Presente tra i film proposti fuori concorso al Festival di Venezia 2020, Love After Love è l’ultimo lavoro dell’acclamata regista di Hong Kong Ann Hui, presente al Lido anche per ritirare il Leone d’Oro alla Carriera.
Love After Love è l’ultimo lavoro di Ann Hui
Love After Love è però un melò ricoperto da un melenso che nel corso delle oltre due ore e venti di durata finisce per sfiancare una visione appesantita da un gioco inverosimile di tele, trame e intrighi ambientati nella città originaria della regista ed ex colonia britannica. Siamo alle soglie della Seconda Guerra Mondiale e la giovane Ge Weilong (Sichun Ma) arriva da Shangai per poter completare un’istruzione personale sperando di trovare nella zia, la signora Liang (Feihong Yu), un’ala protettiva sotto la quale andarsi ad accoccolare.
Quest’ultima però conduce una vita a dir poco equivoca all’interno della sua villa che è quasi un eremo lussuoso e di lussuria immerso in un verde dal quale provengono, assordanti, i suoni della giungla circostante. Da auspicata madrina dedita alla formazione della ragazza, la signora Liang diventa quasi un aguzzino morale per Ge Weilong, che si innamora del playboy George Qiao (Eddie Peng), in cerca di un mantenimento per il suo stile di vita sregolato e costoso, nel lento procedere di un racconto uscito fuori direttamente da quello che pare essere un romanzo rosa di scarsa caratura e interesse.
Il film è un melodramma melenso e ripetitivo
Nelle intenzioni c’è una spinta a voler catturare e circoscrivere l’ipocrisia e i vizi di borghesi che raccolti attorno a un tavolo mettono in moto i balletti di una società confusa e che pare vivere fuori dal mondo, dove feste e pranzi sono occasioni di aggregazione sociale che negli intrecci melodrammatici trovano lo spunto al colmare la vuotezza di una vertigine prossima alla rovina (da lì a poco anche l’invasione dell’isola da parte del Giappone, ai tempi ancora sotto il protettorato britannico). Nel concreto di tutto questo c’è davvero poco, perso in uno sfilacciato intessere improbabili rapporti appiattiti da un parlare continuo e incessante capace di anestetizzare i sensi che tentano di aggrapparsi disperatamente a quella che, quantomeno, è una discreta attenzione alla cura decorativa e cromatica impressa dalla fotografia di Christopher Doyle (dop, tra gli altri, anche per Wong Kar-wai).
Per il resto rimane davvero poco di Love After Love sul quale poter andare a porre l’accento, disperso nel reiterare lungo tutto il corso della sua durata i dubbi rapporti dei protagonisti che cambiano forma ma rimangono sempre gli stessi e mossi sempre dalle stesse (a un certo punto) ridicole dinamiche, traendo il sunto di un racconto rapidamente sopito nell’ispirazione che ne dà il romanzo Aloeswood Incense: The First Brazier di Zhang Ailing.