Sono trascorsi 25 anni dalla prima proiezione de Il Re Leone, cult tra i film d’animazione, ispirato alla tragedia shakespeariana Amleto. Entrato negli annali per l’enorme quantità di biglietti venduti e per il successo su scala globale, Il Re Leone deve il suo successo anche alla colonna sonora originale di Hans Zimmer, con i brani scritti da Tim Rice ed Elton John.
Ispirato dalla ‘moda’ di riproporre i successi animati in forma di live-action (nonché dalla necessità della TWDC di rinnovare i diritti dei propri classici), il regista di Iron Man Jon Favreau, dopo la buona riuscita de Il Libro della Giungla (2016) dirige il remake de Il Re Leone, in una versione definita “fotorealistica”. Presentato in anteprima al Giffoni Film Festival, arriverà in sala il 21 agosto, atteso con entusiasmo sia dai più piccoli, che da chi ha visto da bambino la versione animata.
IL RE LEONE DEL 2019 E LA SCELTA DELLO PSEUDO-LIVE ACTION
La storia riprende pedissequamente l’originale, con l’aggiunta di qualche personaggio, limitando la modifica dello script a sporadiche battute, ma conferendo originalità attraverso una regia che enfatizza il regno animale portandolo ad un livello estremamente umano.
Simba, erede di Mufasa, Il Re Leone delle Terre del Branco, cresce in fretta con l’ideale di diventare forte e coraggioso come suo padre. Il cucciolo, ingenuo e spericolato, cade nella trappola dello zio Scar, che complotta contro il re per usurparne il trono. Simba, dopo una terribile disavventura è costretto ad allontanarsi dal branco, vagando da solo per la Savana, dove incontra due animaletti selvatici, il suricato Timon e il facocero Pumbaa, che decidono di crescerlo seguendo le loro abitudini. Rintracciato dalla sua migliore amica Nala, Simba, ormai diventato adulto, si troverà ad affrontare lo zio Scar per riconquistare il trono perduto.
UNA STORIA AVVINCENTE MA GIÀ VISTA, TRA AMLETO ED ESOPO
La tragedia dell’Amleto, narrata con le fattezze degli animali della Savana africana rappresenta la chiave interpretativa più interessante de Il Re Leone. L’effetto drammatico era già evidente nel cartone animato ma è ancora più enfatizzato in questa versione pseudo-live action, dove Favreau si destreggia con maestria nel conferire ai personaggi e alle scenografie, realizzati in CGI, un transfer di rara empatia.
La storia de Il Re Leone è ben nota a tutti e purtroppo rappresenta un po’ quello che è il punto di debolezza della sua riproposizione fotorealistica, ma questo è il tallone d’Achille di tutti i live-action Disney, che peccano della totale mancanza di originalità narrativa.
La colonna sonora è affidata nuovamente ad Hans Zimmer ed Elton John ed è eseguita dai protagonisti del film tra cui spiccano Beyoncè Knowles-Carter (Nala) e Donald Glover (Simba). Oltre alle canzoni originali ne sono state aggiunte due dall’adattamento teatrale e le inedite Spirit (cantata da Beyoncè) e Never Too Late (Elton John).
Nella versione italiana il doppiaggio dei protagonisti è affidato ai cantanti Marco Mengoni (Simba) ed Elisa (Nala), Timon e Pumbaa sono rispettivamente interpretati da Edoardo Leo e Stefani Fresi, mentre Luca Ward e Massimo Popolizio sono Mufasa e Scar. A differenza del cartoon del 1994 in questa nuova versione i protagonisti sono interpretati e doppiati dagli stessi attori, sia nella parte di narrazione che nelle canzoni, riprendendo la struttura teatrale del musical.
THE LION KING (2019) PREDILIGE IL RACCONTO DELLA NATURA ALL’IRONIA
Il Re Leone di Jon Favreau colpisce per l’estremizzazione della CGI, che riproduce ogni frame dal reale, lasciando lo spettatore a bocca aperta per quanto, in alcune sequenze, sia più vicino ad un documentario del National Geographic, che ad un live-action Disney.
Le velleità sperimentali del regista si percepiscono sin dalle prime inquadrature e il mondo della Savana africana, con le più indomite e curiose specie, non è mai stato così vicino. Favreau accentua la panoramica sulle meraviglie e i segreti del mondo animale, ma lascia ben poco all’ironia e alla narrazione per ragazzi, che era il vero cavallo di battaglia di quel filone anni ’90, che ha portato numerose innovazioni visive e di linguaggio e che ha contribuito alla nascita dell’animazione contemporanea di stampo occidentale.
Il Re Leone, con una mezz’ora di girato in più rispetto alla versione originale, incanta per l’eccezionale realismo e la teatralità della narrazione, mantenendo alto il livello qualitativo di casa Disney, che è sempre più votata al filone live-action. Favreau, pur rimanendo fedele all’originale riesce a trovare degli espedienti narrativi originali, invogliando anche i meno convinti delle scelte Disney a vedere quanto il progresso tecnologico nel mondo del cinema sia sempre più vicino a catturare la magia della natura.