Dopo le stroncature della stampa americana Dolittle di Stephen Gaghan arriva nelle nostre sale. Robert Downey Jr protagonista, ma anche produttore del film insieme a sua moglie Susan, nella versione in lingua originale ha coinvolto uno stuolo di colleghi di fama per il doppiaggio dei suoi compagni di avventure – pappagalli, scimmie, cani e altri elementi più o meno noti della fauna terrestre. Un cast all stars, tra cui Emma Thompson, Rami Malek, Ralph Fiennes, Antonio Banderas e Michael Sheen, che non basta però a promuovere Dolittle, ancorato ad una sceneggiatura incoerente e ad una regia che cerca forzatamente il realismo nel fantastico.
In sala dal 30 gennaio con Universal, Dolittle è tratto dai romanzi per bambini di Hugh Lofting; racconti che narrano le fantastiche avventure di un medico britannico che ha la grande capacità di saper parlare con gli animali. Il film tenta un approccio contemporaneo, riprendendo in alcuni tratti l’ironia per famiglie del franchise con protagonista Eddie Murphy, ma in realtà si avvicina di più alle atmosfere da circo de Il Favoloso dottor Dolittle, pellicola del 1967 interpretata da Rex Harrison. Stephen Gaghan non riesce a dare una personalità al film, che risulta come un frullato di generi cinematografici apparentemente scelti a caso.
UNA MESSA IN SCENA INCOERENTE E UNA SCRITTURA INFANTILE FANNO DI DOLITTLE UN FILM NOIOSO E SUPERFICIALE
La trama si svolge seguendo due espedienti narrativi. Il primo vede protagonista il dottore: depresso per la perdita della sua amata moglie (interpretata da Kasia Smutniak), si è rifugiato nella propria magione insieme ai suoi compagni di vita, gli animali, rifiutandosi di interagire con gli umani. Il secondo è la malattia incurabile della Regina Vittoria (Jessie Buckley) e l’ordine diretto al dott. Dolittle di trovare una pianta medicamentosa capace di risvegliare la sovrana dal suo torpore. Due piani narrativi che dovrebbero interagire tra loro ma che in realtà risultano scollegati e poco coerenti, conferendo alla visione finale una patina di noia, che rimane come un filtro, per tutta la durata del film. Nonostante Dolittle sia ostacolato dal suo acerrimo nemico, il dottor Blair Mudfly (Michael Sheen), scettico nelle capacità del protagonista di poter salvare la Regina, parte alla volta di una città misteriosa insieme al suo giovane assistente Tommy (Harry Collet) e al gruppo di fidati compagni di avventure tra cui, l’orso polare Yoshi (John Cena), il cane Jip (Tom Holland), il gorilla Chee-Chee (Rami Malek) e l’inseparabile pappagallo Poly (Emma Thompson).
DOLITTLE PIACERÀ AI PIÙ PICCOLI CHE SI RITROVERANNO IMMERSI IN UN’ATMOSFERA CIRCENSE
Il protagonista Robert Downey Jr, nonostante la sua spiccata propensione a dotare di grande personalità i suoi personaggi, stavolta non riesce a lavorare sul carattere del dottor Dolittle, che è messo in secondo piano rispetto ai co-protagonisti del mondo animale, probabilmente per una scelta legata alla produzione del film. Tutta la confezione, di fatto, sembra fatta per essere diretta al pubblico dei più piccoli, che sicuramente si divertirà ad immergersi in un mondo dove i veri protagonisti sono gli animali parlanti. Le intenzioni, sicuramente positive, di girare un film per ragazzi che abbracci vari generi, dall’avventura alla commedia, sono deluse da una messa approssimativa, a volte inutilmente demenziale. Qualche piacevolezza è data dalla rappresentazione in chiave antropomorfa degli animali, con tanto di nevrosi e paure, una chiave di lettura apprezzabile, soprattutto nel doppiaggio di Emma Thompson, che riesce ad essere credibile anche nelle vesti di un pappagallo chiacchierone.
Robert Downey Jr dota il personaggio di un carattere da outsider, che rimane al limite del caricaturale, ma il problema del film non risiede tanto nella sua interpretazione quanto nell’iter scenico del film, che non riesce ad infondere emozioni, nemmeno nel momento dello scontro con il “perfido” Rassoulim (Antonio Banderas). Dolittle rimane così ancorato ad uno schema non convincente, dove il sogno di un mondo fantastico è azzerato dall’assenza di sentimenti.