Qui in Italia non ha fatto in tempo ad uscire nelle sale, ma The Invisible Man è l’ennesimo ottimo esempio di un cinema cristallino a basso budget targato Blumhouse. Teso, sospeso, asfissiante in quasi la sua totalità. La leggendaria novella del 1897 di H.G. Wells trova una nuova forma sotto la quale esprimersi e mantenersi al passo con i tempi ad oltre cento anni di distanza dal racconto e quasi novanta dal primo, storico adattamento cinematografico diretto da James Whale nel 1933.
THE INVISIBLE MAN: ELISABETH MOSS PROTAGONISTA DELL’ENNESIMO SUCCESSO PRODOTTO DA JASON BLUM
Archiviata in fretta e furia l’ipotesi di vederne una trasposizione con protagonista Johnny Depp all’interno dell’abortito neonato progetto del “Dark Universe” dedicato ai mostri classici della Universal Pictures (dopo il fallimento del non così pessimo La Mummia del 2017), è il genio di Jason Blum ad intercettarne il potenziale nella rinnovata volontà della major di dedicare ai propri monsters pellicole standalone.
Gettato rapidamente nel dimenticatoio l’insulso Fantasy Island, The Invisible Man è in tutto e per tutto il nuovo capolavoro produttivo in casa Blumhouse Productions. A fronte di un budget esiguo di appena 7 milioni di dollari, ne ha incassati globalmente 124. Il dato sorprendente è però da rintracciare nella finestra di uscita nelle sale, dove il film è rimasto per meno di tre settimane (dal 28 febbraio) prima di venire forzato ad essere distribuito nelle piattaforme di streaming a partire dal 20 marzo a causa dell’emergenza pandemica del Covid19. Per di più, in molti importanti mercati non è nemmeno mai arrivato (come il nostro), rendendo ancora più sbalorditivi i dati del botteghino raggiunti.
LA SPIEGAZIONE DEI PERICOLI DELL’UOMO INVISIBILE AI TEMPI DELLO STALKING
La bontà del film scritto e diretto da Leigh Whannel (alla sua seconda regia dopo Upgrade) è di riconfigurare un classico come L’Uomo Invisibile all’interno di una piaga sociale qual è quella dello stalking, a partire dalla tristemente troppo diffusa realtà della violenza domestica che vede (nella stragrande maggioranza dei casi) la donna spezzata e vittima di sorprusi. La violenza però non è sempre di stampo fisico e carnale, ma spesso assume anche la forma ancora più subdola e meschina di un assoggettamento psicologico dal quale smarcarsi risulta difficile se non impossibile, perché il violentatore fa terra bruciata di affetti e certezze attorno alla persona sua ossessione.
Il tema è estremamente delicato e scivolarci sopra è estremamente facile se non si prendono le giuste misure al discorso. The Invisible Man però funziona ed inquadra con estrema lucidità quella fobia del sentirsi costantemente come oggetto osservato, braccato nell’ombra da un’entità maligna che allunga la sua viscida mano fino a toccare, prima che fisicamente, mentalmente. Così troviamo Cecilia (Elisabeth Moss), che intrappolata all’interno di una relazione tossica con l’inventore milionario Adrian (Oliver Jackson-Cohen) riesce a fuggire ed allontanarsi dalla sua dimora. Dopo qualche settimana riceve la notizia del suicidio del marito, ma dopo un lento e doloroso recupero della libertà personale le cose iniziano nuovamente a precipitare quando Adrian sembra essere inspiegabilmente tornato, questa volta non visibile all’occhio umano.
THE INVISIBILE MAN STRAVOLGE IL FILM CLASSICO ADATTANDOLO AL CONTESTO DEL 2020
Il merito della riuscita del film è in larga misura di Whannel che mette a fuoco una perenne linea di tensione attraverso un regime dello sguardo consapevole ma allo stesso tempo negato dalla sua evidenza fisica. La prima metà della pellicola sembra non presentare nemmeno una sbavatura, costruita su una sapiente esposizione degli spazi e delle geometrie casalinghe, di quelle mura che in migliaia di realtà rappresentano più una prigione piuttosto che una sicurezza da ciò che c’è al di fuori. È in questa porzione di film che ne L’Uomo Invisibile pare attingere a piene mani dal genere dell’home invasion, rovesciandone i canonici stilemi di una violazione dell’intimità da parte del mondo esterno e filtrandoli attraverso quell’odiosa sensazione di insicurezza data dalla pulsione di una minaccia che spinge da dentro e si annida negli angoli.
Il disagio si percepisce sulla pelle, scorre come un brivido nei vuoti d’immagine indagati da una mdp che si sposta ad evidenziare spazi che in teoria sono privi al loro interno di una presenza percepibile a livello ottico. Le inquadrature isolano Cecilia nella metà dello schermo, o addirittura all’interno di un solo terzo, spingendola lateralmente, rendendola entità aliena per l’occhio che la osserva a livello retinico.
IL FILM DEL 2020 FUNZIONA GRAZIE AL LAVORO DEL REGISTA E DI ELISABETH MOSS
Si costruisce tassello per tassello quel confinamento psicologico che separa la sanità mentale dalla sua aberrazione psicotica che irrompe in un secondo momento della pellicola. La Moss è chiamata ad un’interpretazione degenerativa a livello psichico in cui non sfigura mai, aiutata nel compito anche dalle buone performance dei comprimari (Aldis Hodge, Storm Reid, Harriet Dyer) che la circondano ed esaltano a livello sociale lo stato di scollamento nel quale il personaggio di Cecilia versa.
Senza svelare nulla, c’è un cambio di passo a circa metà de L’Uomo Invisibile in cui il film si tinge di altre sfumature e prende i contorni di un horror più sanguinolento velato anche dall’action. Rimane comunque tutto conforme e coerente all’interno dell’impalcatura nervosa messa in gioco fin qui, seppur con un leggero cedimento che si registra per quanto riguarda quel rigore stilistico che la regia di Whannel era riuscita a raggiungere ottimamente nel corso della prima ora. Nello specifico è l’ultimo quarto di girato che scivola via un po’ di più, non stonando mai davvero grazie all’accurata operazione di semina fin lì adoperata ed adeguatamente coltivata, ma probabilmente facendo uscire in parte depotenziato il portato di una minaccia in grado di tenere sotto giogo il respiro dello spettatore per oltre novanta minuti (il film dura due ore).
L’UOMO INVISIBILE IN STREAMING IN ITALIA SENZA PASSARE DAL CINEMA
The Invisible Man scongiura il pericolo di essere banale racconto di un male (quello non banale) da estirpare, riuscendo a catturare l’essenza di un fiato sempre più corto e di un isolamento sempre più progressivo, centrando in pieno l’obiettivo di coniugare la critica sociale con il veicolo dell’intrattenimento. The Invisible Man è disponibile direttamente in streaming su Chili come noleggio digitale.