Dopo aver deliziato il mondo con il bellissimo Alabama Monroe, lungometraggio candidato agli Oscar nel 2014 come Miglior Film Straniero, Felix Van Groeningen tenta l’avventura hollywoodiana: presentato lo scorso anno al Toronto Film Festival e in anteprima italiana alla 13. Festa del Cinema di Roma, arriva nelle sale italiane il 13 giugno distribuito da 01 Distribution Beautiful Boy. L’ultimo lavoro del regista belga, ispirato ad una storia vera, vede nel cast una coppia di attori di grande talento: stiamo parlando dei due candidati al premio Oscar Steve Carell (Foxcatcher, 40 Anni Vergine, Last Flag Flying), sempre più a suo agio in ruoli drammatici, e Timothée Chalamet (Chiamami Col Tuo Nome, Lady Bird), uno degli interpreti emergenti più in vista del cinema americano.
IL RAPPORTO COMPLICATO TRA UN PADRE E IL FIGLIO TOSSICODIPENDENTE
La pellicola racconta le vicissitudini di David Sheff (Steve Carell), un giornalista di successo che si trova a dover affrontare la tossicodipendenza del figlio adolescente Nicolas (Timothée Chalamet); nonostante la vulnerabilità di Nicolas, entrato in un pericoloso circolo vizioso autodistruttivo, David lo sostiene amorevolmente nei momenti più difficili, anche mettendo in gioco se stesso.
UN FILM POCO CORAGGIOSO CHE LANCIA UN MESSAGGIO POSITIVO
Ispirato ai libri autobiografici di David e Nic Sheff, Beautiful Boy è un family drama che affronta il tema quanto mai attuale della tossicodipendenza giovanile, una piaga che colpisce non solo gli Stati Uniti ma anche il resto del mondo. Van Groeningen, a due anni di distanza dal misconosciuto Belgica, utilizza una regia asciutta e sobria per dare maggior risalto alla storia della famiglia Sheff: il cineasta belga ci accompagna nell’odissea di Nic in un crescendo coinvolgente che regala, grazie alla forza dell’amore paterno di David Sheff, un messaggio di speranza.
L’interpretazione dei due attori protagonisti, aiutata anche da un supporting cast di livello (spiccano per bravura Amy Ryan e il premio Emmy Maura Tierney), è sicuramente l’elemento di spicco di Beautiful Boy: Timothée Chalamet (che per questo ruolo ha ottenuto la candidatura ai Golden Globe di quest’anno) ma soprattutto un fenomenale Steve Carell ci mostrano in maniera efficace le conseguenze nefaste, sia dal punto di vista di un genitore che dalla prospettiva di un figlio, del consumo di droga, capace di distruggere irreversibilmente intere famiglie.
Nonostante ciò, la pellicola non ha il coraggio sufficiente nel mettere in scena realisticamente il decadimento, soprattutto fisico, del personaggio di Chalamet; probabilmente frenato dall’obiettivo di raggiungere un pubblico più vasto (anche prevedendo, a torto, di vincere qualche premio importante) Beautiful Boy offre una rappresentazione eccessivamente patinata delle sofferenze patite da Nic Sheff, togliendo al film quella credibilità necessaria che avrebbe amplificato maggiormente l’intento didattico del lungometraggio.
Felix Van Groeningen si conferma un regista che si trova a proprio agio con il melodramma, anche se il suo ultimo lavoro non ha la stessa potenza visiva ed emotiva di Alabama Monroe; al netto di un approccio troppo convenzionale e poco audace, Beautiful Boy rimane comunque un’opera meritevole di visione perché presenta la tossicodipendenza, in controtendenza rispetto ad un certo modo di fare cinema e televisione, per quello che è, un tunnel oscuro da cui è difficilissimo uscire.