Nostalgici della Croisette? Festival Scope viene in soccorso di tutti i cinefili del mondo portando comodamente nelle vostre case alcuni cortometraggi della Semaine de la Critique dall’ultimo Festival di Cannes. Ancora per pochi giorni quindi sarà possibile godersi una variegata selezione di lavori.
Tuesday from 8 to 6 (Mardi de 8 à 18)
un cortometraggio di Cecilia de Arce – Névine lavora in una scuola media come sorvegliante. Le mansioni sono numerose, dall’aprire e chiudere i cancelli a sbrigare vari lavoretti amministrativi. Nel mezzo ci sono anche svariate relazioni interpersonali con docenti e alunni. Sembra un lavoro ingrato – e a tratti lo è – ma Névine svolge ogni compito con passione e impegno. Tra tutti gli studenti della scuola ce n’è uno, Logan, che la giovane ha preso particolarmente a cuore ma che per tutti non è altro che una specie di teppista problematico. Microcosmo con le sue regole e comportamenti, la scuola sembra tirare fuori il peggio dagli adulti, costretti in un ruolo di educatori che spesso si traduce in pugno di ferro e giustizia sommaria. De Arce ci invita a vivere otto ore all’interno del perimetro scolastico soffermandosi sul lato umano di Névine così spiccatamente in contrasto col comportamento di tutti i suoi colleghi. Se insegnanti e sorveglianti non possono fare a meno di ricorrere ad alzare la voce per riportare i ragazzini all’ordine, questi, di conseguenza, non possono non fare ciò che più gli è consono: ribellarsi alla catena di comando con schiamazzi e piccole rappresaglie. Non presentando un punto di vista particolarmente innovativo, Tuesday from 8 to 6 è tutto sommato un corto piacevole che indaga un ambiente che la maggior parte di noi si è ormai lasciato alle spalle da anni.
Journey Through a Body
un cortometraggio di Camille Degeye – Un altro corto girato in 16mm che offre una patina nostalgica e granulosa per un ritratto di un musicista costretto tra le mura del suo appartamente parigino a causa di un piede rotto. Nei primi minuti facciamo la conoscenza di Thomas tra un taglio di capelli sommario e la preparazione di un cocktail. Prima di sentire le prime battute di dialogo, Journey Through a Body si sviluppa lento e meticoloso seguendo i gesti del giovane. La sensazione di essere casuali osservatori che irrompono nell’intimità della vita dell’artista si impossessa dello spettatore mentre la macchina da presa si fa vero e proprio occhio non solo nostro ma della regista stessa. A presentarsi come una sorta di spartiacque è una sequenza musicale, un vero e proprio momento di afflato artistico che investe Thomas e inietta linfa vitale nella narrazione. Nella seconda parte è una visita inaspettata a diventare protagonista del corto modificandone profondamente i ritmi. A suonare alla porta è una funzionaria della RSA (un servizio francese che eroga aiuti finanziari a disoccupati in attesa di rientrare a lavoro) pronta a discutere la situazione finanziaria di Thomas. Da cortometraggio contemplativo, perfettamente assuefatto ai ritmi di una vita solitaria all’interno di un piccolo appartamento a coacervo di ansia e frustrazione, Degeye confeziona un prodotto solido e d’impatto.
Naptha
un cortometraggio di Moin Hussain – Faraz vive con il padre nella casa a fianco di una stazione di benzina sperduta nella campagna della Cornovaglia. La vita scorre piuttosto lenta in una continua ripetizione di gesti. A un tratto, qualcosa però sembra cambiare. Di notte, il padre di Faraz esce di casa e, sotto la luce fredda dei neon che illuminano le pompe di benzina, guarda nel vuoto e parla una lingua che sembrava dimenticata mentre formula il desiderio di ritornare a casa. In un primo momento incapace di capire se stia assistendo a un sogno o alla realtà, Faraz non dà alla cosa molto peso ma il padre comincia a farsi sempre più strano e sfuggente. Avventurandosi nei confini dello sci-fi, Hussain lega il racconto del rapporto padre-figlio con il viaggio nella memoria e il ritorno al luogo d’origine, qua visto come un posto lontano, quasi extraterrestre. Procedendo a tentoni verso un finale se non inaspettato quantomeno curioso, Naptha fatica sia a convincere che a connettersi davvero con lo spettatore.
Please Speak Continuously and Describe Your Experiences as They Come to You
un cortometraggio di Brandon Cronenberg – A cavallo tra Inception e Maniac, Please Speak Continuously si presenta come un banco di prova per qualcosa di più vasto e articolato. Ultimo lavoro di Brandon Cronenberg, figlio del cineasta di culto David, il corto si concentra su Emily, paziente di un struttura psichiatrica a cui hanno impiantato un prototipo che le permette di rivivere i sogni a occhi aperti se soggetta a determinati stimoli. Durante una sessione, uno psichiatra le farà rivivere tre sogni, due dei quali si situano al confine tra fantasia e realtà. L’ultimo, in particolare, è un meta-sogno in cui Emily sembra acquistare inquietantemente coscienza della sua condizione di reclusa e cavia umana. Sviluppandosi in soli 9 minuti, è difficile attribuire a Please Speak Continuously più valore di un semplice studio per un progetto futuro specie quando il corpo principale della narrazione si dispiega in modo così didascalico. Non per questo però si può parlare di un prodotto totalmente senza qualità, ma in così poco metraggio il corto rischia di essere fin troppo poco memorabile.
Lucía en el limbo
un cortometraggio di Valentina Maurel – Ci sono film che sembrano presentare un ritratto di liberazione sessuale femminile e altri che invece ricadono perfettamente all’interno di certi dettami che la società ci impone e che forse non tutte riusciamo a vedere. Se a prima vista Lucía en el limbo può sembrare una storia piuttosto innocua sulla scoperta della sessualità da parte di un’adolescente di sedici anni, allo stesso tempo è anche un corto rigidamente costretto dalla scatola in cui il desiderio femminile è stato per lungo tempo costretto. Unica ragazza della sua classe a essere ancora vergine, Lucia fa di tutto per fare sesso per la prima volta. Prima cerca di combinare con il nuovo studente della sua scuola che sembra avere una cotta per lei poi, dopo avergli rivelato di avere i pidocchi e aver mandato a monte la serata, pensa di poter adescare un uomo che già aveva incontrato su un bus e che si era masturbato dopo essersi strusciato a lei. Se già la scena in cui un perfetto sconosciuto si infila le mani nei pantaloni mentre guarda di sottecchi una ragazza su un autobus riducendo la donna a puro oggetto sessuale non fosse abbastanza inutile e sbagliata (a meno che non presenti una ferma denuncia a un comportamento così disgustoso), Maurel rincara la dose in uno squallido bagno di un bar. Qua, dopo aver rincorso l’uomo, Lucia gli fa capire di essere disposta ad avere un rapporto sessuale con lui. L’uomo allora le dice di sedersi su un wc e non muovere un muscolo così che lui possa masturbarsi nel vano tentativo di avere un’erezione prima di compiere il suo dovere di maschio alpha. Tristemente, i suoi genitali lo lasciano a secco e si vede costretto a battere in ritirata lasciando la giovane insoddisfatta a rivestirsi. Benché sconfitto nell’orgoglio l’uomo non si dimentica di lasciarle dei soldi sul lavandino così da far passare Lucia come una vera e propria prostituta. Alla fine dei conti sfugge se l’intento del corto sia in qualche modo spiritoso come la soddisfazione nel liberarsi finalmente dei pidocchi alla fine fa sospettare, o se sia solamente opera di una regista troppo ingenua.