Mona Fastvold conferma il suo talento dietro la macchina da presa in The World to Come, dramma sentimentale che tuttavia restituisce solo parzialmente la travagliata storia d’amore tra due donne sul finire dell’800.
Il film di Mona Fastvold con Vanessa Kirby presentato al Festival di Venezia 2020
Arrivata alla sua seconda regia dopo The Sleepwalker del 2014, la Fastvold porta nella selezione ufficiale del Festival di Venezia 2020 quest’opera scritta a quattro mani da Ron Hansen e Jim Shepard, sorretta in larga parte dalla bravura delle due interpreti principali. Vanessa Kirby (in competizione in questa edizione del festival anche con Pieces of a Woman) e Katherine Waterston rivelano infatti di sapersi legare con ottima alchimia, in un racconto che le spinge ad avvicinarsi facendole incontrare nell’entroterra statunitense quando già fiaccate nell’animo dalla morsa di matrimoni grigi e spenti.
La prima rifiuta di assolvere ai “doveri coniugali” ai quali il marito (Christopher Abbott) la richiama citando ripetutamente passi estratti dalla Bibbia, la seconda invece ha perso di recente una bambina e porta in grembo il lutto («sono diventata il mio dolore»). La passione scatta sin dal primo sguardo che le due si lanciano nel riconoscersi donne e creature affini, non faticando molto a trovare la strada dell’intimità in una narrazione forse eccessivamente scolastica, puntualizzata passaggio per passaggio da una presto pedante voice over che esce fuori direttamente dalle pagine del diario dove Abigail (il personaggio della Waterston) annota ogni giorno il crescente fuoco del suo rapporto.
Questo mentre il marito (un Casey Affleck che oramai trasmigra da un film all’altro cambiando solamente gli abiti che indossa) prende invece appunti su cifre e calcoli delle spese, in una ritualità quotidiana fatta di lavoro e piccoli gesti che sono le vere lancette dell’orologio che scandisce il tempo della giornata.
The World to Come conta su di un’ottima regia
Come si diceva, ottimo l’occhio registico della Fastvold che torna a creare come già in The Sleepwalker le premesse all’incorniciare finestre dal fortissimo impatto visivo con l’ausilio dell’avvolgente fotografia di André Chemetoff, così come racchiude ancora in modo puntuale gli spazi attorno ai momenti della convivialità, nel tema che già ricorre delle coppie strette attorno a un tavolo e che fanno del momento del pasto (già consumato) terreno ideale di esplorazione del vissuto.
Il peccato è che l’anello debole si manifesti nel sondare la solidità della colonna portante del racconto, una relazione che sboccia in modo tanto repentino da lasciare la sensazione che rinunci in più di un frangente al prendersi lo spazio di una dolcezza sì presente ma solo accarezzata, con il potenziale delle due attrici protagoniste lasciato esprimere solo a metà dove anche la perenne insistenza della voce narrante causa sul lungo andare il lento anestetizzarsi delle varie appendici del film. Insomma, è chiaro che siamo ben distanti dal Ritratto della giovane in fiamme (2019) di Céline Sciamma, per raffinatezza ed emozione, ma le pagine del diario di The World to Come si lasciano sfogliare tutte abbastanza delicatamente, una più, una meno.