Il 15 marzo era arrivata su Netflix Love, Death + Robots, antologia animata Netflix firmata da Tim Miller e prodotta da David Fincher. Una serie che gioca con l’estetica del frammento riletta nel format di brevi e brevissimi corti animati, slegati gli uni dagli altri ma riuniti nella topica plurisecolare di Eros e Thanatos (Love and Death), dove però il primo sembra uscir totalmente vinto, schiacciato dal peso insostenibile della Morte.
CYBERPUNK E NON SOLO: NEL FUTURO FANTASCIENTIFICO L’AMORE È UN ATTO DI RIBELLIONE
L’idea di proporre tematiche tanto universali in un contesto post-umano riporta alla mente le provocazioni avanzate nel 1977 da Roland Barthes, che in Frammenti di un Discorso Amoroso sottolineava come dopo la rivoluzione sessuale fosse stato l’amore a diventare “osceno”, messo a margine da una società in cui non si lasciava spazio alla sentimentalità ma solo ad un’esposizione continua e martellante al sesso.
In modo analogo a quanto sostenuto da Barthes, nell’immaginario cyberpunk o fantascientifico l’amore sembra qualcosa che non ha diritto di esistere; quasi un atto rivoluzionario. Nelle città in continua evoluzione, nelle cronache della trasformazione dei corpi o nelle galassie lontane, troviamo spesso storie in cui condivisione e passione vitalistica lasciano il posto alla brutalità e alla vendetta, mentre la pulsione sessuale tende facilmente a esplodere in violenza. Il futuro narrativo guarda al presente attraverso una lente estrema e peggiorativa, che però ha le sue fondamenta in germi quantomai attuali; gli stessi che il semiologo francese aveva ravvisato in nuce sul finire degli anni ’70.
L’AMORE ‘VERO’ TRA INTELLIGENZE, CORPI E MACCHINE
«Ora Milton è fuori gioco e domani è il 14 febbraio, San Valentino. È anche il giorno in cui arriverà Charity, con le sue manine fresche e la sua dolce voce. Le insegnerò come farmi funzionare e come prendersi cura di me. Che importanza può avere l’aspetto quando due personalità sono in risonanza? Mi chiamo Joe le dirò. E tu sei il mio vero amore». Con queste parole Isaac Asimov concludeva uno dei suoi più bei racconti contenuti nella raccolta Tutti i Miei Robot: il breve testo dal titolo Vero Amore, pubblicato sulla rivista American Way proprio nel 1977.
Il padre della robotica letteraria giocava con il lettore portandolo a riflettere sui sentimenti e sul senso dell’aggettivo “vero” dal punto di vista di un software semi-senziente. Un concept che ci ricorda da vicino Her di Spike Jonze, nel quale il regista tornava a una love story sci-fi dopo il corto I’m Here raccontando un sistema operativo capace di un amore ‘post-umano’, ma anche una suggestione che abbiamo ritrovato tante altre volte nella narrativa cinematografica – possiamo citare per tutti gli illustrissimi esempi della storia d’amore tra Rick Deckard e la perturbante replicante Rachel di Blade Runner o dell’eccitante ménage “à trois” olografico e completamente post-umano di Blade Runner 2049.
L’AMORE POST-UMANO: UNA QUESTIONE DI CONTROLLO
Come dimostrano tutti i suddetti titoli, la vera sfida nel raccontare l’amore e il sesso tra uomo e ‘macchina’, paradossalmente, non sta tanto nel colmare la distanza tra umano e non umano, quanto nel cogliere lo squilibrio di potere e controllo che è in essi connaturato. Se da un punto di vista meramente estetico l’ostacolo sembra già oggi poter essere facilmente aggirato – tant’è che la robotica del sesso è un settore all’avanguardia, mentre gli androidi si avvicinano a grandi passi al superamento della uncanny valley – da un punto di vista etico e in previsione dell’inevitabile sviluppo delle intelligenze artificiali la situazione si fa più spinosa: in quanto fruitori ma allo stesso tempo creatori di queste macchine e sistemi operativi, siamo obbligati a porci diverse domande, soprattutto sui rapporti di forza che si potrebbero stabilire tra l’uomo e le sue “creature” e nella necessità di imporre a noi stessi vincoli e confini.
CYBERPUNK E FANTASCIENZA COME STRUMENTI DELLA RIFLESSIONE PROGRESSISTA
È proprio a tale proposito che torniamo alla sopracitata Love, Death + Robots, che proietta il futuro sul presente e integra la riflessione sull’amore post-umano con tematiche sul moderno squilibrio di genere. Nella produzione Netflix infatti sono le donne ad essere protagoniste per eccellenza. Vittime o vendicatrici, le donne di questi futuri possibili sono sempre ben lontane dalle eroine del romanzo d’amore tradizionale; un’unione tra pulsione identitaria e corpi (umani, robotici o mutanti) che ritrova nella propria natura extra-ordinaria una forza per scardinare lo status quo.
Recuperando le riflessioni di Donna Haraway e del suo Manifesto Cyborg del 1985, il cyborg – unione straordinaria di organico e inorganico, di carne, ossa e metallo – sfugge alle “regole” follocentriche della nostra società e scompiglia il genere dal di dentro, con infinite potenzialità rivoluzionarie. Come scriveva la filosofa: «l’arto ricresciuto può essere mostruoso, doppio, potente. Siamo stati tutti feriti, in profondità. Abbiamo bisogno di rigenerazione, non di rinascita, e le possibilità della nostra ricostituzione includono il sogno utopico della speranza in un mondo mostruoso senza il genere».
In un’epoca in cui – non senza strumentalizzazioni – il dibattito sulla parità di genere e sulla rivendicazione dei diritti femminili è di stringente attualità, l’immaginario fantascientifico torna prepotentemente alla ribalta come strumento per sovrapporre l’universale e il particolare, per parlare del domani guardando all’oggi. In poche parole, prima che la questione del disequilibrio tra uomini e donne, della concezione malata di controllo e del diritto di autodeterminazione diventasse apertamente attuale, molte piccole e grandi storie della narrativa cyberpunk e fantascientifica avevano già sollevato il problema con grande immaginazione e senza alcuna retorica o tabù. La controcultura progressista arriva sempre prima dei cambiamenti culturali, e le storie di androidi e amori ‘proibiti’ sono tra i canali più naturali per riflettere sulla libertà delle molte forme di amore e sessualità, al di fuori di ogni logica conservatrice.