Ad un anno di distanza dall’uscita negli Stati Uniti arriva nelle sale italiane il 1° agosto, distribuito da 01 Distribution, Hotel Artemis, lungometraggio d’esordio dello sceneggiatore britannico Drew Pearce (Iron Man 3, Fast & Furious – Hobbs And Shaw, Mission: Impossible – Rogue Nation) con un cast che comprende nomi importanti come Jodie Foster, Jeff Goldblum, Dave Bautista e Sofia Boutella.
UN FUTURO DISTOPICO IN CUI ESISTE UN HOTEL FITTIZIO RISERVATO SOLO AI CRIMINALI
In una clinica medica riservata a soli criminali, mascherata da albergo, l’Infermiera (Jodie Foster), una donna che gestisce la struttura, e il suo assistente Everest (Dave Bautista) lavorano ogni notte per soccorrere i membri di questo esclusivo “club” gestito dal trafficante Niagara (Jeff Goldblum). Siamo nella Los Angeles del 2028, in un futuro dalla prevedibile incertezza sociale ed economica in cui il denaro vince su tutto portando il capitalismo alle conseguenze più estreme. L’acqua è stata privatizzata ed è gestita da persone senza scrupoli che, all’improvviso, decidono di chiudere i rubinetti, gettando la città nel caos.
Le strade si riempiono di manifestanti che innescano una rivolta sanguinosissima contro la polizia. Nel bel mezzo della sommossa quattro rapinatori, reduci da un fallito colpo in banca e feriti gravemente, chiedono aiuto al “pronto soccorso” dell’Infermiera, l’Hotel Artemis, nel cuore della città. Un luogo apparentemente fatiscente ma sicuro, dotato delle più innovative tecnologie dove si ritrovano delinquenti e faccendieri di tutto il mondo. Le lussuose suite, in stile art déco, portano il nome di iconici luoghi di villeggiatura che, nell’ospedale dei fuorilegge, diventano i nomi in codice dei pazienti. Nella notte degli scontri si incontrano nel finto albergo i fratelli rapinatori Waikiki (Sterling K. Brown) ed Honolulu (Brian Tyree Henry), la femme fatale Nizza (Sofia Boutella) e il faccendiere Acapulco (Charlie Day), ognuno custode di loschi segreti.
UNA PELLICOLA AMBIZIOSA PENALIZZATA DA UNO SCRIPT NON ALL’ALTEZZA
Ambizioso e particolarmente realistico, il film di Drew Pearce colpisce per la dovizia di particolari nella messa in scena del regista scozzese ma soprattutto per la scenografia curata da Ramsey Avery (Guardiani Della Galassia Vol. 2), valore aggiunto fondamentale di qualsiasi buon lungometraggio ambientato nel futuro. La distopia che Pearce vuole far percepire allo spettatore è tangibile ed appartiene ad un futuro tanto vicino che si può quasi toccare con mano. La medicina è affidata a robot capaci di gestire anche i casi più gravi, attraverso l’utilizzo di stampanti 3D di supporto, così come la sicurezza è affidata a microchip impiantati nei polsi. La ricostruzione dell’Hotel Artemis è molto credibile e riproduce la sensazione fumosa di un ambiente losco, aggiungendo alcuni tasselli visivi piacevolmente intriganti.
Il buon gusto estetico di Pearce purtroppo deve fare i conti con uno script (concepito dallo stesso regista) che non riesce a valorizzare né i protagonisti né la storia, andando poco a fondo nelle trame secondarie e lasciando la sensazione che manchino alcuni incastri narrativi necessari alla buona riuscita della pellicola. Jodie Foster e l’Infermiera rappresentano il caso emblematico di quando, a fronte di un’ottima idea, non corrisponde una realizzazione altrettanto valida: il personaggio nato dalla penna del regista e interpretato con grande entusiasmo dall’attrice due volte premio Oscar rappresenta uno dei punti di forza ma, allo stesso tempo, è anche uno dei limiti del film. Interessante e peculiare nel suo genere, l’Infermiera è una donna anziana ingobbita dalle batoste della vita ma capace di imporre il suo potere alla stregua di un criminale navigato. Purtroppo il passato della donna, che ama i vinili dei Mamas & Papas e ha qualche problema con l’ansia, emerge soltanto superficialmente, non approfondendo a sufficienza il suo background.
Anche i co-protagonisti non sfuggono allo stesso destino interpretando personaggi curiosi e sui generis senza però avere la possibilità di dare slancio alle loro performance, frenate dai malriusciti intrecci dello script. Dave Bautista mantiene intatta la sua ironia ma l’ex wrestler, pur essendo il braccio destro della protagonista, non riesce ad entrare in scena con i giusti tempi; l’ottimo Sterling K. Brown (vincitore del Golden Globe nel 2018 per la serie This Is Us) non è affatto valorizzato come dovrebbe e il suo personaggio risente più degli altri dei buchi della sceneggiatura perché, come nel caso dell’Infermiera ed Everest, anche il passato di Waikiki non è ben spiegato, sfiorato solo dalla presenza del fratello e della sua ex fiamma Nizza. Stesso discorso vale per l’affascinante Sofia Boutella, che si ritrova ad interpretare una donna carica di emozioni contrastanti che rimangono in superficie senza aggiungere lo spessore necessario alla sua caratterizzazione psicologica. Jeff Goldblum appare in una sequenza di pochi minuti, accompagnato da Zachary Quinto, ma entrambi sono talmente poco importanti a livello di trama da alimentare i sospetti riguardo ad una comparsata utile soltanto per aumentare i volti noti del cast, ben assortito ma ostacolato dalla debole struttura del film.
Hotel Artemis è il classico esempio di un lungometraggio riuscito a metà, con un soggetto originale ed un cast eccellente, fortemente penalizzato dal mancato sviluppo di tematiche profonde e pregnanti. La sinuosità e l’eleganza delle inquadrature purtroppo non bastano e l’ottimo livello estetico del film si trova a doversi scontrare con una sceneggiatura superficiale che abbassa di molto la qualità del risultato finale. Tuttavia il personaggio dell’Infermiera e uno sguardo lucido nei confronti di un ipotetico (e realistico) futuro prossimo rendono la pellicola originale ed innovativa; seppur con tanti difetti, Hotel Artemis induce velatamente alla riflessione sulla gestione della ricchezza pubblica e sull’impatto che denaro e potere potrebbero avere sul nostro avvenire.