Philippe Lacôte mette la firma a regia e copione di Night of The Kings (nella versione originale La Nuit des Rois), suo ultimo film selezionato per la sezione Orizzonti del Festival di Venezia 2020 e che ricalca sotto una chiave moderna la struttura dei leggendari racconti de Le mille e una notte.
Night of The Kings sulle orme de Le mille e una notte
Un giovane senza nome (Bakary Koné) viene arrestato e mandato a scontare la pena nella spietata prigione de La Maca, una struttura di detenzione immersa nella profondità di una selvaggia giungla della Costa d’Avorio la cui peculiarità è di essere interamente gestita e autogovernata dai detenuti stessi liberi di agire e girare tra le mura di cemento armato. Un luogo feroce e fuori dalla civiltà con le sue proprie leggi e la sua propria strutturazione gerarchica, sorretto dalla sacralità dei ruoli assegnati e dei titoli onorifici dove i secondini sono i veri confinati e taciti osservatori di un microcosmo in grado di regolamentarsi da sé tramite la violenza e gli scontri tribali.
Una dimensione fuori dal tempo popolata da creature fuoriuscite e riconosciute direttamente dalle pagine di un racconto sfuggente e ancestrale, tra i vari Barbanera, Mezzo Matto, Sentinella e tutti gli altri che seguono come criminali abitanti di una narrazione messa sangue su carne ma priva di un narratore pronto a renderne reale la loro natura mitologica. Per questo spetta al capo della prigione (Steve Tientcheu) eleggere un Romanzo, un cantore al quale affidare il compito di celebrare le gesta di grandi eroi come quelle del giovane gangster morto ammazzato Zama King, per occupare un’intera notte in cui la luna si fa rossa sotto eclisse prima che a farsi rosse siano le pareti macchiate dall’atto sacrificale che attende il novello narratore alla fine della sua storia.
Un film costruito sugli atti cerimoniali e i riti di passaggio
E sono difatti i riti cerimoniali, quelli di passaggio e ricchi di simbolismo a farsi carico di un racconto che ricopre lo spazio di lotte intestine per il potere con il manto della riscoperta della leggenda declinata nei tratti contemporanei di una favola nera e sporca. Uno sguardo sicuramente affascinante quello che Lacôte riserva a Night of The Kings, scegliendo i giusti volti sui quali cucire il mito che spesso si fa danza primitiva e si lascia accompagnare in performance canore che arricchiscono la storia del Romanzo, tra le cui varie sfumature fa capolino anche un Denis Lavant (l’attore feticcio di Leos Carax) nel ruolo di un deus ex machina sfruttato poco e male.
Non è tutto rose e fiori purtroppo, anzi, dove alla bontà dell’idea viene a mancare una solidità della narrazione dentro la narrazione, lasciando che il procedere verso i titoli di coda sia troppo ballerino e fragile nel momento in cui va progressivamente a privarsi, poco alla volta, di uno scheletro composto per lo più sullo sforzo dei propri interpreti.