Premiato dalla giuria ecumenica della Berlinale 2019, Dio è donna e si chiama Petrunya (Gospod postoi, imeto i’ e Petrunija) di Teona Strugar Mitevska è stato presentato in anteprima italiana al Torino Film Festival 37. Finalmente disponibile in DVD e Blu-ray con CG Entertainment e Teodora Film e in streaming su CG Digital, il lungometraggio accende i riflettori sul ruolo della donna in una società patriarcale come quella macedone e pone al centro dell’attenzione due poteri consolidati come la Chiesa e lo Stato.
Trentaduenne in sovrappeso e disoccupata, Petrunya (Zorica Nusheva) è disillusa dalla vita: non riesce a trovare la sua strada nonostante la laurea in Storia, vive ancora insieme ai suoi genitori e non è in grado di dare una svolta alla sua esistenza. Un giorno, per caso, la giovane si ritrova nel mezzo di una affollata cerimonia religiosa riservata esclusivamente agli uomini: una croce di legno viene lanciata nel fiume e chi la recupera avrà un anno di felicità e prosperità. Petrunya decide di partecipare alla competizione per sovvertire le proprie sorti e, a sorpresa, riesce a recuperare la croce battendo la concorrenza maschile. Ed è qui che scoppia lo scandalo: mai a una donna era stato permesso di partecipare all’evento e tanto meno di vincere. Ma Petrunya non ha alcuna intenzione di restituire la croce e la sua battaglia viene supportata da una giornalista (Labina Mitevska)…
DIO È DONNA E SI CHIAMA PETRUNYA È UN INNO AL FEMMINISMO
Dio è donna e si chiama Petrunya trae ispirazione da un fatto realmente accaduto nel 2014. Il lancio della croce di legno in acqua è una tradizione dell’Epifania ortodossa e chi la recupera si assicura un anno di fortuna e prosperità. Il 19 gennaio di cinque anni fa è stata una donna a recuperarla, un gesto considerato oltraggioso da comunità locale e autorità religiose. La protagonista della vicenda non era una femminista militante, ma una donna normalissima animata da un forte senso di giustizia. Anche lei, come Petrunya, non voleva restituire la croce nonostante le pressioni, decisa ad affrontare la mentalità medievale della Macedonia e dei suoi poteri forti. Teona Strugar Mitevska mette alla berlina gli standard patriarcali del Paese, in base ai quali le donne sono definite dagli uomini: Petrunya combatte ed è pronta a tutto per cambiare il trend, focalizzando il dibattito sulla discriminazione di genere.
Commedia e denuncia: la regista di When the Day Had No Name mescola sapientemente la satira sui comportamenti di alcuni protagonisti e il realismo dell’attuale situazione in Macedonia. Petrunya sfida una società dichiaratamente maschilista ed è interessante la costruzione del personaggio: la 32enne, interpretata da una sorprendente Zorica Nusheva, all’inizio non sembra interessata ad ergersi paladina dei diritti delle donne. Con il trascorrere degli eventi, dunque delle reazioni della comunità e dei rappresentanti del potere, il suo punto di vista cambia. Una non-femminista che si trasforma in femminista, decisa a lottare contro le ingiustizie e le discriminazioni di genere. Basta infatti un gesto di coraggio, ribellistico, a scatenare un’ondata di misoginia. Attraverso questo piccolo spaccato, la Mitevska affronta un tema universale come il machismo e la mentalità retrograda imperante in Macedonia (e in gran parte del mondo). Con la conseguente imperiosità di un cambio di rotta.
MITEVSKA METTE NEL MIRINO IL BINOMIO CHIESA-STATO
Dio è donna e si chiama Petrunya indaga sul legame tra Chiesa e Stato: in una società arretrata a livello culturale come quella macedone, il potere va a braccetto con la religione e Teona Strugar Mitevska rappresenta questo versante in maniera graffiante, senza strafare. La protagonista è un simbolo di modernità, una donna come tante fuori dagli schemi che segue la strada illuminata dal faro dell’uguaglianza. Incarna la forza del cambiamento, in altri termini. Il messaggio del film è molto chiaro: dopo il Medievo, c’è sempre il Rinascimento.
Dal punto di vista tecnico, niente da dire: una regia variegata per una sceneggiatura lineare (firmata a quattro mani con Elma Tataragic). La Mitevska si sofferma sui particolari e sui dettagli, andando a cogliere con grande naturalezza le espressioni di Petrunya, in grado di rappresentare appieno il suo stato d’animo e la sua anima. La fotografia di Virginie Saint-Martin è brillante, ma degno di nota è il commento sonoro firmato da Olivier Samouillan: le reazioni della protagonista si mescolano sempre con grande efficacia alla colonna sonora e ai rumori d’ambiente.