In The Mist di Stephen King era “la nebbia”, in The Society è “la puzza”. Nella nuova serie originale prodotta da Netflix una piccola cittadina borghese del New England viene invasa da un forte odore acre del quale non si conosce la provenienza. Questo strano (e molesto) fenomeno spinge gli adulti della città a ragionare su come risolvere il problema il prima possibile, senza curarsi particolarmente di quale sia l’origine di esso.
Durante l’incipit sembra che The Society non possa fare altro che essere un prodotto derivativo rispetto al libro di King, ovvero una serie su come delle persone reali si trovino costrette a difendersi in una situazione straordinaria. Come se da questa “puzza” dovesse partire una trama fantascientifica; eppure, per quanto mediocre sia la serie creata da Christopher Keyser, essa racconta comunque una storia piuttosto interessante.
CON THE SOCIETY NETFLIX PROPONE UNA VERSIONE EDULCORATA DE IL SIGNORE DELLE MOSCHE
Un giorno gli studenti del liceo di West Ham, la cittadina fittizia dove è ambientata The Society, tornano da una gita scolastica e si trovano di fronte ad uno scenario incredibile: sono scomparsi tutti gli adulti della città; i loro genitori, gli insegnanti e i maggiorenni in generale sono scomparsi. I circa duecento adolescenti rimasti si fanno inizialmente prendere dalla frenesia cercando di uscire da West Ham attraverso la foresta, solo per scoprire che quell’ambiente è apparentemente letale e non permette l’esplorazione. I Leftovers, citando il nome della serie di Lindelof, devono leccarsi le ferite in fretta poiché c’è una società da riorganizzare, una gerarchia di potere da ricostruire e delle mansioni da assegnare ad ognuno.
Il richiamo a Il Signore delle Mosche di William Golding è evidente. The Society però non ha come protagonista uno sparuto gruppetto in un’isola deserta bensì una comunità gigantesca (200 adolescenti che fra loro sono divisi in gruppetti, come in tutte le classi di tutti i licei del mondo) che si trova nel proprio “habitat”, nella città dove è cresciuta. Numeri alla mano, la sparizione degli adulti avrebbe potuto generare una vera e propria guerra civile, soprattutto perché nelle case degli adolescenti sono presenti tanto delle armi da fuoco quanto delle normali “armi bianche” come le mazze da baseball o dei coltelli.
Eppure la serie Netflix sceglie la strada più facile, optando per un prodotto che è a tutti gli effetti una versione edulcorata e censurata del capolavoro di Golding. The Society accoglie ogni tipo di svolta narrativa semplicistica e che non può causare guai o problemi. Ciò succede perché gli adolescenti vengono messi sempre nella migliore situazione possibile per sopravvivere: spariscono gli adulti ma non ci sono bambini (cui sarebbe stato impegnativo badare), le provviste sono in numero altissimo (nella serie c’è un salto temporale di 7 mesi e ancora la città è incredibilmente piena di cibo), nelle case degli adolescenti non mancano acqua corrente, gas o luce e sembra essere illimitata persino la benzina nei distributori. In The Society non vengono mai raccontati i problemi pratici che sono figli di una situazione simile, come per esempio quello dei rifiuti e dell’immondizia: dove finiscono? Dove vengono accumulati? Come è possibile che non si guasti nulla? o ancora, perché gli adolescenti non si chiedono come mai fili tutto liscio? Farà pur parte della finzione narrativa, ma penalizza di molto la credibilità dell’insieme. Christopher Keyser non si cura di raccontare questi problemi o le loro eventuali soluzioni, e il fulcro della serie Netflix finisce per essere nel puro teen drama, nel quale lo show eccelle.
THE SOCIETY RACCONTA SPLENDIDAMENTE I DRAMMI ADOLESCENZIALI
In Baby, una delle ultime produzioni Netflix, il colosso di streaming americano raccontava i rapporti tra adolescenti attraverso i social, i telefoni e una certa voglia di apparire. Giustamente negli ultimi anni le relazioni fra i giovani sono state spesso analizzate, sul grande e piccolo schermo, dal punto di vista tecnologico e di come i nuovi modi di comunicare stiano influenzando la popolazione.
In The Society invece i telefoni non sono presenti: internet non funziona, i social non esistono. Gli adolescenti si incontrano in giro, spostandosi da una casa all’altra. Alcuni di loro vanno persino a convivere come una coppia adulta, godendo dei vantaggi e dei difetti di una libertà pressoché illimitata.
Alla fine Christopher Keyser sembra essere interessato molto più agli amori e ai drammi degli adolescenti piuttosto che alla ricostruzione di una società in grado di sopravvivere a lungo termine. Questo The Society lo racconta molto bene, in modo verosimile e interessante. Anzi, i drammi adolescenziali sono il motivo per cui lasciamo che l’auto-play di Netflix faccia il suo lavoro.
The Society si presta al binge-watching non per la sua capacità di appassionare, ma per il suo essere sostanzialmente ‘leggera’. Nel prodotto Netflix i protagonisti stanno bene, sono bellissimi e hanno tutti i comfort possibili. Vivono quasi in una utopia, una arcadia nella quale sono liberi di fare quello che vogliono, seppure entro i confini di una piccola cittadina. Non abbiamo mai la sensazione che essi si sentano come animali in gabbia. Per questo è in fin dei conti The Society è una serie che si lascia guardare, soprattutto se passate sopra ai difetti che ci sono nel racconto della sopravvivenza degli adolescenti.