Non tutti gli action movie su Netflix vengono solamente per nuocere e Tyler Rake ne è una discreta conferma. Sotto l’egida della AGBO dei fratelli Russo, veterani della scuola Marvel della quale hanno fatto la fortuna negli ultimi anni, la cifra del film diretto dall’esordiente Sam Hargrave è messa in chiaro subito nelle prime scene: muscoli, armi, introspezione. L’ordine dei primi due ingredienti è intercambiabile nella rilevanza che assumono nel corso della pellicola, il terzo invece trova il suo spazio solamente quando occorre riprender fiato e ce lo lasceremmo volentieri alle spalle.
Ma quello confezionato dal regista (ex stunt coordinator sempre dalle parti degli Avengers), sui binari messi nero su bianco dallo stesso Joe Russo, è un prodotto d’azione che sa il fatto suo quando si dedica all’arte dell’adrenalina, pompata nelle vene ad ogni colpo sparato e pugno impattato sulle mascelle. D’altronde la carica testosteronica è garantita in partenza dal protagonista Chris Hemsworth, che dismessi i panni del Fat Thor si cala in quelli di Tyler Rake, mercenario al soldo di chiunque sia disposto a pagare per fare un lavoro sporco.
Il film prova anche ad imboccarci spiegando che per il Rake che abita spartanamente tra i monti australiani “è sempre complicato” fare il suo lavoro, ma noi non ci caschiamo perché fare la guerra gli riesce piuttosto bene e pare anche con gusto. Non altrettanto trasporto sembra esserci nell’aggettivo “introspettiva” che Netflix affibbia alla lotta alla quale il mercenario è chiamato, che funziona, e bene, quando accantona il falso leitmotiv posto a background delle motivazioni del protagonista.
A differenza di quanto accadeva nel deludente Triple Frontier (2019, ma ve lo ricordate?), sempre distribuito su Netflix, nel momento in cui a Tyler Rake è consentito sprigionare tutta la sua carica machista non si tira certo indietro. Lo scenario del’Asia del Sud (rigorosamente filtrato dentro la tipica color correction giallognola) diviene teatro ideale in sostituzione di quello ben più inflazionato dell’America del Sud, dove un narcotrafficante del Bangladesh ha rapito il figlio di un “collega” indiano ed il personaggio di Hemsworth è chiamato ad entrare in gioco per ristabilire l’ordine delle cose. Il film, in originale Extraction, si porta dietro il più basilare filo narrativo che è quello del salvataggio dove in alcuni istanti vorrebbe andare ad instaurare anche la traccia del confronto e dell’affezione. Sono ovviamente checkpoint per ricaricare le batterie non meritevoli di ulteriore approfondimento, che data la superficialità con la quale vengono introdotti a forza risultano anche stonare rispetto al contesto generale.
Come si accennava, il piatto forte è la costruzione action di Tyler Rake, che lasciato agire a briglia sciolta è in grado di offrire sequenze al cardiopalma per le strade, per i cortili e per i tetti della città di Dhaka. L’esperienza da stunt-man di Hargrave sale in cattedra nell’importanza assunta dalla fisicità corporea durante gli scontri a fuoco e ad arma bianca, sotto la direzione di una coreografia che ha piena consapevolezza degli spazi e dei corpi che vi si muovono e scontrano all’interno. Il mercenario miete vittime una dopo l’altra nel suo one-vs-all ed il più grande pregio della regia di Hargrave è di tenere il ritmo di questa macchina da guerra riuscendo a mantenersi il più possibile aderente ad un carattere di verosimiglianza per ciò che accade nei frame davanti ai nostri occhi. Emblematico è il falso piano-sequenza nella prima ora di film che tallona i protagonisti in un adrenalinico inseguimento prima in macchina e poi a piedi, per una durata di oltre dieci minuti dove la tensione è dosata al millimetro ed incolla davanti lo schermo con il fiato corto.
Questo è probabilmente anche l’apice della pellicola, che da qui in poi continua a lanciare fiammate alternate a quei momenti di riposo che lasciano l’impressione di essere inserti troppo artificiosi, alimentando oltremodo il carattere velleitario di Tyler Rake. Non è un male di per sé (puntando il film tutto sull’intrattenimento), ma le quasi due ore complessive di durata stirano un po’ troppo una coperta corta alla quale non avrebbe fatto male poter contare su di una caratterizzazione meno stereotipata di tutte le parti in gioco. Il film è in streaming su Netflix dal 24 aprile.