Horse Girl, prodotto da Netflix e presentato all’ultimo Sundance Film Festival, è la storia di Sarah (Alison Brie), una ragazza introversa e timida che fatica a socializzare e che passa il suo tempo libero fra cavalli e vecchie serie tv. Una sera la sua coinquilina organizza per lei una piccola festa di compleanno in cui, per la prima volta, la giovane sembra essere a suo agio. Durante la notte Sarah sogna di essere sdraiata in una stanza con un uomo e una donna e, al suo risveglio, si accorge di alcuni strani segni sul muro. Da quel momento Sarah comincerà a dubitare della realtà in cui vive.
Sin dalle prime inquadrature, Horse Girl si presenta come una estensione, una copia, di tante altre produzioni Netflix. Il film di Jeff Baena (The Little Hours) vuole essere una puntata di Black Mirror, tanto per le tematiche quanto per l’estetica, la regia, la colonna sonora e la fotografia; una produzione, questa, dove di originale non c’è praticamente nulla. Un dettaglio che comunque potrebbe non essere un problema se solo il film fosse coerente e ordinato.
L’intento è quello di entrare nella categoria delle opere che gli Americani chiamano “mind blowing”, ovvero quella serie di film che oscillano fra la fantascienza e il thriller, che vantano un “finale aperto”, che non sono totalmente comprensibili ad una prima visione. Un esempio ben riuscito di questo “filone” è Annientamento, produzione Netflix diretta da Alex Garland che pretende discussioni, confronto fra gli spettatori e ipotesi sul significato del film stesso.
Il problema è che Horse Girl cerca tantissimo di essere quel tipo di film senza riuscirci. Tutto lo script – scritto dal regista Jeff Baena e Alison Brie – è motivo di perenne frustrazione: la storia è confusa, i dialoghi sono piatti ed ogni singolo “colpo di scena” è esattamente come ce lo aspetteremmo; nulla ci coglie impreparati e nulla ci sorprende.
Insomma, Netflix continua a “sbagliare” i lungometraggi. Tolte le grandi opere che si presentano ai festival internazionali, le produzioni “medie” del colosso americano continuano a non essere belle o brutte: sono mediocri, poco interessanti ma mai ridicole o inguardabili. Di Horse Girl salviamo e promuoviamo soltanto Alison Brie, attrice in grande crescista che, dopo Glow, dimostra ancora una volta il suo grande potenziale. Quel poco di buono del film di Baena è merito della sua prova attoriale.