La sfavillante carriera della bambina prodigio, protagonista de Il Mago di Oz (Victor Fleming, 1939) ritratta nel momento più buio in Judy di Rupert Goold, in concorso alla 14. Festa del Cinema di Roma. Adattamento della pièce teatrale End of the Rainbow di Peter Quilter, vede alla sceneggiatura il brillante Tom Edge, autore della commedia Netflix Lovesick. Protagonista assoluta il premio Oscar Renée Zellweger, performer eccellente, ritornata allo splendore del musical a distanza di 17 anni da Chicago di Rob Marshall.
Renée Zellweger ritorna al musical con una grande interpretazione
Di chiaro approccio teatrale, Judy ripercorre la carriera della Garland attraverso i ricordi che emergono durante i suoi ultimi spettacoli dal vivo al “The Talk of the Town”, un piccolo teatro, nella swinging london del 1968. Sono passati 30 anni da quando, appena sedicenne, intonava Over the Rainbow sul set de Il Mago di Oz, uno dei più grandi successi cinematografici della MGM, diretta all’epoca da Louis B. Mayer. Dopo una sfavillante carriera, segnata troppo presto dagli effetti dell’abuso di farmaci, Judy si ritrova a soli 47 anni a dover fronteggiare una crisi economica e familiare che la costringe a volare verso Londra e lasciare al suo ex marito Sid Luft (Rufus Sewell) i figli Lorna (Bella Ramsey, vista in Game of Thrones) e Joey. Il ricordo della privazione di una normale infanzia e dell’uso di farmaci per sopportare i tempi di lavorazione dei film la portano, da adulta, a cercare una dimensione giocosa dove potersi facilmente nascondere dalla realtà. Stanca di esibirsi per (poco) denaro, sceglie Londra come ultima meta dei suoi concerti, certa dell’affetto che i fan europei sapranno regalarle. Al “The Talk of the Town”, diretto da Bernard Delfont (Michael Gambon) Judy troverà una piccola famiglia, dalla manager Rosalyn (Jessie Buckley) alla band diretta dal pianista Burt Rhodes (Royce Pierresson) che, dopo una prudente diffidenza, imparerà ad amare, insieme al suo pubblico ritrovato. Tra crolli emotivi, serate sfavillanti e la malinconia per aver lasciato negli Stati Uniti i suoi figli, Judy troverà anche l’amore, sposando il suo quinto e ultimo marito, Mickey Deans (Finn Wittrock).
Il linguaggio del teatro per una storia biografica di forte impatto emotivo
Realizzato con la composizione scenica tipica del teatro musicale, Judy è un film ben fatto e al regista Rupert Goold va il plauso di aver scelto e diretto sapientemente un cast che è stato capace di non banalizzare la figura di Judy Garland, ma di renderla, al limite del possibile, più vicina alla realtà dell’essere umano che si celava dietro la patina di Hollywood costruita ad hoc dai grandi studios. La scrittura è molto ben calibrata e Tom Edge risulta perfettamente capace di inserire l’ironia della Garland nei punti giusti, equilibrando i momenti drammatici con il giusto tono. Gli argomenti su cui regista e sceneggiatore si confrontano in questo lungometraggio sono molteplici e vanno dalla sfrenata conquista del pubblico, alla mercificazione del corpo femminile, sfiorando anche depressione, discriminazione e prevaricazione sociale. Una riflessione molto ben argomentata sulla Hollywood degli anni ’40, dove l’idealizzazione di un mondo irreale e favolistico era portata a livelli estremi. Il plot non lascia spazio alla fantasia, tanto amata da Judy Garland, che in fondo rimane una sognatrice, fino alla fine. La scrittura si concentra su una protagonista minuta, fragile, emotivamente provata, ma dotata di una forza interiore capace di sprigionare nei modi più imprevedibili la forza di un uragano. Renée Zellweger si prende il palco, dimostrando tutte le sue doti, con un personaggio che sembra essere cucito su di lei. Perfetta nell’imperfezione della Garland, l’attrice americana è a suo agio nei panni della diva, che interpreta con incredibile maturità. Judy è il classico film biografico che non brilla per originalità, ma è capace di emozionare grazie ad una commistione tra vari generi, dal musical al dramma, passando per la commedia. Regia, scrittura e interpretazione sono ben coordinate e offrono al pubblico un lungometraggio che si colloca tra il metateatro e il musical, stili legati dal fil rouge della commedia musicale di orientamento britannico. Rumors parlano di una possibile nomination all’Oscar 2020 per Renée Zellweger, non c’é da stupirsi visto che l’attrice, diventata celebre con l’impersonificazione dell’impacciata Bridget Jones, nel corso della sua carriera ha conquistato diverse nomination ai premi più prestigiosi e vinto un Oscar e tre Golden Globe. Ça va sans dire.