Vivere, film presentato fuori concorso alla 76. Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia, è l’ultimo lavoro di Francesca Archibugi, ancora una volta impegnata a mostrare al pubblico la sua personale visione della famiglia italiana; i protagonisti sono Micaela Ramazzotti e Adriano Giannini, una coppia di genitori imperfetti, infelici e sull’orlo di una crisi esistenziale.
Scritto dal team Archibugi, Paolo Virzì e Francesco Piccolo (Notti Magiche, Ella & John), la pellicola è una dramedy che fatica a decollare, rimanendo impigliata in una trama prevedibile. Il titolo potrebbe erroneamente far pensare ad un’indagine filosofica sul concetto di quotidiano ma qui troviamo la classica descrizione di una famiglia a pezzi, sullo sfondo delle villette a schiera dell’estrema periferia romana.
Carico di stereotipi, Vivere (in sala dal 26 settembre grazie a 01 Distribution) si inserisce in quel filone del cinema italiano d’autore che pretende di raccontare, attraverso l’ordinarietà della vita quotidiana, una determinata realtà forzando però la mano su argomenti più o meno controversi, penalizzato anche da una recitazione poco credibile.
LA PERIFERIA CAPITOLINA FA DA SFONDO A VIVERE DI FRANCESCA ARCHIBUGI
La trama si svolge intorno alle vite di Susi (Micaela Ramazzotti) e Luca (Adriano Giannini), lei mancata étoile ed insegnante di danza e lui giornalista freelance squattrinato e frustrato. Insieme hanno una bambina, Lucilla, affetta da una forma di asma piuttosto grave e in casa con loro vive temporaneamente una ragazza alla pari, l’irlandese Mary Ann (Roisin O’Donovan). Luca ha anche un figlio adolescente Pierpaolo, nato dalla relazione che in passato ha avuto con Azzurra (Valentina Cervi), agiata donna dell’élite romana.
Gli impegni di Susi, affaccendata e stralunata trentasettenne, sembrano schiacciare la sua personalità, resa ancor più fragile dalle mancanze del marito che, seppur lavori in casa, è mentalmente lontano dalla famiglia. Per Luca non c’è altro spazio nella sua vita se non per se stesso e la mancanza di un lavoro gratificante aumenta il suo senso di inadeguatezza. Il caos emotivo e familiare di Luca e Susi è mitigato dalla presenza di Mary Ann, amorevole studentessa di storia dell’arte che intraprende un viaggio emotivo alla scoperta della sua reale personalità.
LA RAMAZZOTTI È CONVINCENTE MA LA STORIA È POCO INTERESSANTE
Francesca Archibugi filma la quotidianità di una famiglia in crisi tra bolle di sapone e zucchero filato, cercando di moderare situazioni estremamente drammatiche con un’ironia forzata e stucchevole. La sceneggiatura si aggroviglia su se stessa, non definendo bene il messaggio che la regista vuole comunicare. Il generico Vivere non basta a comprendere il focus della storia che è velatamente rivelato da un personaggio secondario, interpretato da Marcello Fonte, che dovrebbe rappresentare la figura morale del film.
In fondo tutti viviamo il nostro quotidiano ed è vero che la vita spesso ci mette di fronte ad ostacoli che sembrano insormontabili ma qual è il senso di raccontare una storia senza dettagli, che non mostra nulla se non l’ordinario? La Archibugi non indaga nella profondità delle relazioni che intercorrono tra i membri della famiglia Attorre, né con i dialoghi né tantomeno con la regia.
Micaela Ramazzotti dovrebbe essere la colonna portante del lungometraggio ma in realtà si rivela molto più interessante, anche se mal caratterizzato, il personaggio di Mary Ann, combattuta tra i suoi valori cristiani e la vita reale ovvero quella che si vive d’istinto, senza pensare alle conseguenze delle proprie azioni. L’interpretazione della Ramazzotti tuttavia è convincente e, nonostante in alcuni momenti l’attrice romana rimanga ancorata ad alcuni ruoli del passato, si dimostra efficace ed ironica; infatti i punti più convincenti della sceneggiatura sono legati al personaggio di Susi, che conquista il pubblico con le sue battute sagaci.
Adriano Giannini, al contrario, non riesce a caratterizzare adeguatamente il suo personaggio, interpretando Luca con estrema rigidità. Marcello Fonte, vincitore del premio come Miglior Attore al Festival di Cannes 2018 per Dogman di Matteo Garrone, interpreta un piccolo ruolo ma è una delle note più interessanti del film insieme a Roisin O’Donovan, che dimostra un’ottima presenza scenica. Nel film sono presenti anche Valentina Cervi, Massimo Ghini ed Enrico Montesano, in ruoli del tutto secondari e dimenticabili.
Vivere non convince per molti aspetti (primo fra tutti la narrazione stereotipata della quotidianità capitolina), dimostrando la fiacchezza di un certo stile autoriale italiano che sembra aver trovato un comodo approdo nella riproposizione di schemi narrativi che ripetono sempre le stesse chiavi di lettura.