Elemento fondamentale per ogni festival internazionale che si rispetti sono i cortometraggi: la loro presenza rappresenta l’anello di congiunzione fra il grande cinema e quello indipendente, composto da mezzi e budget limitati ed una ricchezza d’idee tale da rinnovare il linguaggio cinematografico.
Dopo avervi presentato i corti della Semaine de la Critique, ci spostiamo sull’altra sezione indipendente e parallela del Festival di Cannes per proporvi i cortometraggi della Quinzaine des Réalisateurs, anch’essi disponibili in streaming gratuito su Festival Scope. Molto differenti fra loro nella durata e nello stile, hanno comunque un tratto comune, ossia un linguaggio surreale, figurativo ed affascinante, che a volte sfocia nell’esercizio di stile ma a volte è essenziale per la struttura narrativa.
Grand Bouquet
Il cinema asiatico è sempre presente all’interno di contesti quali Cannes, Berlino o Venezia, i quali (anche nella sezione corti) promuovono un numero sempre maggiore di donne alla regia. A tenere alta la bandiera delle autrici del lontano Est alla Quinzaine ci pensa Grand Bouquet, della regista Nao Yoshigai. Il mondo dell’assurdo anche questa volta riesce a farla da padrone, con una donna ed un’incombente e misteriosa entità nera che si fronteggiano in uno spazio vuoto. L’interazione tra i due evolve in modo inaspettato e a quel contesto grigio e opprimente la protagonista risponde ‘vomitando’ colori. Il confronto si fa più fisico, e tra ‘gabbie’ e fiori il discorso filmico si arricchisce di simboli di sibillina lettura. Forte di fotografia, montaggio ed effetti visivi eccellenti, Grand Bouquet punta – e non poco – ad inquietare come a stupire, alla stessa maniera del corto di Caballero (anche qui ci si avvicina molto al mondo delle installazioni delle gallerie d’arte contemporanea). Questo piccolo gioiello privo di dialoghi (almeno in senso proprio) riesce con efficacia a coinvolgere lo spettatore in una dialettica tra una forza lugubre e spersonificante e l’esplosione di emozioni che delinea l’animo umano.
Stay Awake, Be Ready
Il regista Phan Thien An con il suo Stay Awake, Be Ready ci porta nelle strade del Vietnam, con un mirabile corto in pianosequenza nel quale il suo sguardo ampio su uno scorcio di vita serale all’angolo di un incrocio racconta la vita nella sua banale imprevedibilità. Nel più insignificante dei contesti le chiacchiere degli avventori di un bar fanno da sottofondo all’alternarsi di eventi imprevisti, da un incidente motociclistico alla performance di un piccolo giocoliere fino a un infortunio nel quale rimane ferito uno dei comprimari e a un improvviso diluvio. Senza perdere mai di carattere, il lentissimo movimento di camera spazia tra i vari soggetti fino ad arrivare a un dettaglio particolarmente stretto che coincide con la fine di quella serata che racconta, in un esempio di cinema a bassissimo costo ma dal grande peso tecnico-artistico.
See Factory
L’ultimo dei titoli è See Factory, composizione di cinque corti da parte di altrettanti registi provenienti da paesi dalla Ex-Jugoslavia (Bosnia ed Erzegovina, Macedonia, Montenegro, Serbia, Slovenia) ognuno dei quali è affiancato da un regista di provenienza internazionale (dal Brasile alla Svizzera). In Your Hands di Maša Šarović e Sharon Engelhart, The Package di Dušan Kasalica e Teodora Ana Mihai, The Right One di Urška Djukić e Gabriel Tzafka, Spit di Neven Samardžić e Carolina Markowicz e The Sign di Eleonora Veninova e Yona Rozenker sono tutte storie firmate a quattro mani e dai torni dolci-amari, dalle quali in qualche modo traspare in filigrana la malinconia che caratterizza i Balcani di oggi. A fare da filo conduttore ai cortometraggi, che pur regalano qualche momento di ironia, vi è il tema della famiglia e più in generale dei rapporti che ci legano, così intricati e così suscettibili a ogni cambiamento dall’esterno o dall’interno. The Factory è un progetto si sviluppa già da alcuni anni, e ha appunto il fine di permettere a giovani talenti sparsi per il mondo di far emergere le proprie capacità.