L’ascesa e la caduta di Mikhail Khodorkovsky per descrivere la Russia post-sovietica di Vladimir Putin: Alex Gibney ha presentato fuori concorso al Festival di Venezia 2019 il suo Citizen K, un documentario destinato a fare discutere. Vincitore dell’Oscar al miglior documentario con Taxi to the Dark Side nel 2008, il regista statunitense ha girato una lunga intervista con l’ex oligarca a Londra, dove è in esilio, tentando di tracciare un quadro del potere a Mosca passando anche dalla Germania. Ritenuto l’uomo più ricco in Russia con un patrimonio di circa 15 miliardi di dollari, Khodorkovsky nel 2003 iniziò a scontare una pena di dieci anni di reclusione per evasione fiscale. Un caso mediatico che ha fatto il giro del mondo e che lo ha reso uno dei dissidenti più famosi, che peraltro continua a condurre la sua battaglia contro Putin anche da dietro le sbarre della prigione in Siberia.
CITIZEN K, LA STORIA DI MICHAIL KHODORKOVSKY
L’adolescenza comunista in Unione Sovietica e la ricchezza accumulata dopo alcune attività imprenditoriali – basti pensare alla banca privata fondata alla fine degli anni Ottanta – passando per gli investimenti spregiudicati nel periodo del capitalismo selvaggio, fino alla nota protesta contro il presidente russo. Un ruolo che riveste ancora oggi, da sostenitore di riforme democratiche e avversario del regime putiniano. Gibney ripercorre la storia di Khodorkovsky con l’obiettivo di esplorare il sistema complesso che coinvolge governo e oligarchia, con effetti distruttivi per la democrazia della Russia (ma non solo). Un grande lavoro di ricerca che ha coinvolto anche gli ex colleghi dell’oligarca – amici e nemici – ed alcuni giornalisti, testimoni dell’odissea affrontata dall’imprenditore 56enne.
Quello del 2003 venne ribattezzato come un “arresto politico”, con Khodorkovsky accusato per il reato di frode discale: la Jukos, compagnia impegnata nella produzione di petrolio, perse parte del suo valore in borsa finendo in bancarotta; gli asset principali vennero rilevati dalla Rosneft, compagnia di Stato, e l’oligarca venne inoltre condannato per appropriazione indebita e riciclaggio di denaro. Molti analisti sostennero che i guai con la giustizia di Khodorkovski erano legati alla volontà di Putin di “togliersi dai piedi” uno degli uomini più potenti del Paese. L’imprenditore, difeso da molte associazioni tra cui Amnesty International, venne scarcerato a fine 2013 grazie all’amnistia approvata dal Parlamento russo, trasferendosi prima a Berlino e poi in Gran Bretagna. E, nonostante l’inferno affrontato, non ha mai smesso di lottare contro Putin: le denunce contro la corruzione e contro gli arresti fuorilegge, senza dimenticare gli appelli per contrastare il pericolo corso dalla democrazia.
Una figura enigmatica, un uomo dalla forte personalità che diventa il principale oppositore di chi guida uno dei Paesi più potenti al mondo. A differenza di quanto accadeva negli anni Novanta, la percezione dell’opinione pubblica nei confronti di Khodorkovsky è cambiata: in molti hanno espresso compassione e umanità nei confronti di un (presunto) prigioniero politico, che non ha alcuna intenzione di darsi per vinto. Esiliato subito dopo la scarcerazione, l’oligarca non ha avuto modo di poter fare ritorno nel suo Paese ma anche a distanza non ha fatto mancare il suo supporto alla Open Russia, un’organizzazione a favore dei diritti umani a Mosca finita sulla lista nera del Roskomnadzor (Servizio federale per la supervisione nella sfera della connessione e comunicazione di massa).
ALEX GIBNEY GIRA UN OTTIMO DOCUMENTARIO
Il fulcro di Citizen K è rappresentato certamente dalla lunga intervista all’uomo d’affari: dopo un avvio incerto e quasi timido, il suo racconto diventa penetrante e coinvolgente. Nonostante il passato da “gambler” economico, nei suoi occhi traspare una certa emozione, segno del grande legame con il suo Paese ma anche delle sofferenze patite negli anni della prigionia. Con un occhio, sempre, alla Russia dei nostri giorni: non sono pochi infatti i richiami alla situazione vissuta da altri oppositori politici, Navalny su tutti. Un lavoro interessante, che brilla per originalità e per studio delle fonti: uno dei migliori doc sbarcati al Lido negli ultimi anni.