>>LEGGI LA RECENSIONE DI C’ERA UNA VOLTA A… HOLLYWOOD<<
Il 18 settembre, distribuito da Warner Bros Italia, uscirà in sala uno dei film più attesi dell’anno: C’era Una Volta A… Hollywood, nono lungometraggio di Quentin Tarantino, è uno splendido viaggio nella Los Angeles del 1969 pieno di citazioni e riferimenti verso il cinema di genere di quegli anni. Nel corso della conferenza stampa organizzata a Roma hanno risposto alle domande dei giornalisti italiani, oltre al geniale regista di Kill Bill e Pulp Fiction, i due protagonisti della pellicola, Leonardo DiCaprio e Margot Robbie, e i due produttori Shannon McIntosh e David Heyman.
Shannon e David, ci potete raccontare la vostra esperienza con Tarantino e, più in generale, il rapporto produttore-regista?
Shannon McIntosh: È stato un percorso emozionante, ogni volta si impara qualcosa di nuovo. Dopo aver letto lo splendido script di Quentin ci siamo messi subito al lavoro per scegliere le location e il cast. Lavorare a questo film è stata una splendida avventura.
David Heyman: Per me è stato un privilegio. Ho avuto la fortuna di lavorare con tanti registi importanti nella mia carriera ma quest’esperienza è stata veramente unica. Quentin è un maestro dell’arte cinematografica, controlla tutti gli aspetti della produzione; quando si legge la sceneggiatura è come leggere un romanzo perché i particolari, che davanti alla telecamera prendono vita, sono tantissimi. È un’invenzione senza fine che procede con grande facilità. Tanti artisti nel cinema creano per mestiere, Quentin crea per piacere.
Leonardo, nel film interpreti un attore al tramonto. Nonostante tu sia oggi uno degli artisti più importanti di Hollywood, riesci a regalare al personaggio tutta la sua debolezza ed insicurezza. Ci puoi parlare di questa sfida?
Leonardo DiCaprio: Lo script di Quentin è brillante nel raccontare il rapporto così stretto tra l’attore e il suo stuntman. Abbiamo affrontato, attraverso la narrazione della vita di due personaggi, il cambiamento dell’industria cinematografica e la necessità da parte di questi artisti di sentirsi vivi. Ho parlato molto con Quentin sul come riuscire a dare anima al mio personaggio: si tratta di un uomo che non lavorava volentieri, probabilmente bipolare e con l’angoscia legata alla morte e ad un mondo che, nonostante tutto, va avanti. Dovevamo immaginare come portare sullo schermo la vera natura del protagonista.
Che effetto ha fatto ritrovarti all’interno de La Grande Fuga o in telefilm storici come FBI?
Leonardo DiCaprio: La Grande Fuga è un film eccezionale. Uno dei privilegi del mio lavoro è quello di entrare in contatto con periodi storici che non tutti conoscono. Quentin conosce bene anche la musica e la televisione di quei tempi e grazie a lui sono entrato nel mondo dei western anni Cinquanta. Lui ha un grande rispetto per il genere di quegli anni e ci ha catapultato al suo interno con passione e voglia di ricerca di elementi che si sono dimenticati con il tempo.
A che punto della carriera pensi di trovarti oggi?
Leonardo DiCaprio: Sono cresciuto guardando film e non avrei mai pensato di far parte del mondo dei miei eroi. Ho sempre cercato di fare del mio meglio per migliorarmi ed immedesimarmi nei miei personaggi, spero di esserci riuscito.
Vedere sul grande schermo la Hollywood e le storie di quegli anni che tipo di reazione ha suscitato in voi?
Margot Robbie: Sotto tanti aspetti sono felicissima di poter lavorare oggi in questo ambiente come donna. Ci sono però molte pellicole degli anni ‘50,’60 e ’70 che amo e che ci fanno capire quanto Hollywood sia cambiata, soprattutto alla fine degli anni Sessanta. Si tratta di un periodo storico che mi affascina moltissimo.
Quentin Tarantino: Io ho visto molti dei film di cui stiamo parlando negli anni Settanta, le pellicole rimanevano in sala a volte anche per un anno. Quando vidi Missione Compiuta Stop. Bacioni Matt Helm (titolo originale The Wrecking Crew) sono rimasto rapito da Sharon Tate, fece una performance molto divertente. Aveva un dono per la commedia leggera, vedere una ragazza così carina cascare senza scomporsi era affascinante. Quel film ha in parte ispirato il personaggio interpretato da Margot, abbiamo fatto anche vedere uno spezzone con una lotta di Sharon coreografata da Bruce Lee.
