L’attrice e regista statunitense Melora Walters ha presentato alla 14. edizione della Festa del Cinema di Roma il suo secondo lungometraggio per il cinema, Drowning. Pur dietro alla macchina da presa, la Walters non rinuncia alla recitazione interpretando la protagonista della pellicola.
L’ATTESA PIENA DI SOFFERENZA DI UNA MADRE CON UN FIGLIO IN GUERRA
Rose (Melora Walters) è la madre di Harry (Sergio Rizzuto), giovane soldato americano di stanza a Mosul. Mentre quest’ultimo è impegnato a combattere in guerra, Rose deve affrontarne una battaglia molto più insidiosa. Fin da subito è chiaro infatti che la lontananza, l’incertezza e il silenzio le sono insopportabili: tutta la sua vita si ferma e si riorganizza in funzione di un’attesa che sembra eterna. Da qui inizia a svilupparsi la trama, costruita sui tentativi di Rose di riemergere da questa condizione: sedute con la psicologa, chiacchierate con i gruppi di sostegno, video su YouTube e lezioni di nuoto.
DROWNING NON SVILUPPA A DOVERE LE POTENZIALITÀ DEL SUO SCRIPT
Dal punto di vista strettamente narrativo, l’approccio presentato da Drowning è abbastanza originale: inquadrando le ostilità belliche da un punto di vista tutt’altro che classico, offre allo spettatore la possibilità di osservare la guerra non con gli occhi di chi la vive ma con quelli di chi rimane a casa e attende. Anche se fucili, divise e trincee non trovano spazio sullo schermo, la realtà del conflitto incombe ugualmente sulla narrazione filtrando dal Medio Oriente fino in America esclusivamente attraverso il suono: una voce al telefono, spari di sottofondo e il notiziario alla radio.
Il concept iniziale è interessante ma nella resa effettiva risulta depotenziato a causa di svariati fattori che impediscono alla pellicola di soddisfare pienamente le aspettative. Oltre alla recitazione nervosa della Walters, colpevole di rendere alcune scene poco incisive, anche lo sviluppo della narrazione risulta difettoso: continui e rapidissimi cambi di scena (che si succedono senza una chiara connessione) lasciano l’impressione al pubblico di aver assistito ad un lungometraggio a tratti confusionario. Drowning non riesce a comunicare efficacemente il suo messaggio: in alcuni frangenti infatti compaiono personaggi di cui non è ben chiaro il ruolo e l’identità e, talvolta, ci si trova davanti a sequenze il cui significato rimane indefinito. Caso emblematico è quello delle lezioni di nuoto: con il titolo Drowning (annegamento in inglese), lo spettatore è autorizzato a supporre che queste abbiano una valenza simbolica più che narrativa. Quanto più Rose impara a nuotare, tanto più dovrebbe essere in grado di riemergere dall’annichilimento psicologico in cui affonda ogni giorno di più dopo la partenza del figlio: un’ottima metafora, se non fosse che il piano letterale e quello allegorico si mescolano invece di sovrapporsi, dando origine a scene spesso sconclusionate.
Nel complesso, nonostante Drowning abbia un grande potenziale, la trama non riesce ad essere così coinvolgente da reggere il film, il quale non riesce a convincere del tutto nonostante la presenza illustre di un premio Oscar come Mira Sorvino (qui interpreta Mary, unica amica e confidente della protagonista).