Le note della canzone Bad Lieutenant ancora risuonano nelle orecchie di chi è stato in sala a vedere Alive In France, ultima fatica di Abel Ferrara recentemente approdata in sala con Mariposa. In quello strano documentario intriso di musica e quotidianità infatti ritroviamo il grande regista italoamericano a esibirsi oltralpe insieme ai musicisti con cui collabora da sempre, Paul Hipp e Joe Delia, mentre in veste di musicista ripercorre le molte canzoni che ha composto e registrato a supporto della sua prolifica carriera da cineasta. Tra esse proprio la suddetta Bad Lieutenant, che ricopre un ruolo di primissimo piano nella carriera di Ferrara perché dalle sue liriche viene l’ispirazione per Il Cattivo Tenente, una delle più importanti pellicole mai firmate dall’autore.
IL CATTIVO TENENTE E LA SUA CONTROVERSA PARABOLA
Il Cattivo Tenente, uscito nel 1992 e negli anni diventato un vero cult, ora arriva in edizione limitata blu-ray Raro Video e CG Entertainment e non c’è momento migliore per riscoprire uno dei registi più provocatori e anticonformisti di Hollywood, approfittando del nuovo master HD arricchito da oltre mezz’ora di documentario/making of e da un booklet di ben 16 pagine.
Il Cattivo Tenente è costruito intorno al title character interpretato da un memorabile Harvey Keitel (ma inizialmente doveva essere Christopher Walken) e sembra raccogliere tutte le tematiche care al regista, dalla corruzione alla volontà di riscatto, dalla perdizione a una blasfema ricerca del sacro. La storia si snoda nella New York più malfamata, quella infestata di corruzione, droga, stupri, rapine e omicidi che solo due anni più tardi sarebbe stata stravolta dalla ‘tolleranza zero’ di Rudolph Giuliani, e segue le vicende di un poliziotto vittima di una spirale di autodistruzione e di una suora vittima di stupro.
UNO DEI 10 FILM PIÙ IMPORTANTI DEGLI ANNI ’90
Immerso in atmosfere cupe come la pece e spregiudicatamente provocatorio come lo sa essere solo il cinema di un autore che ha esordito con un porno (9 Lives of a Wet Pussy) e poi un delirio sanguinolento su un serial killer (The Driller Killer), questo neo-noir sui generis pesca a piene mani dal cinema del primo Martin Scorsese e proprio da Scorsese è stato definito come «uno dei 10 film più importanti degli anni ’90».
Come accennavamo, è l’omonima canzone ad ispirare lo script iniziale, tanto scarno da dare poi adito a numerose rivendicazioni sulla sua paternità. Se infatti le firme ufficiali sono di Ferrara e dell’attrice Zoë Lund (che nel film interpreta una tossica e che era già stata protagonista per Ferrara in L’Angelo della Vendetta), a detta della Lund il regista ha scritto poco o niente della sceneggiatura. Alcuni sostengono addirittura che il copione sia prevalentemente farina del sacco dell’allora compagno della Lund, Edouard de Laurot, ma nonostante le presunte prove a riguardo non è mai stata condotta alcuna azione legale. Quello che sappiamo per certo è che l’assenza di Nicholas St. John, sceneggiatore braccio destro di Ferrara, è dovuta alla volontà dello stesso di non misurarsi con vicende a suo dire troppo controverse, mentre la vicenda dello stupro della suora è ispirata a un vero fatto di cronaca, quello raccontato dal poliziotto Bo Dietl nella sua autobiografia One Tough Cop.
SECONDO ABEL FERRARA «I VAMPIRI SONO FORTUNATI»
Una rabbiosa ossessione per la redenzione cristiana – poi più volte tornata nella filmografia di Abel Ferrara – è l’altra faccia della medaglia di un periodo di particolare smarrimento del regista, che proprio in quegli anni era per sua stessa ammissione completamente preda delle dipendenze. L’assenza di punti di riferimento stabili dell’autore la ritroviamo nei suoi personaggi, sempre solitari, nichilisti, contraddittori e ‘maledetti’, mentre il celeberrimo monologo sui vampiri – incredibilmente scritto due minuti prima che fosse girata la scena – rappresenta tutt’oggi uno dei momenti più memorabili del cinema di quegli anni.
Con il suo gusto forse anche gratuito per la provocazione, la sua poetica di vite allo sbando e il suo mix di violenza, sesso, droga e immoralità, Il Cattivo Tenente incarna un’idea di cinema di rara potenza e vitalità che negli anni successivi difficilmente avrebbe trovato posto sul grande schermo e che è la stessa che ha fatto di Abel Ferrara forse l’autore più scomodo e ribelle di Hollywood.
«I vampiri sono fortunati, si nutrono degli esseri che trovano. Noi invece divoriamo noi stessi. Dobbiamo mangiare le nostre gambe per trovare la forza di camminare. Dobbiamo arrivare per poter andar via. Dobbiamo succhiarci fino in fondo. Dobbiamo divorarci da soli finché non ci resta nient’altro che la fame. Noi diamo, diamo e diamo come pazzi, non credo che tutto questo abbia senso, non significa niente…»