Leonardo DiCaprio: È affascinante pensare a quante cose siano cambiate nel 1969, è stato un anno di svolta del cinema ma anche della storia americana. Quel particolare momento storico ha permesso ai registi di poter produrre alcuni dei film più importanti di tutti i tempi.
Il film ha avuto in America un ottimo riscontro al botteghino, quanto ha influito sul successo della pellicola l’effetto-nostalgia?
Quentin Tarantino: Indubbiamente è uno degli elementi del successo del film ma anche l’unicità della pellicola, un cast interessante e il lavoro del marketing hanno influito sul risultato, è stata una combinazione vincente.
Quentin, è nota la tua passione per un certo tipo di cinema italiano, non quello di Fellini e De Sica ma i b-movie e gli spaghetti western. Come nasce questa passione e cosa ti affascina di questi film?
Quentin Tarantino: Io sono un fan dei film di genere e adoro i b-movie. Ho sempre amato il modo in cui gli italiani hanno sviluppato i western, i polizieschi, le commedie sexy e i film con i nazisti perché loro hanno reinventato questi generi per un nuovo pubblico dandogli nuova linfa. Riguardo a registi come Leone, Corbucci, Sollima e Tessari loro sono partiti come critici cinematografici, diventando poi sceneggiatori e registi come gli autori della Nouvelle Vague; uno dei valori dei loro film sta nella loro italianità, un connubio tra surrealismo e dramma unico nel suo genere. Da giovane lessi un libro inglese sugli spaghetti western intitolato Spaghetti Western: l’opera della violenza, io sto cercando di realizzarla come regista.
Margot, una delle scene più belle del film è quella in cui tu entri in un cinema e chiedi di poter vedere gratis una pellicola. Qual è stata l’atmosfera del set quando avete girato la sequenza?
Margot Robbie: Il giorno in cui abbiamo girato Quentin mi ha raccontato un episodio in cui lui è entrato in un cinema a vedere un suo film chiedendo di poterlo vedere gratis, ho cercato di riproporre sullo schermo questa esperienza. Io sono troppo giovane per poter ricordare la Los Angeles del 1969 ma Quentin l’ha vissuta; leggendo la sceneggiatura lui illustra il suo punto di vista, la musica che passava in radio e questo tipo di dettaglio è un regalo per un’attrice. Inoltre non abbiamo abusato del digitale, oggi non capita spesso di lavorare con le location ricostruite dagli scenografi senza uso del green screen. È stata una gioia girare quella scena, non so se proverò mai più una sensazione simile.
Quanto è diversa la Hollywood di oggi da quella del 1969?
Quentin Tarantino: Il cinema è molto cambiato da allora. Anche negli anni Novanta, quando ho iniziato, ci si impegnava nel costruire costosi set dando vita a film meravigliosi, non si lavorava in post-produzione. Oggi neanche le grandi produzioni lavorano più in questo modo e a risentirne è il cinema, l’immagine e le maestranze; non voglio fare il passatista ma stiamo perdendo molti artigiani del cinema. Il digitale può aiutare a farci fare molte cose, come ha fatto Bob Richardson nel nostro film, ma prima erano le persone a permettere al regista di catturare un’immagine in modo perfetto. È un’arte che si sta perdendo.
Leonardo, che responsabilità senti nell’essere l’attore di riferimento di grandi registi come Tarantino o Scorsese?
Leonardo DiCaprio: Responsabilità è una parola impegnativa. Io ho sempre amato il cinema e ogni volta che un giovane mi dice che vuole entrare in questo mondo io gli dico di guardare moltissimi film, di creare la sua identità. Se pensiamo agli anni ‘20 i set dei film western erano reali, l’insieme di tante persone che hanno unito il loro talento per creare qualcosa di nuovo ha fatto la storia della Settima Arte e ciò mi ha ispirato creando la mia personalità. La mia responsabilità è trovare qualcuno con cui lavorare che possa migliorarmi, trasformare in realtà la sceneggiatura che sto leggendo. Cerco chi sia capace di farmi recitare meglio e questo dipende solo dal regista.