Madre di Rodrigo Sorogoyen – presentato nella sezione Orizzonti della 76. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica – nasce nel 2017 come cortometraggio, peraltro aggiudicandosi un premio ai Goya e una nomination agli Oscar. Dopo due anni, e dopo aver girato un altro film (il bellissimo Il Regno, vincitore di 7 Goya e nelle nostre sale dal 5 settembre) Sorogoyen si presenta in una kermesse internazionale con un film particolarmente interessante.
MADRE DI SOROGOYEN: DAL CORTO CANDIDATO AGLI OSCAR UN FILM AFFASCINANTE
Una mattina Elena (Marta Nieto) riceve una telefonata da Ivàn, suo figlio di sei anni che si trova in quel momento in vacanza in Francia con l’ex marito della protagonista. Il bambino è da solo su un spiaggia, dice di non sapere che fine abbia fatto il genitore e, mentre uno sconosciuto minaccioso gli si avvicina, la batteria si scarica. La storia riparte a dieci anni di distanza, con Elena trasferitasi da tempo nel luogo in cui suo figlio è scomparso. Lì, durante l’estate, incontrerà un adolescente che le ricorda il suo Ivàn.
Per come comincia il film, potremmo immaginarci una storia di elaborazione del lutto o, magari, un racconto di una estenuante ricerca che va avanti da dieci anni. Ma dopo l’incipit non ritroviamo niente di tutto ciò: ritroviamo Elena che passeggia sulla spiaggia con un sguardo perso nel vuoto. La protagonista di Madre si è ricostruita una vita grazie ad una rigida routine: lavora come direttrice in un ristorante, passeggia durante le pause, mangia la pasta e poi va a dormire. Ogni tanto passa del tempo con il fidanzato, con cui ha un rapporto a distanza e che vive in Spagna.
CANDORE MATERNO E ATTRAZIONE SESSUALE SI CONFONDONO
Tutti i rapporti di Elena con gli altri esseri umani non sono profondi come dovrebbero. Il lavoro l’aiuta a non pensare, e chi le sta accanto la protegge quando viene chiamata “la pazza della spiaggia”. Elena non riesce ad amare loro come loro amano lei. Non riesce ad accettare il fatto di non essere più una madre.
Presto però arriva il sedicenne Jean: l’agente esterno, la rottura dell’equilibrio. È un perfetto “eroe” del cinema francese: bello, ribelle, antiborghese e insoddisfatto dalla sua generazione. Madre racconta dell’indecifrabile rapporto che andrà creandosi tra il ragazzo e la donna, all’interno del quale si formeranno delle dinamiche particolari e piuttosto originali. Elena e Jean sembreranno attrarsi sessualmente e repellersi allo stesso tempo; con scambi di affetto a volte totalmente candidi e materni e altre volte con venature più morbose.
MADRE È UN FILM AMBIGUO E LONTANO DA OGNI STEREOTIPO
Rodrigo Sorogoyen carica le scene di tensione sessuale, facendo sempre condurre il tango fra i protagonisti a Jean. È lui che propone, invita e inventa modi per passare il tempo. Elena si lascia trasportare e non capiamo se creda davvero che lui sia suo figlio o se semplicemente accetti la loro pericolosa amicizia senza pesare le conseguenze; ignorando il fatto che stia per andare a convivere col fidanzato o che i genitori di Jean abbiano la sua stessa età.
Lo script di Sorogoyen procede con ritmo deciso, senza improbabili colpi di scena, quanto piuttosto con piccoli stravolgimenti e ambiguità. Il finale aperto lascia che Madre venga interpretato dallo spettatore. Sta a noi giudicare la natura del rapporto, se condannarlo come scabroso o apprezzarlo per la tenerezza e l’affetto che si scambiano i due protagonisti. In ogni caso di certo siamo davanti a un nuovo ottimo film di un autore spagnolo sempre più interessante, che a Venezia avrebbe meritato il concorso principale.