Ogni anno, in un nobilissimo gesto di mecenatismo, la Biennale di Venezia coltiva nuovi talenti della settima arte. Con il programma Biennale College – Cinema, che negli anni ci ha regalato titoli decisamente degni di nota, supporta la produzione di lungometraggi opere prime e seconde di autori che passano una stringente selezione. Tra i due lavori di Biennale College presentati al Festival di Venezia 2020 c’è Fucking With Nobody di Hannaleena Hauru, reso disponibile in contemporanea con la Mostra sulla piattaforma streaming Festival Scope.
L’opera della trentaseienne regista finlandese rappresenta un’operazione che, se a livello filmico sembra offrire la spiegazione del perché non tutti possano illudersi di ambire a fare cinema (la Hauru in primis), da un punto di vista economico rappresenta la mirabile dimostrazione che c’è qualcosa di peggio che dare direttamente fuoco alla mazzetta da 150.000€ elargita dalla Biennale, e potrebbe essere per l’appunto destinarla alla realizzazione del suddetto film.
FUCKING WITH NOBODY: DILETTANTISMO ALLA RISCOSSA
Hannaleena Hauru pare essere davvero convinta che il suo talento sia così incontenibile da permetterle di occuparsi di regia, sceneggiatura e montaggio mentre riveste anche il ruolo di attrice protagonista. Armata di questa pericolosissima urgenza espressiva, la cineasta decide quindi di indirizzare i suoi sforzi su un confuso metacinema amatoriale che finisce per l’appunto per risultare metàcinema e metà perdita di tempo (per chi scrive). Un delirio cinematograficamente sgrammaticato nel quale il sesso «non è sesso, è un manifesto». Garantisce la regista.
La storia di Fucking With Nobody si svolge nell’ambiente degli aspiranti protagonisti del cinema finnico: sedicenti registi, sceneggiatori, attori e direttori della fotografia non giovanissimi ma alle prime armi, che non hanno l’ombra di un ingaggio e che decidono di dedicare il loro interminabile tempo libero a una sorta di scherzo che si trasforma in un esperimento sociale: far credere ai loro conoscenti (senza alcuna motivazione al di fuori della noia) che la loro amica single e non troppo avvenente (la talentuosissima Hauru) abbia iniziato un idilliaco rapporto amoroso con un suo avvenente amico bisex. Tra bugie, proposte di matrimonio e lezioni di sesso su YouTube, lo strano duo fittizio finirà per perdersi in una trama più grande (almeno questa pensiamo fosse l’intenzione degli autori) che ha la forma di un delirio indistinguibile e autoriferito tra la commedia (?) romantica che non strappa mezzo sorriso, la critica sociale d’ordinanza e il ‘facciamolo strano’.
HANNALEENA HAURU FIRMA UNO DEI PEGGIORI FILM CHE VENEZIA RICORDI
Il pitch del film non sarebbe necessariamente privo di spunti, eppure la sceneggiatura scritta a quattro mani dalla Hauru con Lasse Posser (che ovviamente è anche direttore della fotografia, perché i panni di autore gli stavano stretti) riesce a privare le immagini che si susseguono sullo schermo di ogni possibile interesse, mentre a dare il colpo di grazia a ogni speranza dello spettatore ci pensa una realizzazione tecnica che più che nel campo dell’amatoriale sembra ricadere in quello dell’hobbismo dilettantistico. Quel che stupisce di più è però il talento della Hauru nel mettere in scena provocazioni totalmente vacue e fuori contesto, senza che la cosa contribuisca almeno a rendere eccentrico il risultato finale.
Nel mezzo di una storia più lineare, inframezzata a caso da citazioni stilistiche di telenovele (o porno, non è chiaro) anni ’70, troviamo senza un vero perché riferimenti sparsi a tematiche femministe, alle identità di genere fluide e al travestitismo, ai vampiri, al fare cinema e alle dinamiche di potere tra generi. Senza tralasciare momenti totalmente gratuiti come un tentativo di inseminazione a tradimento attraverso dello sperma applicato di nascosto su un fallo di gomma o un malato cunnilingus che un personaggio secondario si lascia fare da una decina di cani volpini. Sì, succede davvero.
Insomma, senza indugiare oltre, a nostro giudizio non possiamo che celebrare Fucking With Nobody come uno dei più scadenti film che ricordiamo di aver visto al Lido. Incredibilmente Hannaleena Hauru qui non è al suo debutto assoluto, giacché ha già diretto un altro lungometraggio (con la complicità del Torino Film Lab), diversi episodi di serie TV nel suo paese e dei corti che sono approdati addirittura a Cannes e Berlino. Ciononostante, non ce ne abbia a male la regista, sceneggiatrice, montatrice e attrice finlandese, non possiamo che augurarci trovi al più presto realizzazione artistica in un campo molto molto lontano dal Cinema.