Dopo gli attentati dell’11 settembre 2001, l’America sprofonda in uno stato di paranoia patologica, che colpisce primariamente i servizi segreti: avendo miseramente fallito nel prevedere la catastrofe, i principali istituti di intelligence si sentono autorizzati a utilizzare qualunque strumento per prevenire un nuovo attentato sul suolo statunitense. Questa in The Report è la premessa contestuale che, pur non giustificandola, spiega la volontà della CIA di adottare la cosiddetta tecnica dell’impotenza appresa, un nome pseudoscientifico dietro cui due sedicenti psicologi dell’aeronautica statunitense nascondono quella che non è nient’altro se non una sequenza di torture medievali. Lo scopo? Assicurarsi che durante gli interrogatori i prigionieri legati ad Al Quaeda non possano tacere nulla.
IN THE REPORT ADAM DRIVER INDAGA SUI MISFATTI DELLA CIA
Ovviamente è chiaro a tutti i vertici dell’intelligence che tale metodo non sia del tutto legale, e quando i video delle sedute inquisitorie spariscono, la senatrice Dianne Feinstein (Annette Bening) decide di avviare un’indagine parlamentare sulla CIA. Incaricato di questo delicatissimo compito è Daniel J. Jones (Adam Driver), che si seppellirà in una saletta sotterranea per più di cinque anni, scandagliando i database dell’agenzia governativa fino a ricomporre un quadro agghiacciante: decine di prigionieri torturati, alcuni uccisi, per estrarre informazioni false o inutili.
Un film di denuncia, quello di Scott Z. Burns, realizzato con la precisa finalità di rendere nota una pagina nera della storia americana, mettendo in scena l’orrore delle torture in inquadrature crude e disturbanti. Una pellicola che però, nonostante l’importanza delle tematiche trattate, si perde a livello di resa cinematografica, dimostrando di riuscire molto meglio nel suo intento quando abbandona il punto di vista generalista e si pone dietro gli occhi di Daniel Jones, veicolo essenziale di ricomposizione dell’unità narrativa.
IL COMPLESSO SCENARIO POST 11 SETTEMBRE
Ciò che il regista e lo sceneggiatore perdono di vista, infatti, è la chiarezza: pur presupponendo che il film sia indirizzato a un pubblico ben informato, difficilmente The Report si rivolgerà a una sala piena di esperti di storia americana contemporanea. La sceneggiatura della prima mezz’ora sembra invece immaginare di star parlando proprio a questo tipo di platea: decine di nomi vengono sciorinati uno dietro l’altro senza chiarire né chi siano né per quale istituzione lavorino, né quale tipo di relazione li leghi tra loro. Uno scenario tanto complesso come quello che fa da sfondo alla narrazione avrebbe dovuto invece essere trattato con più accuratezza, e nonostante sia ammirevole la volontà di calare gli spettatori fin da subito nel vortice degli eventi, in realtà passa almeno mezz’ora prima che l’ascoltatore medio riesca a unire i pezzi. Se è evidente quindi che la prima parte si presenti molto confusionaria, la pellicola riesce parzialmente a riprendersi nella seconda parte. Mano a mano che la frenesia pretenziosa dei primi minuti si acquieta, il film assume un taglio più narrativo e umano, lasciando andare tutti i personaggi che aveva inizialmente coinvolto per soffermarsi su Daniel Jones, classico archetipo americano del paladino della giustizia che si batte contro il male.
Pur promettendo bene a livello di trama, concetti e contenuti, The Report si rivela totalmente comprensibile soltanto da coloro che sono veramente molto bene informati: per tutti gli altri sarà comunque possibile cogliere il messaggio di fondo e la denuncia principale, ma perdendo parte del contesto si potrebbe rischiare di non goderlo appieno.
The Report, dopo il debutto nelle sale italiane dal 18 al 20 novembre, arriverà sulla piattaforma Amazon Prime Video il 29 novembre.