Diretto da Nabi Gholizadeh, Ako è uno dei quattordici lungometraggi internazionali presentati in concorso al Lucca Film Festival e Europa Cinema 2019. La pellicola iraniana, uscita in patria nel 2018, mostra al pubblico uno sguardo suggestivo sul bazar di Teheran, vero e proprio simbolo della metropoli mediorientale.
UN RAGAZZO ENTRA NEL MONDO DEL BAZAR DI TEHERAN
Il film narra la storia di un giovane facchino che si affaccia per la prima volta al mondo del lavoro nel grande bazar di Teheran, entrando lentamente in contatto con la realtà giornaliera di questo particolare ecosistema. Inizialmente Ako si presenta come una pellicola di formazione ma poi vira bruscamente verso una riflessione sul valore morale, senza però svilupparla in modo approfondito o esplicito. Uno sgradevole incidente costringe il giovane protagonista a confrontarsi non solo con la spietata durezza del contesto lavorativo ma con la sua stessa coscienza: da una parte infatti vorrebbe assecondare il proprio slancio generoso verso il prossimo ma, allo stesso tempo, deve combattere con le scadenze temporali delle sue consegne e con il loro ritmo martellante. I conflitti con la concorrenza sono all’ordine del giorno e sono tenuti a bada solo da un rigido codice comportamentale a cui i facchini aderiscono volontariamente, leggi non scritte di quartiere che tutti riconoscono. Allo stesso tempo non mancano le ostilità tra i membri di classi sociali differenti: i ricchi snobbano i poveri, i quali a loro volta, sotto una patina di compassato rispetto, ne disprezzano gli atteggiamenti.
UNA DOCU-FICTION CHE NON ESALTA LA MAGNIFICA LOCATION
Dal punto di vista della sceneggiatura Ako pecca leggermente di ripetitività presentando più di una volta concetti e situazioni similari, lasciando alle immagini il compito di esprimere il conflitto interiore del protagonista (elemento centrale attorno a cui viene costruita la storia). I significati e i messaggi che il lungometraggio vorrebbe trasmettere sono tanti; tuttavia nessuno di questi emerge in maniera rilevante creando un ibrido tra documentario sociale, storia di formazione e narrazione etica. Il racconto si dipana nel bazar della capitale iraniana, non solo il luogo dove si sviluppano gli eventi ma una componente fondamentale della pellicola a tutti gli effetti: il bazar è un vero e proprio personaggio del film, in grado quasi di “interagire” con il protagonista. I facchini, la categoria a cui appartiene il ragazzo, vengono presentati come una parte essenziale della vita organica del bazar, nonostante la loro dimensione privata venga poco considerata dall’opera; questa scelta narrativa, che in linea teorica dovrebbe suggerire la volontà di raccontare l’ecosistema del mercato, in realtà penalizza il lavoro di Gholizadeh rendendolo piatto in alcuni frangenti.
Ako prova ad offrire allo spettatore uno sguardo obiettivo e il più possibile distaccato; nonostante ciò, il film non riesce realmente a disegnare un affresco di ampio respiro sull’affascinante microcosmo che mette in scena.