettaglio – ha plasmato un paradigma di intrattenimento per tutti. Una formula vincente che ha trovato terreno fertile nelle nuove possibilità del digitale, nello sdoganamento della nerd culture e nel bisogno di leggerezza ed eroismo di un Occidente che si rialzava dagli oscuri anni post 11 settembre.
Endgame è proprio il trionfo di questa speciale amalgama, che negli anni Gunn, Wright e Waititi hanno trascinato verso la commedia e Anthony e Joe Russo verso l’epica su grande scala. Un successo di critica e botteghino pressoché costante, costruito sui crossover e sulle diramazioni narrative orizzontali, che ha contraddistinto l’ascesa alla presidenza dei Marvel Studios da parte di Kevin Feige e che in una fase iniziale è stato profondamene debitore anche verso il talento di Joss Whedon. Un fortunato esperimento su cui Endgame a suo modo riflette, riproponendone con intelligenza le mille sfaccettature senza però cadere nel classico percorso dell’eroe vogleriano – visto e rivisto troppo spesso nei precedenti 21 film.
In conclusione Avengers Endgame è destinato ad essere insieme a Infinity War il ritratto di un periodo storico nel quale i blockbuster si sono standardizzati – diventando fin troppo somiglianti tra loro, frequenti e ripetitivi – ma nel quale hanno anche raggiunto un’ambizione narrativa e dei livelli qualitativi capaci di trasformare quelle che una volta erano sono storie per bambini (o bambini troppo cresciuti) in qualcosa che sentiamo profondamente connaturato nel nostro zeitgeist. Ormai quello dei cinecomic è un genere a sé, e nella contemporaneità l’idea di cinema di genere non è più sminuita da quella accezione deteriore cui era collegata una volta. Endgame è un’opera che nonostante la grande scala non si prende troppo sul serio; un lavoro dichiaratamente pop che però parla di quello che siamo e che riflette il nostro presente, e tanto basta a farne una pietra miliare del cinema della nostra epoca.