Dopo il trionfo agli Academy di Parasite, il cinema coreano ha avuto un’incredibile visibilità mediatica: la Corea del Sud, diventata negli ultimi due decenni la quinta forza industriale cinematografica mondiale, è una realtà ormai ben consolidata in grado di regalarci opere ed autori straordinari (l’Oscar 2020 alla miglior regia vinto da Bong Joon-ho è il coronamento di un percorso artistico senza precedenti).
Il film d’apertura della 22. edizione del Far East Film Festival di Udine, la più importante rassegna europea di pellicole provenienti dall’Estremo Oriente (quest’anno, data l’emergenza Covid-19, nell’inedito formato streaming in collaborazione con MyMovies), è il disaster movie Ashfall diretto dai registi Kim Byung-seo e Lee Hae-jun (il secondo si è fatto conoscere al mondo grazie allo splendido Castaway On The Moon), campione d’incassi in Corea nel periodo natalizio; in Italia il lungometraggio verrà distribuito da Minerva Pictures.
ASHFALL È UNA CORSA CONTRO IL TEMPO PER EVITARE LA DISTRUZIONE DELLA PENISOLA COREANA
L’eruzione vulcanica del Monte Paektu, situato al confine tra Cina e la Corea del Nord, provoca una serie di scosse telluriche capaci di mettere in serio pericolo le due Coree. Per evitare il disastro, il governo appoggia il folle piano del professore Kang Bong-rae (Ma Dong-seok): detonare una bomba nucleare all’interno della montagna. A guidare la missione è il capo artificiere Jo In-chang (Ha Jung-woo), incaricato di paracadutarsi in Corea del Nord per rubare un ordigno agli odiati vicini; per fare ciò ha bisogno dell’aiuto di Lee Joon-pyeong (Lee Byung-hun), un nordcoreano in galera che, se accettasse di collaborare, sarebbe estremamente utile ai militari sul campo.
IL MANCATO EQUILIBRIO TRA GENERI DIVERSI RENDONO ASHFALL UNA PELLICOLA COMMERCIALE IMPERFETTA
Ashfall è una pellicola che ha al suo interno, sulla carta, tutti gli ingredienti giusti per entusiasmare il pubblico mainstream: un approccio che ricorda i blockbuster americani, un intreccio narrativo dal buon potenziale, ritmo incalzante e un messaggio di fondo pacifista assolutamente condivisibile (non è un caso che abbia incassato nella sola Corea del Sud quasi 60 milioni di dollari, a fronte di un budget inferiore ai 20). Peccato però che tutti questi elementi non siano stati sfruttati al meglio da parte di Kim Byung-seo e Lee Hae-jun: con l’intenzione di coniugare generi diversi tra loro (oltre al genere apocalittico, sono presenti dinamiche tipiche del film di spionaggio e del buddy movie) i due registi non riescono a trovare il giusto equilibrio.
Se dal punto di vista della messa in scena sono evidenti in alcuni frangenti i limiti di un budget che non può competere con le grandi produzioni statunitensi, anche la gestione del mix tra commedia e dramma appare forzata (è problematico soprattutto il lato più ironico dello script). Sicuramente il film è girato con mestiere e la storyline tra il militare sudcoreano e la spia nordcoreana è molto interessante, capace di regalare allo spettatore la speranza di un possibile riavvicinamento tra due paesi dal rapporto difficilissimo; tuttavia la sensazione più forte che emerge a fine visione è quella di avere di fronte un’opera che ha tante cose da dire ma che non riesce a trovare il modo più efficace per raccontarle.
Lungometraggio dal cast importante (i suoi protagonisti hanno recitato in alcune delle produzioni coreane più famose degli ultimi anni, come I Saw The Devil, Mademoiselle e Train To Busan), Ashfall è un prodotto che, seppur non riesca ad avere un’identità ben precisa, manifesta indubbiamente l’ottimo stato di salute di una cinematografia dalla rilevanza industriale sempre più consistente.