Selva Trágica (titolo italiano Giungla Tragica, internazionale Tragic Jungle), film della regista e sceneggiatrice messicana Yulene Olaizola presentato nella sezione Orizzonti del Festival di Venezia 2020 e ora disponibile su Netflix, è una suggestiva favola nera intrisa di erotismo e violenza, che trascina lo spettatore nella lussureggiante ostilità di una foresta tropicale per rivisitare la mitologia Maya in chiave moderna.
SELVA TRÁGICA: VIOLENZA, EROTISMO, NATURA E LEGGENDA
La Selva Trágica del titolo è quella bellissima e ostile nella quale ci si ritrova intrappolati per tutta la lunghezza del metraggio, nella penisola dello Yucatán al confine tra Messico e Belize. È qui che veniamo catapultati nel 1920, in medias res nella fuga di una bellissima ragazza locale da un ricco inglese – senza che siano fornite troppe coordinate narrative a riguardo. La giovane, una vergine con una lunga e elegante veste bianca, è aiutata nello scappare da un’infermiera disinibita e da un non giovanissimo lavoratore, i quali finiranno però presto uccisi dagli inseguitori.
È qui che la storia inizia a farsi particolarmente interessante. Non siamo certi che la protagonista sia riuscita o meno a sopravvivere agli assalitori, eppure la ritroviamo che, dopo aver vestito i panni della defunta compagna di viaggio, finisce per ritrovarsi prigioniera di altri uomini: un gruppo di lavoratori della gomma. L’atteggiamento della ragazza però ora è cambiato: ha un fare sibillino e seducente, e anche se formalmente è lei ad essere prigioniera degli uomini, più si inoltrano nella foresta e più è chiaro che è la bellissima giovane ad esercitare una qualche forma di controllo su di loro, mentre una sorte infausta si abbatte uno dopo l’altro sui sequestratori. Sarà forse lei lo Xtabay, misterioso spirito con le sembianze di donna che ammalia gli uomini conducendoli a morte certa?
UNA GIUNGLA METAFISICA E FERINA CHE SI NUTRE DI UOMINI
Il film di Yulene Olaizola, proprio come la meravigliosa e terribile creatura che vuole raccontare, conquista magneticamente gli occhi dello spettatore con una messinscena esteticamente impeccabile, nella quale a dominare è il fascino potente di una giungla sempre definitissima, interpunta di lamelle di luce filtrante e di uno straordinario verde le cui ombre tendono alle tinte fredde. Quel luogo quasi sognante però è immediatamente percepibile come del tutto ostile e chiuso a ogni presenza umana: quasi un limbo esotico ed esoterico i cui sacerdoti e guardiani sono primati, rettili, grandi felini e formiche. Creature mai così pericolose, che la regista non esita a mostrarci esplicitamente intente a nutrirsi di carne umana.
La natura potente e misteriosa, la candida bellezza di una giovane vergine e una continua tensione metafisica non possono che riportare alla mente il meraviglioso Picnic at Hanging Rock, anche se rispetto alla pellicola di Peter Weir qui l’ago della bilancia pende maggiormente verso una tensione magica e morbosa – pur non tralasciando la componente psicologica.
L’ECCELLENTE REGIA DI YULENE OLAIZOLA PER UNA ‘SIRENA’ MAYA
Quel che funziona di Selva Trágica è proprio il gioco di specchi che porta le varie letture della storia a riverberarsi l’una nell’altra: la dimensione visiva, quella psicologica e quella mitologica si sovrappongono continuamente veicolando e rafforzando lo stesso messaggio, tanto che alla fine poco importa quale sia la verità, e se la ragazza sia o meno lo Xtabay.
Regalando qui e lì soluzioni registiche di straordinaria eleganza, la Olaizola porta su schermo il mito di questa ‘sirena’ Maya come una storia di ammonimento che ritrae tanto il soggiogante potere del femminino quanto la corruzione cui si accompagna l’abbandono da parte degli uomini agli istinti più animali. La giungla è bella e pericolosa come sa esserlo solo una donna affascinante e risoluta, incarnazione perfetta di un demone cui gli uomini non sanno resistere.
LA SPIEGAZIONE DEL SIGNIFICATO E DEL FINALE DI SELVA TRÁGICA
Nel film una voce fuori campo in lingua maya torna ogni tanto a recitare la suddetta leggenda, e in uno dei momenti più espliciti ci ricorda che «la donna Xtabay è la donna che cerchi in ogni donna, ma è anche la donna che non troverai mai». L’incarnazione della donna ‘mangiatrice di uomini’ ma anche di una continua pulsione erotica insopprimibile, un’eterna insoddisfazione proiettata verso la ricerca di una nuova compagna, nonché un percorso per cui passa la rovina: un ‘maledizione’ che affligge molti uomini e che ne vincola le esistenze. È qui che torna utile recuperare l’etimo di Xtabay: Ixtab (o Xtab) è la dea maya della morte per asfissia o impiccagione, mentre la radice “tab” viene usata per indicare una corda con un uso specifico. Xtabay è quindi una sorta di semidea (malvagia, a differenza della psicopompa Ixtab) che dopo averli sedotti lega a sé gli uomini fino a far mancare loro l’aria.
IL MITO MAYA DELLA DONNA XTABAY E IL SUO SIGNIFICATO
Approfondire la fonte di ispirazione del film, pur non essendo indispensabile per la sua fruizione, offre sicuramente una prospettiva più ricca e interessante, che permette di cogliere molte delle sfumature disseminate nello script e di giungere a una chiara spiegazione del significato di Selva Trágica.
La leggenda narra di due bellissime sorelle che vivevano in un villaggio in Yucatán: Xkeban, donna disinibita che nonostante venisse continuamente tormentata dalla sua gente continuava a prendersi cura di tutti, e Utz-colel, celebrata per la sua verginità nonostante avesse un cuore spietato. Xkeban morì e attorno a lei sbocciarono fiori profumatissimi, finché il suo stesso corpo non si trasformò in un fiore. A questo punto la superba Utz-colel era sicura che, per via della propria purezza, una volta defunta avrebbe diffuso un profumo ancora più celestiale di quello della sorella, e invece dopo la propria morte scoprì di emanare un fetore insopportabile e fu circondata da grandi spine. Appellatasi a spiriti maligni, tornò nel proprio corpo con un vestito bianco e sotto forma di bellissimo demone dai lunghi capelli neri e incapace di provare amore, destinato ad accoppiarsi e poi uccidere ladri, ubriaconi e violenti.
Proprio come il mito maya cui è ispirato, caratterizzato da un’incredibile modernità nel trattare il tema della libertà sessuale, Selva Trágica vuole essere una suadente parabola sulla rovina cui possono condursi a vicenda uomini e donne senza scrupoli.